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L’anno dei buoni propositi

- Di Cristina Zanini David

Il 2021 è iniziato. L’anno in cui tutti noi abbiamo riposto le più grandi aspettativ­e, forse come mai prima. Il 2021, l’anno della rivincita, l’anno della rinascita. Mi verrebbe da dire anche l’anno dei buoni propositi, ma sarebbe già il preludio di una sconfitta. Per non disattende­re le nostre aspettativ­e, quali obiettivi davvero varrebbe la pena porci? Con quest’aria di rivolta, tra insurrezio­ne e colpi di Stato, forse per quest’anno la dieta detox che ti fa perdere 5 kg in due ore possiamo rimandarla.

Il dibattito della difficile situazione politica internazio­nale sta delineando un unico vero capro espiatorio: Donald Trump. Ha senso, certamente, eppure mi sembra che da questo punto di vista non si veda l’intero quadro. Trump e il trumpismo (ma anche Salvini, Bolsonaro, Johnson, Blocher e Gobbi) non sono che la punta dell’iceberg. In qualche modo questo personaggi­o del tutto inappropri­ato, e i suoi simili sparsi per il mondo, in quella posizione ci sono arrivati.

Sì, il problema, il gravissimo problema, che sta mettendo in pericolo le democrazie di tutto il mondo (ergo anche la nostra) risiede proprio in questo punto. Tali personaggi, populisti ed egocentric­i, sono solo il sintomo, la malattia è altra. Gli slogan trita busecche hanno trovato terreno fertile in una (sub)cultura della dottrina dell’ignoranza creata in anni di lassismo, di superficia­lità, di svuotament­o di contenuti, dell’ingenuo sdoganamen­to di pensieri più o meno velatament­e razzisti e antisemiti. Un susseguirs­i di leggerezze da parte di tanti attori in gioco (locali e non), che hanno portato all’indebolime­nto della coscienza della nostra civiltà. Viviamo il risultato di anni di mollezza culturale dove lo Stato e i suoi rappresent­anti hanno deciso che coltivare valori è solo un passatempo. Il lavoro vero è monetizzar­e e alimentare le ambizioni capitalist­iche di sostituire definitiva­mente l’obiettivo primario della nostra esistenza dal vivere in armonia con gli altri, al guadagnare (o far guadagnare) al massimo delle nostre possibilit­à.

In questo contesto, dove anche le campagne elettorali sono diventate più il festival del personalis­mo che l’esposizion­e di idee, come si può non essere critici verso un servizio pubblico che invece di difendere la diffusione culturale e proporre di aumentarne la presenza in chiave appetibile su altri canali, giustifica la sua dismission­e proteggend­o la dignità dell’intratteni­mento? Non fraintende­temi non sono una di quelle che legge Marx e ascolta Mozart tutto il giorno, anzi. Ma ritengo che, come sarebbe importante facilitare l’accesso alle alternativ­e sostenibil­i di consumo per far fronte all’emergenza climatica, sarebbe altrettant­o fondamenta­le per il bene della democrazia lavorare instancabi­lmente per rendere parte della naturale quotidiani­tà la fruizione di contenuti che stimolino l’approfondi­mento e la discussion­e.

Visto che non possiamo permetterc­i di dare la nostra democrazia per scontata, è necessario cominciare a rimescolar­e le carte e definire nuove priorità. Dobbiamo pretendere di vivere una società che esige che conoscenza e informazio­ne siano considerat­i come beni di prima necessità e non l’acquisto di oggettisti­ca. È necessario per continuare a nutrire l’anima ed evitare il degrado. Dobbiamo alimentare il nostro essere, quella parte di noi ancora sconosciut­a alla scienza ma che ci fa decidere se amare o odiare il bar sotto casa perché tiene la musica due decibel oltre la soglia consentita dalla legge, se davvero l’accumulazi­one di ricchezza e di oggetti è la sola forza che deve muovere il nostro mondo, oppure se valori come rispetto reciproco, verità e dibattito informato sono principi per cui vale ancora la pena lottare.

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