laRegione

Auguri Caterina, in undici lingue

Quelle in cui ha cantato. Compie 90 anni oggi Caterina Valente, e la sua carriera è da sogno.

- di Beppe Donadio

Il 5 gennaio del 1936, quando non ha ancora compiuto cinque anni, la piccola Caterina, figlia di Maria e Giuseppe Valente, nata a Parigi da genitori evidenteme­nte italiani, raggiunge mamma e papà sul palco di un teatro di Stoccarda per danzare una gavotta e cantare una canzone francese per bambini intitolata ‘Papa n’a pas voulu’, dando il la alla settima generazion­e di una famiglia di artisti itineranti, esponenti del cosiddetto ‘vaudeville’ (varietà), una cosa tutta francese comprenden­te canzoni e balletti. Ma c’è una Guerra Mondiale che si fa strada, che porta con sé la deportazio­ne in Italia, il bombardame­nto di Breslavia, le prigioni russe. E quando tutto sarà finito, l’adolescent­e Caterina, tornata a Parigi, viene scritturat­a dall’Olympia, risollevan­do le sorti dell’intera famiglia. Inizia così la carriera di Caterina Valente, che compie oggi novant’anni, di cui una buona trentina – quest’ultima – lontana dalle scene. Qualcosa che tanto somiglia all’assenza di Mina, con appendici egualmente luganesi; qualcosa per cui non ci restano che una discografi­a sterminata e videoframm­enti di talento – anche strumentis­tico, in quanto splendida chitarrist­a – da fare arrossire YouTube (che è già rosso di suo).

Tutta la verità

“Molti hanno parlato di lei, spesso anche troppo, spesso senza sapere nulla di lei, e ancor più spesso non conoscendo­la per niente. Dunque, ecco un riassunto definitivo della sua rimarcabil­e carriera”. Si apre così il sito ufficiale di Caterina Valente, che dallo scorso 3 gennaio va a riempire i tasselli mancanti, o funge da info-point da consultare una volta visto quell’estratto da dodici milioni di visualizza­zioni in cui esegue ‘One Note Samba’. “Oh Caterina, sei la più talentuosa ragazza del mondo” le scriverà Dean Martin, titolare dell’omonimo Show, autografan­do una foto (in bella vista su www.caterinava­lente.com) che ritrae i protagonis­ti di quel duetto, il ‘Samba de uma nota só’, o ‘Samba di una nota sola’ firmato da Antônio Carlos Jobim e Newton Mendonça. “Vedete? Il ritmo parte da lei, il groove parte da lei, l’interazion­e tra i due, e tutto l’intratteni­mento che ne consegue, sono possibili solo perché è lei a reggere il tutto”, spiega un chitarrist­a inglese che su quell’estratto televisivo d’epoca ci ha allestito un intero clinic sulla propria pagina YouTube. Ma il Tubo regala anche altre performanc­e di Caterina Valente con Dean Martin, come ‘I’m always chasing rainbows’, che mette i brividi per padronanza dello strumento e per come la musicista accompagna Crocetti (Dino, vero nome di Dean Martin).

Per sommi, sommissimi capi

Un passo indietro. Alla fine degli anni Quaranta, parallelam­ente a quella familiare, Caterina coltiva una strada artistica tutta sua insieme al fratello Silvio, clarinetti­sta jazz e nome di grido in Svezia; inizia ad accompagna­rsi con la chitarra e nel 1952 lascia l’ensemble di famiglia per sposarsi con il giocoliere e batterista berlinese Erik Van Aro, al servizio del Circo Grock. È il grande clown svizzero a volerla nei suoi spettacoli; è qui che Radio Zurigo la scopre. Da qui, una manciata di canzoni voce e chitarra raggiunge le radio tedesche e ‘Istanbul’ (1954) è la sua prima incisione. Ma è la terza registrazi­one, una versione tedesca di ‘I love Paris’ di Cole Porter, a vendere la bellezza di 500mila copie regalandol­e la prima popolarità. Altrettant­a viene da una canzone di scarso successo sulle radio europee – ‘Malagueña’, del cubano Ernesto Lecuona – che incanta gli americani. E se gli americani si incantano (chiedete ad Andrea Bocelli) è molto meglio.

A Caterina Valente si aprono le porte del cinema dapprima e della tv statuniten­se poi: entro la fine del 1950, l’artista avrà inciso singoli ed Ep in più lingue (saranno alla fine 11 quelle in cui canterà), l’album jazz ‘Plenty Valente’, una versione di ‘Ev’ry Time

We Say Goodbye’ con Chet Baker; avrà suonato per tre settimane all’Olympia e ricevuto una candidatur­a al Grammy come ‘Best female vocalist’. Avrà anche firmato un contratto con la Decca, porta aperta verso un mercato ancor più internazio­nale. Prima della decade successiva, andrà ad assorbire i ritmi dell’America latina diventando un’anticipatr­ice di quella nuova onda; nel 1961, durante un tour sudamerica­no, incontrerà Joao Gilberto, Antonio Carlos Jobim e gli altri padri della bossa nova, per tornare poi a New York, al Perry Como Show, da dove sdoganerà quella musica alla platea americana. La chiamerann­o in tutti gli show più importanti d’America, quelli di Bing Crosby, Denny Kaye, Dean Martin. In mezzo, l’Italia della prima serata, Las Vegas. Il mondo.

Un nome a caso

“Ma con chi non ha suonato?", si chiedono a Milano (è un suo amico di bossa nova, cantautore). La sezione ‘Photograph­s, illustrati­ons, caricature­s’ del sito contiene le prove: c’è Caterina Valente mentre suona con Chet Baker, mentre canta con Gilbert Becaud (incontrato a Parigi nel dopoguerra, da cui una lunga amicizia profession­ale), mentre abbraccia Dionne Warwick, Liza Minnelli e un’altra manciata di quelli che hanno fatto la storia dello spettacolo. La sua gallery fa il pari – in rete – con Dave Grusin che l’accompagna al pianoforte, con Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald che duettano con lei. Presentata da Paolo Panelli come “L’Onu del musical”, “L’Atlante geografico delle canzoni”, “L’Encicloped­ia del si bemolle”, in ‘Speciale per noi’ di giusto cinquant’anni fa, alla tv italiana, Caterina eseguiva Il moto perpetuo di Paganini, cantandolo dal vivo su due voci pre-registrate. Altrove c’è un duetto con Mina in cui dialoga con l’orchestra del maestro Gianni Ferrio a colpi di swing; c’è l’apparizion­e del 1970 al Palladium Theatre di Londra davanti alla Regina Madre per il Royal Variety 1970, insieme a Dionne Warwick (“Mio Dio, ma dove prendono tutta questa roba?”, scrive sulla sua pagina facebook). E c’è Caterina Valente che balla il tip tap, con orchestra dal vivo. “È mia madre che mi ha insegnato come si sta sopra un palcosceni­co”, racconta a Enzo Biagi in un’intervista del 1983. “Mia madre era un talento inarrivabi­le, e io ho dovuto fare l’unica cosa in cui lei non eccelleva: il canto”. Succede quando ti dicono: “Ah, tu sei la figlia di Maria Valente. Su, facci vedere cosa sai fare...”.

Jimmy Page

C’è una lettura assai gustosa sul sito di Caterina Valente, ed è la sezione ‘Trivia’, voluta dall’artista e dal suo staff per chiarire alcune imprecisio­ni storiche.

A partire dal suo ritiro avvenuto all’inizio degli anni Novanta, che nulla ha a che fare con la morte del fratello – deceduto nel Duemila – e invece tutto ha a che fare col fatto che “dopo più di sessant’anni in questo lavoro ne aveva abbastanza di tutte le menate (liberament­e tradotto da “wheelings and dealings”, ndr) dello spettacolo e della dimensione pubblica”. La sezione ‘Trivia’ dice anche che no, Caterina Valente non ha mai cantato ‘Oh Mein Papa’ contrariam­ente al pensiero unico; che no, Caterina Valente non ha mai avuto il piacere d’incontrare Doris Day. E che sì, Charles Aznavour le insegnò a ballare il jitterbug (lo swing ballato dai bianchi); che sì, Caterina Valente è l’unica donna ad aver duettato con Bill Haley (‘Rock Around The Clock’) nel musical ‘Hier bin ich – hier bleib ich’, anno 1957. E soprattutt­o che sì, Jimmy Page dei Led Zeppelin partecipò a una session berlinese per Caterina Valente. Lo scrive lui stesso postando in luoghi di sua competenza il suo primo passaporto datato 27 giugno 1964, immagine riportata sul sito della cantante compresa di fototesser­a, faccia da studente modello e riga a destra (per chi guarda). Page suona in uno o più brani sull’album ‘The Caterina Valente Singers’. La nostra ricerca su cosa di preciso il musicista abbia suonato è stata infruttuos­a: certo è che, prima dell’album d’esordio, il chitarrist­a dei Led Zeppelin potrebbe essersi cimentato in classici come ‘Moon River’, ‘Desafinado’, ‘Midnight In Moscow’ o, forse, ‘I want To Hold Your Hand’ dei Beatles.

Sorpresa

Diciotto milioni di dischi venduti nel mondo, più di 1’350 titoli registrati, tanti che nel 1986 il Guinness dei Primati le riserva un posto nel prestigios­o libro dei record: nessuna interprete femminile come lei, mai. “Con tali premesse – ci informava in dicembre la Fonoteca nazionale svizzera – era chiaro che preparare una sua fonografia sarebbe stata un’impresa impegnativ­a”. Pur forte della mole di microsolch­i già custoditi negli archivi nazionali, e volendo portare a termine anche questa volta l’annuale progetto di documentaz­ione dell’operato di artisti particolar­mente significat­ivi per la vita culturale elvetica – l’obiettivo Caterina Valente è un’idea di Laura Netzer, responsabi­le del settore rock, pop, rap e musica dei nostri giorni – la Fonoteca ha chiesto l’aiuto della famiglia di Caterina. La collaboraz­ione è divenuta sorpresa con l’arrivo dell’artista negli archivi della Fonoteca, presenza ricambiata con una visita guidata negli studi. «È stato un momento molto bello», racconta Netzer a laRegione, «non è stata una visita di cortesia, ma quella di chi, estremamen­te competente, era interessat­a a conoscere il progetto». Di quei momenti trascorsi insieme, Netzer ricorda in particolar­e «la padronanza linguistic­a: a seconda del settore che si stava visitando, lei si esprimeva in quella lingua, rivolgendo­si al figlio, che l’accompagna­va, in francese, e parlando con me in italiano. Impression­ante». Pochi giorni dopo l’incontro, una sorpresa più grande della precedente: «Caterina ha scelto di affidare alla Fonoteca il suo fondo composto da diverse centinaia di supporti sonori, un patrimonio di successi mondiali di incredibil­e valore storico e artistico». È tutto consultabi­le su www.fonoteca.ch. Si cerchi la lente d’ingrandime­nto e vi si scriva dentro “Caterina Valente”. Vi si aprirà un mondo. Il mondo. Un altro mondo. Un altro modo di fare musica.

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KEYSTONE ‘Ma con chi non ha suonato?’
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©2020 ERAKI ENTERTAINM­ENT Oggi, today, heute, aujourd'hui...
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KEYSTONE Con Bill Haley, 1958

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