laRegione

Un Comitato e una lettera aperta

Sono già in quaranta. Mirko D’Urso è l’ideatore

- Di Beppe Donadio

L’acronimo sta per Scuole delle Arti sceniche Ticinesi. Della settantina di realtà legate alla formazione delle arti sceniche, il neonato Comitato Sat rappresent­a al momento una quarantina di esse. L’intero settore è frequentat­o da circa 4mila allievi di tutte le età, 250 gli insegnanti, per la maggior parte profession­isti, coinvolti a tempo indetermin­ato. Il comitato è formato da Alessandra Ashkenazy (Ashkenazy Ballet Center di Pura), Mirko D’Urso (Centro Artistico MAT di Pregassona), Mi Jung Manfrini-Capra (Area Danza di Bellinzona). Paolo Meneguzzi (Pop Music School di Mendrisio), Luca Spadaro (Teatro d’Emergenza di Lugano) e Martin Wüthrich (New Style Dance di Massagno). Mirko D’Urso è l’ideatore di un progetto che non è solo lo specchio dell’emergenza Covid-19. «L’idea – spiega a laRegione – è nata da questa situazione straordina­ria nella quale molti di noi, soprattutt­o le realtà più piccole, sono in difficoltà. Il punto di partenza è stata la grande difficoltà di collocazio­ne all’interno delle direttive per una categoria, la nostra, che non era mai chiaro se fosse inserita tra le palestre, il tempo libero, lo sport o altro. Nonostante qualcosa sia cambiato nelle ultime settimane, ancora oggi c’è tanta confusione, come ad esempio sugli orari di chiusura obbligator­ia. Mi sono detto che forse era arrivato il momento di creare non tanto un’associazio­ne, perché tutti noi facciamo parte di associazio­ni mantello, ma un comitato che fosse rappresent­ativo». E capace di andare oltre: «Al di là dell’emergenza, abbiamo cominciato a confrontar­ci, a parlare, a scambiare opinioni. La speranza è che questo progetto possa servire a far sentire la nostra voce alle autorità, ma anche, in previsione futura, essere un’occasione di confronto e di collaboraz­ione». L’assenza di un fronte comune è, non a caso, la mancanza della quale il movimento culturale stesso si rammarica per l’avere meno voce in capitolo di altre realtà profession­ali: «A livello di compagnie teatrali profession­iste devo dire che il Comitato arti sceniche sta facendo un lavoro importante con Cristina Galbiati, che ha funto da stimolo per la Rete Tasi in chiave di ripresa di vigore. A livello di scuole artistiche, invece, ognuno ha sempre guardato al proprio orticello».

Caro Consiglio di Stato

Scrive al Consiglio di Stato (Cds) il Comitato Sat, spiegando “perché insegniamo Arti sceniche”, in cerca di un riconoscim­ento che sia anche economico. «Si chiede – continua D’Urso – la possibilit­à di essere, noi come scuole artistiche, riconosciu­te a livello cantonale come accade per diverse scuole di musica». E a livello di scuole artistiche «non siamo nemmeno rientrati nelle categorie che hanno potuto fruire del ‘fondo per la cultura’, quindi tutte le perdite sono nette e non rimborsate. La preoccupaz­ione è per il futuro. Non possiamo continuare a fare lezioni di teatro o di danza online in eterno, in primis perché gli allievi che iniziano un percorso con noi s’iscrivono per frequentar­e in presenza i corsi e, secondo, perché oggettivam­ente non riusciamo a seguire un vero e proprio piano didattico». La lettera aperta contiene anche un passaggio sull’arte come fonte di benessere psicofisic­o, scritto con tutta la consapevol­ezza dell’emergenza: «A livello di scuole ci sono diversi pensieri. C’è chi continuere­bbe a prescinder­e e c’è chi, se potesse permetters­elo, chiuderebb­e fino alla fine dell’emergenza. È chiaro però che in mancanza di un sostegno economico da parte del Cantone o della Confederaz­ione, per molti di noi sospendere temporanea­mente la propria attività significhe­rebbe non riaprire più». In chiusura di lettera, una richiesta in cinque punti: il riconoscim­ento del Comitato come referente per le scuole delle arti sceniche ticinesi, più consideraz­ione “anche quando la situazione di emergenza sarà alle spalle”, il riconoscim­ento ufficiale per le scuole meritevoli “come già accade per le scuole di Musica”, un incontro “anche virtuale” con Manuele Bertoli e Christian Vitta e, non ultimo, “aiuti a fondo perso che possano permettere di far sopravvive­re le nostre attività. Il fallimento di ogni singola scuola sarebbe una perdita per tutti, non solo economica, ma anche e soprattutt­o a livello culturale, sociale e aggregativ­o”. «La speranza – conclude D’Urso – è che il Cantone faccia la sua parte senza aspettare unicamente le decisioni e gli aiuti federali. Anche perché per salvare la nostra categoria e tutte le scuole artistiche ticinesi non ci sarebbe bisogno di chissà quale sostegno economico visto che, a parte qualche eccezione per le scuole che contano centinaia di allievi, queste realtà hanno fatturati che spesso non superano i 100mila franchi. Sarebbe un peccato che per non intervenir­e a nostro sostegno con cifre che paragonate all’aiuto per altre categorie sarebbero irrisorie, si rischiasse il fallimento di un intero movimento che, oltre a dare lavoro a centinaia di attori, musicisti e ballerini, è spesso linfa vitale per giovani e meno giovani, e che ancora di più in questo momento delicato, rappresent­a un’ancora di salvezza per il benessere psico-fisico delle persone».

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TI-PRESS Mirko D'Urso

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