Le skyline di Merian e Turner
Lo spazio di Bellinzona, tra il Lago Maggiore a sud e la vetta del Pizzo di Claro a nord
“Bellinzona vulgo Bellentz” è il titolo dell’incisione di Matthäus Merian (1593-1650) apparsa a stampa la prima volta nel 1642. Bellinzona è vista da nord: davanti le anse del fiume Ticino, che scorre placido; dietro il profilo dei tre Castelli e delle murate che li collegano, in alto il contrappunto della catena prealpina che va dal Pizzo di Corgella verso il Tamaro.
“La processione nei campi” è il titolo dato a uno degli acquarelli che William Turner (1775-1851) dipinse a Bellinzona nel 1842. I campi sono quelli dove sorsero le Officine, dove nei prossimi decenni sorgerà il Nuovo Quartiere Officine. Oltre ai profili dei Castelli e delle murate vi spicca quello della Collegiata. I monumenti storici sono peculiarità facili da mostrare in un quadro. C’è una peculiarità geografica di Bellinzona che non lo è: lo spazio del Lago Maggiore a sud contrapposto alla vetta del Pizzo di Claro a nord. Con un po’ di fantasia la luce del Mediterraneo contrapposta alle nevi eterne delle Alpi. Ma più concretamente, il sollievo estivo della brezza di lago al mattino e della brezza di monte alla sera. Ricorrerei a un’astrazione matematica: lo spazio vettoriale di Bellinzona è contrassegnato dalla direzione nord-sud, la direzione del fiume e delle principali vie di comunicazione.
La memoria delle skyline di Merian e Turner e del vettore nord-sud mi sembra presente nell’eccellente progetto del Nuovo Quartiere Officine. Penso all’assenza di case torri, al piccolo Central Park che lo attraversa. Una programmazione urbanistica deve fare anche scelte vincolanti pur con la consapevolezza che alcuni loro impatti (come quelli dei Cigni neri di Taleb) sono prevedibili solo a posteriori.
Non sappiamo se fra cinquant’anni i treni viaggeranno ancora su binari, ma intanto l’ubicazione della stazione è stata fissata e con essa la centralità del nuovo quartiere con un numero elevato di abitanti. Sembra probabile che le automobili viaggeranno ancora su ruote, saranno meno inquinanti, ma resteranno ingombranti: ecco un quartiere pensato come un colabrodo, attraversabile in tutte le direzioni a piedi o su due ruote.
La Cattedrale, lo stabile industriale da conservare, è un grande contenitore, al quale è adesso impossibile assegnare un contenuto. Non serve il modello della Tate di Londra, una fabbrica trasformata in museo, che recentemente ha dovuto essere ampliato, perché intanto Bellinzona non avrebbe nemmeno abbastanza opere da esporre. È un momento difficile anche per pensare a un mercato coperto, mentre le vendite on-line stanno chiudendo negozi del centro città.
Il progetto è dettagliato, quasi prescrittivo nell’organizzazione degli spazi verdi. Vi sono ovviamente indicati alberi di varia natura, dove gli uccelli migratori vi possano sostare e non siano costretti a transitare sui boschi della montagna o della riva del fiume, ma vi sono anche suggeriti orti dove si possano coltivare i fiori o l’insalata. Insomma promuove quella qualità di vita, con la quale non ci si accorge del cambio delle stagioni solo per i prodotti che compaiono sulle bancarelle del mercato o negli scaffali dei supermercati. Il progetto è invece sommario nelle indicazioni architettoniche. È impossibile prevedere come evolverà l’architettura nei prossimi decenni. Ma nel Paese di Rino Tami e Mario Botta, dell’Accademia di Mendrisio, che ha riscattato tante brutture del dopoguerra, è lecito attendersi un’architettura di qualità. Sono da temere i danni della speculazione immobiliare, tuttora lanciatissima e sostenuta dai miti dell’economia di mercato, che forse comprometterà la realizzazione, ma che nulla può togliere alla qualità del progetto e ai meriti di chi l’ha promosso.