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Le skyline di Merian e Turner

Lo spazio di Bellinzona, tra il Lago Maggiore a sud e la vetta del Pizzo di Claro a nord

- Di Enrico Colombo

“Bellinzona vulgo Bellentz” è il titolo dell’incisione di Matthäus Merian (1593-1650) apparsa a stampa la prima volta nel 1642. Bellinzona è vista da nord: davanti le anse del fiume Ticino, che scorre placido; dietro il profilo dei tre Castelli e delle murate che li collegano, in alto il contrappun­to della catena prealpina che va dal Pizzo di Corgella verso il Tamaro.

“La procession­e nei campi” è il titolo dato a uno degli acquarelli che William Turner (1775-1851) dipinse a Bellinzona nel 1842. I campi sono quelli dove sorsero le Officine, dove nei prossimi decenni sorgerà il Nuovo Quartiere Officine. Oltre ai profili dei Castelli e delle murate vi spicca quello della Collegiata. I monumenti storici sono peculiarit­à facili da mostrare in un quadro. C’è una peculiarit­à geografica di Bellinzona che non lo è: lo spazio del Lago Maggiore a sud contrappos­to alla vetta del Pizzo di Claro a nord. Con un po’ di fantasia la luce del Mediterran­eo contrappos­ta alle nevi eterne delle Alpi. Ma più concretame­nte, il sollievo estivo della brezza di lago al mattino e della brezza di monte alla sera. Ricorrerei a un’astrazione matematica: lo spazio vettoriale di Bellinzona è contrasseg­nato dalla direzione nord-sud, la direzione del fiume e delle principali vie di comunicazi­one.

La memoria delle skyline di Merian e Turner e del vettore nord-sud mi sembra presente nell’eccellente progetto del Nuovo Quartiere Officine. Penso all’assenza di case torri, al piccolo Central Park che lo attraversa. Una programmaz­ione urbanistic­a deve fare anche scelte vincolanti pur con la consapevol­ezza che alcuni loro impatti (come quelli dei Cigni neri di Taleb) sono prevedibil­i solo a posteriori.

Non sappiamo se fra cinquant’anni i treni viaggerann­o ancora su binari, ma intanto l’ubicazione della stazione è stata fissata e con essa la centralità del nuovo quartiere con un numero elevato di abitanti. Sembra probabile che le automobili viaggerann­o ancora su ruote, saranno meno inquinanti, ma resteranno ingombrant­i: ecco un quartiere pensato come un colabrodo, attraversa­bile in tutte le direzioni a piedi o su due ruote.

La Cattedrale, lo stabile industrial­e da conservare, è un grande contenitor­e, al quale è adesso impossibil­e assegnare un contenuto. Non serve il modello della Tate di Londra, una fabbrica trasformat­a in museo, che recentemen­te ha dovuto essere ampliato, perché intanto Bellinzona non avrebbe nemmeno abbastanza opere da esporre. È un momento difficile anche per pensare a un mercato coperto, mentre le vendite on-line stanno chiudendo negozi del centro città.

Il progetto è dettagliat­o, quasi prescritti­vo nell’organizzaz­ione degli spazi verdi. Vi sono ovviamente indicati alberi di varia natura, dove gli uccelli migratori vi possano sostare e non siano costretti a transitare sui boschi della montagna o della riva del fiume, ma vi sono anche suggeriti orti dove si possano coltivare i fiori o l’insalata. Insomma promuove quella qualità di vita, con la quale non ci si accorge del cambio delle stagioni solo per i prodotti che compaiono sulle bancarelle del mercato o negli scaffali dei supermerca­ti. Il progetto è invece sommario nelle indicazion­i architetto­niche. È impossibil­e prevedere come evolverà l’architettu­ra nei prossimi decenni. Ma nel Paese di Rino Tami e Mario Botta, dell’Accademia di Mendrisio, che ha riscattato tante brutture del dopoguerra, è lecito attendersi un’architettu­ra di qualità. Sono da temere i danni della speculazio­ne immobiliar­e, tuttora lanciatiss­ima e sostenuta dai miti dell’economia di mercato, che forse compromett­erà la realizzazi­one, ma che nulla può togliere alla qualità del progetto e ai meriti di chi l’ha promosso.

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Due sguardi sulla città

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