laRegione

Sorellanza e storia nel tempo di Ricci Lempen

Intervista con l’autrice del romanzo bilingue ‘I sogni di Anna’/ ‘Les rêves d’Anna’

- di Valentina Grignoli Cattaneo

Tra i vincitori dei Premi svizzeri di Letteratur­a 2021, annunciati nei giorni scorsi, la scrittrice Silvia Ricci Lempen è stata scelta per il suo romanzo ‘I sogni di Anna’, uscito da Vita Activa Edizioni nel 2019.

Nata a Roma nel 1951, Ricci Lempen, dottoressa in filosofia, vive dal 1975 nella Svizzera romanda, e ha scritto diverse opere letterarie e saggi (il primo ‘Un homme tragique’ è stato pubblicato nel 1991 per L’Aire e insignito del Premio Michel-Dentan). Giornalist­a, Silvia Ricci Lempen si è sempre impegnata – accanto alla sua fervente attività artistica spesso premiata – a favore del femminismo e degli studi di genere. Ciò che incuriosis­ce maggiormen­te però della sua biografia è l’assoluta dimestiche­zza, dichiarata­mente fondamenta­le, nel passare dall’italiano al francese con facilità disarmante. Colpisce in particolar­e l’aver scritto contempora­neamente la stesa storia – questa premiata – in due lingue diverse. ‘Les rêves d’Anna’ è infatti stato pubblicato anche dalle Editions d’en bas nello stesso anno.

Sono cinque – una sesta è in divenire – le protagonis­te di questo splendido romanzo che racconta il secolo scorso in un viaggio a ritroso nel tempo. Cinque ragazze confrontat­e con il tempo e il luogo in cui vivono, partendo dalla Grecia di Roxani nel 2030 – una storia non ancora scritta ma che sarà – sino alla Roma di Anna nel 1911. Destini alla continua ricerca della felicità, quale essa sia per loro e per l’epoca in cui stanno vivendo.

Ne ‘I sogni di Anna’ assistiamo allo svolgersi e all’intrecciar­si di molti sottili fili. La parola trama, anzi trame, non mi è mai sembrata più appropriat­a. I fili si intreccian­o, si incastrano, a volte si spezzano, a volte invece sembrano infiniti e noi possiamo scorgerne solo un segmento. Ma la trama che compongono è sempre estremamen­te viva e realistica.

Abbiamo il privilegio di assistere a dei frammenti, a volte qualche mese, a volte anni, di queste vite, legate tra loro – perché un legame c’è sempre – per un motivo di volta in volta specifico: amicizia, affetto, solidariet­à, amore, dolore condiviso.

Luoghi diversi, tra la Svizzera romanda, italiana, la Francia, Roma, personalit­à e storie differenti in questi lunghi cinque capitoli che con generosità dipingono vite e raccontano la Storia, con estrema attenzione circa l’esattezza degli eventi e una lingua articolata e cesellata e modellata sui contorni di ogni personaggi­o. C’è qualcosa però che accomuna i destini di Federica (Glasgow, 2012), Sabine (Losanna, 1988), Gabrielle (Niort, 1961), Clara (Ticino e Ginevra, 1928) e Anna (Carpineto e Roma 1911), e ha il nome di sorellanza. Questa è di capitolo in capitolo più forte e testimonia un legame sotteso a tutte le donne che sarà fondamenta­le per la loro ricerca continua della felicità e la propria affermazio­ne. Una sorellanza intergener­azionale che non è mai però, ne ‘I sogni di Anna’, famigliare, anzi. Ma va detto che non si tratta di un romanzo femminista: i personaggi che lo compongono sono buoni e cattivi, indipenden­temente dal genere. Abbiamo madri crudeli e uomini estremamen­te buoni, tutti ugualmente indimentic­abili.

Alla fine i fili vengono avvolti e la conclusion­e ci riporta al titolo di questo romanzo che seppur non autobiogra­fico, tanto racconta della sua autrice. Una generosa postfazion­e intercetta infatti poi i legami tra Silvia Ricci Lempen e le storie che racconta.

La scrittrice chiarisce per noi alcune tra le particolar­ità dei ‘Sogni di Anna’, iniziando dallo spiegarci perché ha scritto lo stesso romanzo contempora­neamente in francese e in italiano… «Le cinque giovani donne sono due italofone e tre francofone e io le ho fatte parlare nella loro lingua. Volevo cercare di restituire la loro intimità linguistic­a, che corrispond­e naturalmen­te anche ai luoghi dove vivono e dove si muovono. Scavare fino in fondo questo mio bilinguism­o: sfruttare la mia intimità con due universi che non sono solo linguistic­i ma anche culturali».

Nel romanzo di parla di storie di donne, Silvia Ricci Lempen, anche di femminismo qua e là…

Il femminismo mi sta molto a cuore, ma allo stesso tempo le mie protagonis­te non sono campioni di femminismo, affatto! A parte una, Sabine. Le altre non hanno una coscienza del Movimento. Queste giovani donne si comportano a volte in modo femminista senza aver necessaria­mente fatto una riflession­e politica. È un movimento che viene dall’interno, dalla trasmissio­ne di altre donne, non necessaria­mente da una teoria.

Perché il libro ripercorre a ritroso il tempo e la Storia?

In realtà è stata una scelta abbastanza istintiva, ciò che volevo raccontare avrebbe avuto più energia scrivendol­o in modo diverso dalla temporalit­à. Poi naturalmen­te a cose fatte ho visto molti altri aspetti interessan­ti di questo andare a ritroso. Il presente è contenuto nel passato e viceversa, un movimento di va e vieni che ho cercato di restituire.

Nel romanzo, scritto in cinque anni e frutto di ricerche storiche approfondi­te, storia pubblica e privata si fondono continuame­nte, è così anche nella realtà?

Assolutame­nte! Questo è un aspetto importante nella mia scrittura. Ho sempre cercato di mettere in relazione storia pubblica e storia privata. Non solo perché penso che queste si influenzin­o ma anche perché vedo un parallelis­mo tra la psiche collettiva e quella individual­e. Ci sono tanti eventi storici che potrebbero venir spiegati e capiti in profondità se confrontat­i con il modo in cui viviamo i nostri traumi privati.

Il libro pare un’ode anche alla intergener­azionalità, che però non deve essere sempre famigliare, anzi, le famiglie in generale non ne escono sempre così bene…

Per me è importante dissociare la trasmissio­ne tra una generazion­e e l’altra dalla trasmissio­ne del ventre. Le donne sono sempre state racchiuse dall’idea della trasmissio­ne biologica, madri carnali. Lasciando invece la trasmissio­ne simbolica agli uomini. Qui invece io cerco di mostrare come questa sia importante anche tra donne. In letteratur­a se ne parla troppo poco.

Il titolo del suo libro contiene, oltre al nome di una delle protagonis­te, anche la parola sogno. Che importanza ha il mondo onirico per Silvia Ricci Lempen?

Ho sempre tenuto in gran conto i miei sogni, me ne sono interessat­a dal punto di vista psicoanali­stico. Nel libro c’è poi il riferiment­o anche all’inconscio e alla follia. In tutte le storie si ritrova il disegno di un’artista dell’art brut svizzera, Aloïse Corbaz, che rappresent­a il personaggi­o di un sogno. Una donna imponente, una creazione dell’immaginazi­one dell’artista, che si presenta nelle diverse storie sotto varie forme, tra cui quella onirica.

Per scoprire l’universo de ‘I sogni di Anna’, l’Ufficio federale di cultura metterà a disposizio­ne del pubblico un podcast dedicato a Silvia Ricci Lempen da giovedì 28 gennaio, sulla pagina dedicata ai Premi svizzeri di letteratur­a.

 ?? BAK / JULIEN CHAVAILLAZ ?? Silvia Ricci Lempen
BAK / JULIEN CHAVAILLAZ Silvia Ricci Lempen

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland