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La volpe, l’uva e il racconto di noi

LA FICCANASO

- DI LAURA INSTAGRAM: @LA_FICCANASO

Chelsy Davy (nell’immagine), fidanzata ufficiale di Harry dal 2003 al 2011, ha rotto definitiva­mente con il principe perché “non voleva finire come Kate Middleton”. È questa la sintesi brutale dei tabloid che hanno letto l’ennesimo libro che un esperto della monarchia britannica ha dedicato al rapporto tra i due figli di Carlo. La violazione costante della privacy, l’attenzione spasmodica da parte della stampa, i pesantissi­mi impegni istituzion­ali. A distanza di tanti anni siamo condotti a pensare che quello dipinto sul volto di Chelsy nel giorno del matrimonio del suo ex regale fidanzato (fu invitata anche lei così come altre storiche ex), non fosse affatto rimorso, bensì sollievo per essere scampata a tutto questo.

È bastato questo scampolo di gossip a farci immaginare, per un attimo, il lavoro di un esperto delle nostre vicende tra dieci anni. Contattand­o fonti a noi vicine saprebbe tantissime cose. Per esempio, quanto volevamo scappare in quelle settimane dopo le feste. Quelle in cui le babysitter scompariva­no e di aperitivi e saldi non c’era traccia sempliceme­nte perché i negozi erano chiusi e i bar off limits. Quelle in cui ricomincia­vano le diete. La vostra rubrichist­a di riferiment­o, dirà il prode che scriverà un libro su di lei, si era rimessa a dieta non perché ingrassata come un otre, ma per mostrare a sé stessa che poteva vincere ancora là dove aveva vinto già mesi addietro. Non era certo una questione di chili, ma di principio (non è forse sempre una questione di principio?). Il mio biografo non racconterà di un anno complicato, ma di una serie di pericoli scampati. Nei giorni in cui i nuovi inquilini svuotavano la casa che lei si era lasciata soffiare da sotto il naso lei non era corrucciat­a, ma sollevata. Quel terrazzo non le serviva, avrebbe rischiato di abbronzars­i d’estate. Neanche per riporre la verdure, le sarebbe mai servito terrazzo. A lei piaceva infinitame­nte stipare i mandarini sul davanzale in inverno. A spingerla era il gusto di usare un frigo naturale, non la disperazio­ne di una cucina senza più un millimetro libero. Nel terrazzo, figurarsi, non avrebbe voluto metterci neppure l’uva. Che del resto non sarebbe mai stata matura. Il mio biografo si divertirà tantissimo. E prometto di lavorare assiduamen­te fin da ora perché possa trovare copiose prove del mio diffuso sollievo.

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