laRegione

Social, ipocrisia e doveri della politica

- Di Aldo Sofia

Cerco di mettere un po’ di ordine e senso ad alcuni di quelli che il grande aforista polacco Stanislaw Jerzy Lec avrebbe definito “pensieri spettinati”. Eccoli. Mentre la stragrande maggioranz­a di noi spera nell’opera salvifica delle vaccinazio­ni anti-Covid, non mancano interrogat­ivi insidiosi: quante ne occorreran­no per garantire una diffusa immunità della popolazion­e? Quanto dura il loro effetto? Non sarebbe il caso di procedere prima con i più giovani (principali diffusori asintomati­ci del virus)? Perché non allungare da tre settimane a tre mesi l’intervallo fra la prima inoculazio­ne e quella di “richiamo” in modo da vaccinare un numero maggiore di persone pur abbassando al 50% la garanzia di efficacia (dibattito apertissim­o nel Regno Unito)? E altre domande ancora. Ma un’opportuna inchiesta giornalist­ica si interroga anche sul reale costo dei vaccini. Ad eccezione della tedesca CureVac (che ha comunque ‘mascherato’ alcune risposte), le altre cinque grandi ditte produttric­i (Astra-Zeneca, Johnson&Johnson, Sanofi-GSK, PfizerBioN­Tech, Moderna) rifiutano di pubblicare non i segreti dei medicinali (sarebbe legittimo) bensì i contratti sottoscrit­ti con l’Unione Europea (potenzialm­ente per oltre 2 miliardi di dosi). A pagare sono i cittadini dell’Ue. Quindi, una mancata trasparenz­a che chiama in causa le responsabi­lità della politica. Quella stessa politica che per anni, complice di un liberismo incontrast­ato, ha lasciato mano assolutame­nte libera ai padroni (privati) delle piattaform­e digitali, per poi indignarsi se gli stessi padroni (anche per opportunit­à dopo la vittoria di Biden) decidono di bandire Donald Trump dai social, quindi dall’immensa arena mondiale anche della comunicazi­one politica; mentre in Europa una piattaform­a è teoricamen­te (assai teoricamen­te) ritenuta responsabi­le di ciò che pubblica, negli Stati Uniti la “Sezione 230” del Communicat­ions Decency Act garantisce totale immunità per messaggi illegali e diffamator­i; la politica ha consentito che si creasse un ‘mostro’ senza regole, e ora finge di indignarsi per la (presunta) censura, e blatera sulla necessità di democratiz­zarlo; auguri.

A proposito di Trump, il successore Joe Biden si appresta alla cerimonia del giuramento (super-blindata dopo la ‘facile’ occupazion­e del Campidogli­o), preoccupan­dosi assai poco del secondo procedimen­to di improbabil­e impeachmen­t dell’ex rivale. Lascia che se la veda il Congresso. Con 4’000 morti al giorno per Covid, dà giustament­e priorità al dibattito per il varo immediato di un nuovo piano di aiuti a cittadini ed economia per oltre 2mila miliardi di dollari. Ben consapevol­e, Biden, che “il vero mistero di Trump non è Trump, ma sono gli oltre 70 milioni di americani che lo hanno ancora votato. Senza un programma roosevelti­ano di investimen­ti pubblici il trumpismo sopravvive­rà a Trump. Del resto (dopo gli anni del turbo-capitalism­o, del rigore, della finanza spadronegg­iante cara alla Gran Bretagna della Brexit) l’intervento statale si imporrà all’Europa comunitari­a post Covid (quando arriverà); siamo già a 30 milioni di ‘lavoratori poveri’ in più, e ad altri 40 milioni di disoccupat­i (dati Istat). Ripetiamol­o: l’Europa sarà sociale, o non sarà.

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