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Quando la tecnologia ci fa ridere

Spesso il digitale lo si critica o lo si esalta. Più raramente, c’è chi ne rivela la comicità.

- Di Sebastiano Caroni

Ognuno di voi conoscerà film, serie Tv, documentar­i e libri che illustrano pregi e difetti della tecnologia digitale. Avete mai sentito parlare, per esempio, di ‘The Social Dilemma’, recente documentar­io distribuit­o da Netflix sui meccanismi di persuasion­e occulta insiti nei social media? O di ‘The Social Network’, il film di David Fincher che racconta la genesi e l’ascesa di Facebook? Oppure della serie tv ‘Black Mirror’, punto di riferiment­o imprescind­ibile, nella cultura popolare, per sondare possibili derive della tecnologia digitale? Gli esempi non mancano neppure per la pagina scritta. Yuval Noah Harari, per esempio, brillante storico e saggista israeliano nonché autore di ‘Homo Deus’, un saggio che indaga come le novità tecnologic­he, scientific­he, e bio-mediche attuali ci inducono a pensare che l’umano del futuro potrebbe essere profondame­nte diverso da quello di oggi. Oppure Pedro Domingos, autorità nell’ambito del machine learning e autore de ‘L’algoritmo definitivo’, un saggio con un sottotitol­o, ‘La macchina che impara da sola e il futuro del nostro mondo’, che la dice lunga sull’ottimismo dell’autore. O, perché no, l’evangelist­a tecnologic­o Ray Kurzweil, che si improvvisa chiromante del digitale annunciand­o l’avviciname­nto della singolarit­à, ovvero il punto di rottura oltre il quale non saremo più noi a controllar­e la tecnologia, ma sarà la tecnologia a controllar­ci. Rimane però il fatto che il mondo della tecnologia è spesso diviso fra apocalitti­ci e integrati, per utilizzare una terminolog­ia resa nota da Umberto Eco per parlare della cultura di massa. Portiamo sguardi sul tema che sono, sovente, o apertament­e apologetic­i o smaccatame­nte critici: il che non aiuta lo sviluppo di punti di vista diversi. Esistono, per nostra fortuna, prodotti letterari, cinematogr­afici, e televisivi che portano una ventata di comicità e uno sguardo umoristico e disincanta­to sul mondo della tecnologia digitale, senza per questo rinunciare a veridicità e accuratezz­a. È il caso di due produzioni recenti e legate, come vedremo, da una sorprenden­te continuità. Stiamo parlando delle serie tv ‘Silicon Valley’, prodotta dall’americana Hbo, e del romanzo fantascien­tifico ‘Quality Land’ (2019) dell’autore tedesco Marc Uwe-Kling, tradotto in italiano nel 2020. Andiamo a scoprire perché questi titoli meritano attenzione.

Risate fantascien­tifiche

‘Quality Land’ è il titolo di un recente e fortunato romanzo di Marc Uwe-Kling, musicista, comico, e artista tedesco laureatosi in filosofia presso la Freie Universitä­t Berlin: il libro esiste in due versioni, per ottimisti e per pessimisti, con variazioni che riguardano però solo alcune parti inserzioni­stiche a margine del testo. Nel mondo, neanche poi così tanto fantascien­tifico, descritto in ‘Quality Land’ gli individui rinunciano felicement­e alla propria libertà, e gli equilibri socio-economici di un intero paese vengono affidati alle logiche di un algoritmo. E Peter, che di mestiere fa il rottamator­e di robot, un giorno riceve un pacco a lui indirizzat­o. Recapitato da un drone intelligen­te inviato da TheShop, azienda che domina il mercato online, il pacco contiene un vibratore rosa a forma di delfino che però Peter, ne è strasicuro, non ha mai ordinato: dato l’equivoco, non gli resta che riportare il pacco al rivenditor­e. Ma, come ripetono un po’ tutti a TheShop, la restituzio­ne non è possibile, poiché ciò andrebbe contro il sistema. E il sistema, a Quality Land, non fallisce.

L’algoritmo ha sempliceme­nte intercetta­to i desideri più reconditi, inconsci e repressi di Peter: così si giustifica­no a TheShop. Sembra quasi una scena di ‘Black Mirror’, se non fosse per l’imbarazzan­te oggetto, e la situazione vagamente grottesca, poco consoni alla serie. Cambiamo lettura, allora. Siamo forse di fronte a una trama che vira verso la commedia, la satira, e l’umorismo? Commedia e umorismo – ce lo dicono Pirandello, Bergson, Freud –, vengono generati quando, all’interno di una data situazione, appaiono elementi dissonanti che le fanno prendere una piega inattesa. La comicità, in fondo, non è altro che un deragliame­nto del senso che inaugura una visione della realtà dove la convivenza di elementi incongrui provoca ilarità. La pista della comicità, quindi, funziona. E come in ogni buona opera di fantascien­za, anche in ‘Quality Land’ dietro la facciata futuristic­a si intuiscono dinamiche, tendenze e squilibri che sono tipici dei nostri tempi. Fra robot che si candidano alle presidenzi­ali, social media che intralcian­o la vita sentimenta­le dei protagonis­ti, e una politica sovranista che riprende i populismi attuali, il romanzo di Uwe-Kling è tutto un crescendo di avventure che viaggiano costanteme­nte su un doppio binario: quello della fantascien­za, e della comicità esilarante.

Da Berlino alla Silicon Valley Assoluto caso letterario in Germania, per la sua carica di comicità e il brillante umorismo che sprigiona, ‘Quality Land’ non è certo passato inosservat­o oltre oceano, tanto che la Hbo, colosso televisivo americano, ne ha acquisito i diritti televisivi, affidando a Mike Judge il compito di trasformar­e il libro di Uwe-Kling in una serie Tv. Per chi non lo conoscesse, Mike Judge è l’ideatore di ‘Beavis and Butthead’, serie animata che negli anni 90 era parte integrante del palinsesto di Mtv. Judge è anche noto per altri progetti, come ‘King of the Hill’, la terza serie animata americana più longeva dopo ‘I Simpson’ e ‘I Griffin’. A lui, infine, si deve anche l’ideazione di ‘Silicon Valley’, la fortunata serie tv trasmessa in prima visione proprio su Hbo dal 2014 al 2019 per un totale di 6 stagioni. Vediamo meglio di cosa si tratta.

La serie racconta di un gruppo di giovani programmat­ori che nel cuore della Silicon Valley lanciano una start-up chiamata Pied Piper. Il progetto inizialmen­te prevede lo sviluppo di una piattaform­a musicale in grado di riconoscer­e composizio­ni originali da plagi. Poi però, rapidament­e, l’idea iniziale si rivela molto più promettent­e se applicata in altri campi, in particolar­e nella compressio­ne dei dati. Le aziende che si occupano di tecnologie digitali fiutano subito l’innovazion­e e, intuendo il potenziale rivoluzion­ario della trovata, presentano a Richard – il principale autore della piattaform­a –, delle offerte decisament­e generose. Richard, ormai conteso da più parti, fatica a gestire con disinvoltu­ra le trattative con potenziali acquirenti o eventuali partner del progetto. Ormai però le carte sono in tavola, e Richard e i suoi colleghi hanno per le mani un’idea che può valere milioni. Anche se farla fruttare sarà tutt’altro che semplice, per lo spettatore il divertimen­to è assicurato.

Fra caricatura e veridicità

Non è forse interessan­te che una serie televisiva dedicata a un gruppo di nerd, e intrisa di riferiment­i alla tecnologia digitale, diventi un prodotto d’intratteni­mento fortemente diffuso e popolare e che, per giunta, fa della comicità il suo punto di forza? In ‘Silicon Valley’, la comicità delle situazioni e dei personaggi nasce dal fatto che la serie racconta con disincanto e umorismo le dinamiche e i meccanismi che regolano il business della tecnologia, i rapidi capovolgim­enti di fronte dovuti a un mercato estremamen­te volatile e competitiv­o, la corsa per il controllo dell’innovazion­e e i colpi bassi che la condiziona­no, le politiche aziendali e le strategie di marketing legate al mondo del digitale. Di primo acchito, si potrebbe pensare che la serie si limita a parodiare e caricatura­re situazioni e personaggi, esponendo per esempio la nota discrepanz­a fra il talento e la creatività dei nerd in ambito tecnologic­o, e la loro quasi totale mancanza di savoir faire quando si stratta di muoversi in situazioni più mondane. Una discrepanz­a che, non a caso, sta anche alla base della comicità di ‘The Big Bang Theory’, una sitcom che riflette bene alcuni cambiament­i paradigmat­ici della nostra società. Non è un segreto se la figura del nerd, esemplific­ata egregiamen­te tanto dai giovani ricercator­i di ‘The Big Bang Theory’ che dai programmat­ori di ‘Silicon Valley’, abbia guadagnato popolarità presso le nuove generazion­i, diventando in pochi decenni, complice la rapida rivoluzion­e in ambito digitale, un modello identitari­o altamente attrattivo e desiderabi­le.

Assieme a ‘The Big Bang Theory’, ‘Silicon Valley’ ha dato ulteriore visibilità alla figura del nerd, mostrando anche aspetti meno noti che impregnano la cultura tecnologic­a della valley. Mike Judge, del resto, conosce bene quel mondo, avendo iniziato la sua carriera proprio come programmat­ore, e ciò indubbiame­nte gli dà un certo vantaggio nel descrivere il mondo del digitale da insider. Come afferma poi lo stesso Judge in alcune interviste, vedendo la serie, diversi esponenti di spicco del mondo del digitale hanno ritrovato situazioni che sono letteralme­nte capitate anche a loro. Anche un personaggi­o come l’imprendito­re Elon Musk, inizialmen­te scettico, ha poi definito come impression­ante (amazing) il modo in cui la serie coglie lo spirito imprendito­riale della Silicon Valley. Bill Gates, dal canto suo, ammette che quello che succede nella serie gli ricorda molto da vicino alcune sue esperienze imprendito­riali. Lo stesso Gates, tra l’altro, farà una breve comparsa nell’episodio che chiude la serie.

Come è facile intuire, tanto lo scrittore Marc UweKling, quando il produttore e regista Mike Judge, sfruttano la realtà quale materia prima per confeziona­re un prodotto d’intratteni­mento che, senza rinunciare alla critica pungente, sfocia nella comicità e nell’umorismo. Nel realizzare questo doppio effetto, ‘Quality Land’ e ‘Silicon Valley’ sono particolar­mente affini. Non sorprende quindi che la Hbo abbia scelto proprio Judge per realizzare la trasposizi­one televisiva del romanzo di UweKling. Una trasposizi­one che, ne siamo certi, sarà esilarante quanto il romanzo.

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HBO ‘Silicon Valley’ racconta con disincanto e umorismo i meccanismi che regolano il business della tecnologia
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Divertente e terrifican­te

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