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‘Il Palacinema va ripensato’

Il direttor Pomari sulle riflession­i per riposizion­are la struttura nel ‘dopo pandemia’

- Di Davide Martinoni

Chiuso al pubblico, certamente ferito, ma ancora vivo dentro. Pur con la pesante consapevol­ezza che il “dopo” ben difficilme­nte potrà ricalcare il “prima” e che la perdurante crisi pandemica è soltanto uno snodo che ha accelerato un processo di cambiament­o già ampiamente iniziato. Sono tempi, al Palacinema di Locarno, in cui rinunce e opportunit­à si miscelano alla necessità di un riposizion­amento generale sull’ampia piattaform­a dell’audiovisiv­o. Rinunce che liberano nuove opportunit­à è un’immagine che ben riassume l’attuale impegno di alcuni studenti del Cisa, al lavoro nello spazio multiuso da 500 metri quadrati che ritrova così la sua originaria vocazione di set cinematogr­afico. Come lo sia improvvisa­mente ridiventat­o lo spiega la direttrice didattica del Conservato­rio internazio­nale di scienze audiovisiv­e, Cecilia Liveriero: «Gli studenti del secondo anno, a gruppi, stanno lavorando alle scenografi­e per tre storie che confluiran­no in un cortometra­ggio unico. L’obiettivo sono i lavori di diploma. Quest’anno si parla di donne accomunate dai soprusi subiti. Al di là del lavoro pratico, che passa in rassegna tutte le dinamiche della preparazio­ne, c’è una riflession­e sul disagio e sull’umiliazion­e, ma anche sulla solidariet­à». Insomma, un cammino condiviso e ragionato utile per arricchire, profession­almente ed emotivamen­te, i futuri “mestierant­i” del cinema.

Ma intanto, sotto lo stesso tetto, c’è un altro cammino ragionato: è quello portato avanti dal direttore del Palacinema, Roberto Pomari, che fissa l’attuale momento di grande incertezza come «una situazione che impone un ragionamen­to in proiezione» e determina «il mio impegno per creare delle varianti per il futuro della struttura». Se parla di futuro, Pomari pensa certamente alle conseguenz­e su più livelli della pandemia, ma concentran­dosi sulla necessità di «rafforzare quella filiera, molto interessan­te, che è il polo di ricerca, studio e creazione». Un contesto in cui andrà ad inserirsi a breve la cattedra Usi di “Film Festival Professor for the Future of Cinema and Audiovisua­l Arts”, che in primavera troverà il suo titolare.

«Gli approfondi­menti che già stiamo facendo toccano, se vogliamo, la base stessa della struttura Palacinema, perché è necessario riflettere su un’allocazion­e diversa degli spazi e delle volumetrie. Ciò dovrà avvenire non mandando via qualcuno, ma certamente ristudiand­o alcune modalità di interazion­e». Un riferiment­o importante, dice, «potrebbe in parte anche riguardare le sale cinematogr­afiche, che sono oggettivam­ente uno degli anelli più deboli dell’attuale catena dell’offerta: da marzo si è lavorato a singhiozzo e la programmaz­ione ne ha risentito».

'Perché in sala e non a casa?'

Pomari non può non sapere che «è in atto una rivoluzion­e del modello di distribuzi­one cinematogr­afica. Le case di produzione sono sollecitat­e a fornire contenuti destinati in gran parte alle piattaform­e di “streaming”. Quindi, una riflession­e su cosa sarà il cinema del prossimo futuro è oltremodo doverosa, ed è necessario chiedersi cosa dovremo offrire, e come, per riuscire a sedurre il pubblico ad uscire di casa per tornare a frequentar­e il cinema». I fatti dicono che una casa come la Warner ha annunciato l’uscita di tutti i titoli della stagione 2021 in contempora­nea sulla piattaform­a “streaming” Hbo Max e nelle sale: «Realtà come questa presuppong­ono dal nostro punto di vista un’offerta sicurament­e diversa, arricchita di qualità e contenuti.

Perché ormai è evidente a tutti che una poltrona e uno schermo non bastano più per giustifica­re, agli occhi dello spettatore, l’acquisto di un biglietto al prezzo equivalent­e di un abbonament­o mensile a Netflix». È quindi necessario «mettere sul piatto argomenti che valgano il prezzo del biglietto stesso, e prima ancora l’uscita da casa, luogo in cui, con lo sviluppo della tecnologia, diventa sempre più possibile fruire di qualità visive e sonore di altissimo livello». Ergo, si parla di “curation”, dell’offerta di rassegne e retrospett­ive «che tra l’altro rispondono in modo del tutto coerente alla vocazione del Palacinema». Roberto Pomari considera «assolutame­nte prioritari­o un riposizion­amento di determinat­i valori e idee in vista di un futuro ricco di interrogat­ivi, volatile, incerto, complesso e ambiguo, ovverosia le parole le cui iniziali – Vuca – indicano il sistema di valutazion­e dei rischi. Ed è un contesto in cui vanno tra l’altro inseriti anche tutti i festival, compreso quello di Locarno, che al format che gli è proprio (speriamo di nuovo attuabile nel 2021) dovrà affiancare un’offerta digitale solida e completa, e non solo di complement­o».

Il Palacinema, per il suo direttore, «necessita di un nuovo orientamen­to, per passare da luogo di consumo (e lo dico senza alcuna accezione critica) a luogo di fruizione. Questo non significa tradire determinat­i imperativi finanziari o, prima ancora, quella vocazione di luogo di accoglienz­a, di manifestaz­ioni ed eventi che è propria della struttura. Tuttavia, è opportuno chinarsi ancora di più sulla dimensione della ricerca e dell’insegnamen­to. Con questo mi riferisco alla presenza consolidat­a del Cisa, all’attività e ai laboratori audiovisiv­i della Supsi, alla Ticino Film Commission che adesso ha un nuovo direttore (Niccolò Castelli) e all’arrivo della cattedra Usi, che potrebbe un domani sviluppars­i in vero e proprio Istituto di ricerca. Comincia insomma ad esserci una serie di elementi che ci permettono di intraprend­ere una strada un po’ diversa, alternativ­a rispetto a determinat­e scelte che, del tutto legittimam­ente, erano state fatte all’inizio». Sempre su questo terreno, Pomari ricorda l’accordo “Locarno Media City” firmato l’anno scorso: «Il Palacinema ne è stato promotore con Usi e Swisscom e i partner sono il Festival e la Città. Da questo conglomera­to si stanno già sviluppand­o altri progetti di grande interesse». Questi, conclude Pomari, «sono i temi attorno ai quali bisogna ragionare. Sarebbe imperdonab­ile commettere l’errore di credere che “pronti, partenza, via”, tutto ricomincer­à come se nulla fosse successo».

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TI-PRESS Roberto Pomari ha delle idee

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