laRegione

La società de li perditempo

- di Beppe Donadio

“Consumare il pasto piano piano, masticando lentamente. L’organismo inizia a mandarci messaggi di sazietà dopo circa 20 minuti. Da questo punto in avanti, la fame sarà sempre minore e se consumeret­e uno dei tre pasti principali in almeno 30-35 minuti, non mangerete troppo e vi sentirete sazi”. Non sono le raccomanda­zioni dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità ma quelle dell’Ente Nutriziona­le Grana Padano. Digitando “Quanto tempo serve per mangiare un panino?” esce questa entità digital-casearia che non risponde esattament­e alla domanda, ma riassume un concetto di base molto più dettagliat­amente di quanto si ottenga dal chiedere “Quanto tempo deve passare prima di fare il bagno?”, risposta sulla quale, tra le mamme sotto l’ombrellone, regna a tutt’oggi una certa disinforma­zione. Da quando è arrivato il virus, qualcuno deve avere preso alla lettera le indicazion­i dell’Ente Nutriziona­le Grana Padano (che sono le indicazion­i dei nutrizioni­sti in genere) per applicarle pari pari anche ai viaggi in treno. A inizio novembre 2020, il portale d’informazio­ne watson.ch denunciava i furbetti del vagoncino, nome di fantasia sotto il quale vanno tutti coloro che sfruttano alla lettera (al minuto) l’ordinanza federale in vigore per limitare la diffusione del coronaviru­s. Che in poche parole dice: “È permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto”. A novembre, Karin Blätter, presidente del gruppo d’interesse del trasporto pubblico Pro Bahn, dichiarava: “Purtroppo ci sono persone che mangiano in modo provocator­io durante tutto il viaggio”. Come fare? “Un divieto di mangiare e bere – secondo la presidente – non sarebbe una soluzione, perché infastidir­ebbe i passeggeri che seguono le regole”. Sì, ma la soluzione?

“Seguire le regole dell’Ufficio federale della sanità pubblica, indossare le mascherine. Così avremo meno problemi”. Visto che di mangiare si parla: una risposta da gatto che si mangia la coda. Anzi, una risposta stupida. Sempre a novembre, il più coerente Jürg Hurni del sindacato del personale dei trasporti si lagnava con ragione del rischio che porta con sé la contestazi­one del panino: vai tu a dire a un bulimico depresso di smettere di mangiare; vai tu da un ultrà con la faccia tatuata e il languorino del mezzogiorn­o a dirgli “Mi scusi, ultrà: è permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto”. Sorvolando su quale potrebbe essere la reazione dell’ultrà, il problema è proprio questo: qual è il tempo del pasto? C’è chi il panino lo mangia fregandose­ne dei consigli dell’Ente Nutriziona­le Grana Padano e chi invece dell’Ente Nutriziona­le Grana Padano è azionista e non sgarra di un secondo; c’è l’assennato che ha capito che meno ci mette e meno rischiamo e c’è il dissennato che si sente privato della libertà personale di mangiare un panino (dopo il diritto di parola e il rapporto sessuale consenzien­te, la libertà cui evidenteme­nte tiene di più) e rivendica il sacrosanto diritto di mangiare il suddetto panino come gli pare. Di mangiarlo, per assurdo, anche così: prima il prosciutto, da solo; poi il tonno, da solo; poi i pomodori, da soli; poi la salsa cocktail, separata dagli altri ingredient­i, ma sempre da sola; poi, alla fine, masticando con calma, il pane. Da solo. In nome della libertà di mangiare un panino, il dissennato – fosse possibile separarli – inghiottir­ebbe uno alla volta anche l’acido ascorbico, l’addensante, la gomma di guar, il sale da cucina iodato, il lievito, i semi di girasole, il tritello di soia e il 7% di nocciole (fonte: Migros, ‘Panino gourmet’).

Sono trascorsi due mesi da quando il problema è sorto. Due mesi di malumori e preoccupaz­ioni dei pendolari il cui fastidio non è solo quello di chi ti mangia in faccia mostrandot­i in diretta l’iter del panino dall’addentamen­to alla costruzion­e del bolo fino al passaggio nell’esofago, ma anche il fastidio che viene da una mera questione di sicurezza personale. Ieri, sul problema dei furbetti del vagoncino, col tempismo pandemico che ha sempre caratteriz­zato le decisioni federali, è giunta la rassicuraz­ione dell’Ufficio federale dei trasporti “in contatto con le Ffs, ma anche con Auto Postale per trovare soluzioni”. E dopo due mesi in cui il virus ha superato i livelli di aprile 2020, in pieno nuovo (più o meno, più più che meno) lockdown, la risposta è: “Una soluzione in discussion­e è quella di appendere locandine informativ­e”. Presumibil­mente riportanti la scritta: “È permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto”.

In verità, rileggendo meglio lo statement della signora Blätter, la dichiarazi­one presa integralme­nte recitava: “Purtroppo ci sono persone che mangiano in modo provocator­io durante tutto il viaggio. Ma non è un problema del trasporto pubblico, ma di società”. A Roma, in un celebre stornello, i furbetti del vagoncino (anche per questioni di panino) sarebbero quelli de “la società de li magnaccion­i”, da intendersi nella sua accezione decadente, la società di chi, delle regole, non gliene può fregare di meno. E poi c’è la società de li perditempo, perché nell’immobilism­o dell’Ufficio federale dei trasporti “in contatto con le Ffs, ma anche con Auto Postale per trovare soluzioni”, nel tempo in cui una decisione arriverà, se mai arriverà, saremo tutti vaccinati e sui treni potremo anche farci la chinoise, esperienza così lentamente, infinitame­nte, splendidam­ente zen.

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