‘Ma i test Covid rapidi generano falsa sicurezza’
De Rosa sollecita chiarezza scientifica sulla proposta di Berna di testare a tappeto
Un deciso cambio di rotta e di strategia in materia di test Covid e quarantene, quello presentato dal Consiglio federale. Da oggi la Confederazione si assumerà i costi dei test anche per le persone senza sintomi, mentre dall’8 febbraio sarà possibile terminare la quarantena già a partire dal settimo giorno, ma solo in caso di tampone negativo. Chi arriva dall’estero per via aerea o da una regione a rischio dovrà pure presentare la prova di un test Pcr negativo effettuato non più di 72 ore prima. Eccezioni sono previste per i lavoratori frontalieri e chi viene dalle zone di confine con la Svizzera. Per questi ultimi non sarà richiesto nessun test. La decisione di allargare il numero di persone da testare era nell’aria. Un modo per cercare di depistare il quantitativo più elevato di positivi e asintomatici. «Il Ticino da mesi ormai testa una media di poco meno di mille persone al giorno», afferma Raffaele De Rosa, consigliere di Stato e direttore del Dipartimento della sanità e della socialità (Dss). «In casi puntuali, penso alla casa per anziani di Balerna o alla Scuola media di Morbio Inferiore, abbiamo fatto test a tappeto estesi sia alle persone direttamente coinvolte, sia a tutti i contatti in senso ampio. È stato, per esempio, il caso dell’invito rivolto alla popolazione del Mendrisiotto di recarsi presso il locale check-point per farsi testare. Da questo punto di vista la proposta del Consiglio federale conferma la correttezza della nostra strategia», aggiunge De Rosa, precisando che ora il Cantone Ticino ha tempo fino all’8 di febbraio «per capire come estendere ulteriormente questa indicazione».
Così facendo il numero di positivi e di asintomatici è destinato a crescere. «È vero, si scopriranno più casi, ma per rimanere agli asintomatici bisognerà capire meglio anche cosa intende fare la Confederazione. I test rapidi non sono sufficienti perché nelle persone asintomatiche c’è un elevato numero di falsi positivi e di falsi negativi», risponde il direttore del Dss. Le indagini di depistaggio effettuate fino a oggi in Ticino sono sempre state fatte ricorrendo al tampone Pcr, molto più preciso. «Da questo punto di vista auspichiamo che si possa procedere con delle indicazioni chiare anche dal punto di vista scientifico sull’efficacia di questi test soprattutto se questi dovranno essere ripetuti nel tempo, perché sennò si scatta una fotografia puntuale, sì, ma incompleta generando una falsa sicurezza. E non è questo lo scopo dell’operazione».
Inoltre, con le indicazioni della Confederazione, sarà possibile presentare un piano cantonale di test a tappeto e avere la necessaria copertura finanziaria. Testare più di mille persone al giorno può costare circa 200mila franchi.
DOMANDE E RISPOSTE Chi, come e quando potrà testarsi Per quali gruppi e in quali situazioni è raccomandata l’esecuzione di test?
L’Ufs raccomanda l’esecuzione di test preventivi ripetuti nel quadro di piani di protezione e sotto la propria responsabilità nelle case di cura e per anziani, negli istituti medico-sociali nonché nelle organizzazioni di cure e d’aiuto a domicilio.
Perché la strategia di test viene estesa proprio a questi gruppi e a queste situazioni?
L’estensione della strategia di test ha l’obiettivo di proteggere le persone particolarmente a rischio e contribuire a riconoscere e contenere precocemente i focolai d’infezione locali.
La partecipazione ai test preventivi continua a essere facoltativa o un test può essere ‘ordinato’?
In linea di principio, la partecipazione ai test resta facoltativa. Nel caso di un focolaio d’infezione, il servizio cantonale competente può ordinare l’esecuzione di test.
La partecipazione ai test effettuati sul posto di lavoro è obbligatoria?
In linea di principio, la partecipazione ai test è facoltativa. Il datore di lavoro è autorizzato a sottoporre al test i suoi lavoratori soltanto nei limiti del diritto imperativo. L’esecuzione di test deve poter essere giustificata da motivi che si riferiscono alla prestazione lavorativa o alla protezione di altri collaboratori o di terzi (clienti, pazienti).
In quali casi mio figlio deve fare il test a scuola?
Se si verifica un focolaio d’infezione il servizio cantonale competente può ordinare l’esecuzione di test.
Gli asili sono coinvolti come le scuole?
Valgono le stesse regole come per le scuole.
A quali condizioni la Confederazione assume le spese per i test?
La Confederazione assume le spese per i test se sono soddisfatti i presupposti necessari. Il piano di protezione deve essere rispettato e invariato in ogni caso, sia per i test delle persone asintomatiche per la protezione delle persone particolarmente a rischio, sia nei luoghi con rischio elevato di trasmissione (per es. nelle scuole). L’esecuzione di test su persone asintomatiche può andare a completare i piani di protezione esistenti. Per i test eseguiti nel quadro della prevenzione e del contenimento di un focolaio locale, il Cantone deve presentare un piano all’Ufsp e farlo approvare.
LA POLITICA ‘Aiuti doverosi, però occhio ai conti pubblici’
Ieri a Berna si è parlato anche di economia, soprattutto di aiuti alle aziende. «È senz’altro positivo – afferma il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi – l’aumento della dotazione di risorse finanziarie per i casi di rigore, segno che anche in Consiglio federale vi è la consapevolezza delle difficoltà in cui si trovano non poche attività economiche, soprattutto quelle che sono state chiuse o che hanno subìto una forte contrazione della cifra d’affari a seguito delle chiusure. Da considerare positivamente è anche la possibilità data alle autorità cantonali di infliggere multe disciplinari, sanzioni che avranno un effetto deterrente potendo essere decise e applicate subito, una volta constatata la violazione delle disposizioni anti-Covid. Quanto ai controlli per chi entra ed esce dal nostro territorio il Consiglio federale ha invece compiuto un timido passo, che non risponde completamente alle richieste che come governo cantonale avevamo formulato a più riprese, ritenuto che un’elevata mobilità transfrontaliera è comunque uno degli elementi che contribuiscono alla diffusione del virus. Evidentemente la preoccupazione rimane». Prosegue Gobbi: «Come mi ha riferito nel pomeriggio (di ieri, ndr) il segretario di Stato della migrazione Mario Gattiker, l’autorità federale guarda anche come si muovono le cose a livello europeo e in particolare all’interno dello spazio Schengen: se la situazione dovesse peggiorare, potrebbero essere predisposti controlli alle frontiere come quelli attuati la scorsa primavera».
Il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta rimanda ogni considerazione a venerdì, giorno in cui è prevista una conferenza stampa per illustrare l’applicazione delle norme cantonali sui casi di rigore dopo il recente via libera in Gran Consiglio e i contenuti del decreto esecutivo elaborato dal Consiglio di Stato.
Durisch (Ps): ‘Ampliare i casi di rigore’
I casi di rigore, appunto. «La decisione del Consiglio federale di mettere a disposizione ulteriore denaro è nuovo ossigeno per le aziende in difficoltà – osserva il capogruppo del Ps in Gran Consiglio Ivo Durisch –. A questo punto il mio auspicio è che tra i casi di rigore, quindi tra i beneficiari degli aiuti, rientrino anche le aziende istituite dopo il marzo 2020 e quelle con una cifra d’affari sotto i 50mila franchi. Aiuti che se non giungono da Berna, spero arrivino dal Cantone». Ampliare dunque la casistica. L’auspicio di Durisch è condiviso anche dal liberale radicale Matteo Quadranti, già relatore in Gran Consiglio sul decreto legislativo e la legge riguardante i casi di rigore ticinesi: «Non si capisce infatti il senso del limite del primo marzo, visto che ci sono anche persone che prima di quella data avevano pianificato, firmato contratti o preso impegni per rilevare o aprire nuove società». Per Quadranti, il rafforzamento dell’arsenale finanziario deciso dal Consiglio federale «era un passo dovuto, visto che gli ordini di chiusura di determinate attività economiche sono giunti da Berna». Questi soldi «salveranno tante realtà e si tratta di ossigeno necessario, ma bisogna rendersi conto che sono mezzi di sostentamento che servono perché in un determinato periodo una persona, un’azienda, non ha avuto entrate. Non sono milioni dedicati al rilancio, servono alla sopravvivenza». È soddisfatto ma prudente, molto prudente, il presidente del Plr Alessandro Speziali. Lo è perché «sono milioni che servono, ripeto, e il Gran Consiglio sarà chiamato ad avallare il terzo della somma che è di competenza cantonale. Ma non hanno l’effetto leva che hanno gli investimenti. Anzi, vanno a pesare sulle finanze pubbliche compromettendo, in parte, alcuni investimenti futuri». Questo ossigeno, per Speziali, «ha un costo, non solo finanziario ma anche progettuale. Il campanello d’allarme sul futuro deve suonare ancora più forte, ed è ancora più impellente che la Gestione, nei sei mesi di tempo che si è data, inizi a pensare a misure per il rientro». Con il timore che «a un certo punto ci accorgeremo di questa ondata lunga a livello di salute delle finanze, e temo saranno dolori». Secondo il granconsigliere leghista Michele Guerra, che è anche membro della commissione parlamentare della Gestione, «in questo periodo di difficoltà è dovere dello Stato e di noi politici erogare i giusti aiuti all’economia e ai cittadini, ma occorre anche – e al più presto – un piano di rientro per ‘tirare la cinghia’ su quelle voci di spesa che non sono più prioritarie di fronte alla pandemia e alle sue conseguenze economico-finanziarie. Non dovessimo farlo, tra due o tre anni il governo si troverebbe obbligato ad aumentare a tutti tasse e imposte e questo significherebbe scaricare ancora sul cittadino, già tartassato da questa emergenza, il peso economico della pandemia. Detto ciò, ora avanti tutta con gli aiuti, che sono indispensabili». Quella giunta da Berna «era una notizia che circolava nell’aria, il fatto che questi fondi siano stati raddoppiati lo saluto con estremo piacere ed è una decisione doverosa: la situazione per l’economia ho paura che sia ancora peggiore di quella che immaginiamo», spiega da noi contattato il presidente del Ppd Fiorenzo Dadò. «Naturalmente – continua – siccome ci sono soldi in più bisogna valutare se ci sono settori che non sono ancora sostenuti, o poco, e allargare a loro l’intervento». Perché «bisogna aiutare tutte le persone e tutti i settori in difficoltà, l’obiettivo del Ppd è di non lasciare indietro nessuno, ma davvero nessuno». E in merito alle uscite, per Dadò «non si può non prestare un occhio anche a queste, se è vero che bisogna attutire il colpo è altrettanto vero che bisognerà colmare il buco che si crea: è evidente che un ragionamento va fatto, e ci aspettiamo dal governo una valutazione in questo senso». Aggiunge il capogruppo popolare democratico in Gran Consiglio Maurizio Agustoni: «Bisognerà verificare se nella ripartizione della quota che verrà messa a carico dei cantoni sia possibile istituire un meccanismo di solidarietà che tenga conto dell’impatto che ha avuto il coronavirus sulle singole economie cantonali. Sarebbe ingiusto che i cantoni maggiormente colpiti fossero anche quelli chiamati a contribuire in modo più importante».