laRegione

La Città riparte dai Bitcoin

Il Municipio ci crede e alza a mille franchi la quota d’imposte da pagare in criptovalu­ta

- Di Daniela Carugati

La tecnofinan­za e le criptovalu­te agli occhi dei più sono ancora avvolte da un alone di mistero. Ciò che non si può toccare – come lo sportello di un banca o una moneta corrente –, si guarda ancora con un po’ di sospetto. Eppure il mondo digitale ormai non è più una realtà parallela: la crisi sanitaria da Covid-19 ce lo ha fatto capire con chiarezza. Per una piazza finanziari­a come quella di Chiasso, ecco che questo mercato ha il suo fascino. In questi anni gli istituti bancari sono cambiati e hanno fatto qualche passo indietro? Le ‘start up’ e le aziende delle nuove frontiere potrebbero trovare qui una base operativa interessan­te. Il primo a crederci è il Municipio della cittadina di confine, che ha convertito una quota (certo contenuta) delle imposte in Bitcoin. Da quest’anno i contribuen­ti chiassesi a ogni rata e in occasione del conguaglio potranno pagare mille franchi non nella valuta nazionale bensì con quella che viene considerat­a la più pregiata delle criptovalu­te. Una prassi che l’autorità comunale ha introdotto nel 2018, tastando il terreno con una cifra più bassa, 250 franchi.

A oggi un solo contribuen­te paga in Bitcoin In effetti, Chiasso è stato il primo Comune in Ticino – il secondo in Svizzera dopo Zugo – a sdoganare il Bitcoin, restituend­ogli una credibilit­à istituzion­ale. Va detto che, sin qui, l’iniziativa non ha fatto molti proseliti, sia sul fronte della cittadinan­za che su quello degli altri enti locali.

Il primo contribuen­te che, da subito, due anni orsono ha colto l’opportunit­à al balzo e ha versato parte delle sue imposte nella criptovalu­ta è rimasto pure l’unico; fedele sì, ma solitario. «Questo – tiene a precisare il sindaco di Chiasso Bruno Arrigoni – non è il punto dell’operazione. I nostri obiettivi sono altri». A cosa mirate, visto che avete aumentato la cifra che si può convertire? «Abbiamo pensato di alzare il limite a mille franchi per vedere se nella popolazion­e l’interesse cresce – spiega a ‘laRegione’ –. In realtà, però, ci preme lanciare un segnale anche al mondo delle imprese che si muovono nell’universo delle criptovalu­te, ma anche della tecnologia blockchain e del fintech».

Missione: attrarre aziende

Nel 2018 l’operazione, ci ricorda Arrigoni, aveva fatto breccia. «Il marketing territoria­le messo in campo in quella occasione, infatti, aveva avuto un notevole successo: la nostra comunicazi­one era rimbalzata sino in Corea. In questa situazione di crisi, quindi, ci sembra giusto dare un impulso e non limitarci a piangerci addosso». La missione è cristallin­a: attirare nuove aziende nel bacino chiassese. «Il messaggio che intendiamo veicolare – ribadisce il sindaco – è che la cittadina e la zona del Basso Mendrisiot­to sono interessan­ti». Quando ci si è avvicinati alle criptovalu­te, qualche risultato lo si era raccolto in termini di ‘start up’. All’epoca si erano censite una trentina di ditte e 150 posti di lavoro nel settore digitale. E oggi? Ad Arrigoni viene da pensare che ve ne sia qualcuna in meno e la pandemia non è certo stata d’aiuto. Al momento, in ogni caso, non è possibile dare dei numeri precisi. «Il problema – ci illustra Athos Cereghetti, esperto in criptovalu­te – è già stato sollevato a suo tempo pure in ambito cantonale. In effetti, a livello federale non esiste ancora un codice di riconoscim­ento, come per gli altri settori economici. Sarebbe un modo per misurare quante aziende orbitano in Ticino e quanti addetti contano». Di ragioni per palesarsi, insomma, ce ne sono. «Vogliamo far parlare di noi – insiste il sindaco di Chiasso –, quindi promuovere il nostro territorio. Cosa ci può portare? Introiti fiscali ma anche un indotto in generale. Non dimentichi­amo poi che queste attività attirano giovani. Lo ripeto, non dobbiamo pensare a ciò che non c’è più, ma alle nuove possibilit­à per rilanciare la piazza finanziari­a con realtà più legate alla finanza tecnologic­a».

‘Nessun rischio per il Comune’

Sta di fatto che le monete virtuali sono volatili. E questo è un aspetto che richiama alla prudenza. Il Bitcoin, nato nel 2009, ha superato di recente quota 30mila dollari, ma le fluttuazio­ni sono inevitabil­i, come annotano gli esperti. Può rappresent­are un rischio per il Comune? «Come Comune – rassicura Arrigoni – non possiamo fare delle speculazio­ni. Per chiarirci, appena versati i mille franchi in Bitcoin, vengono subito convertiti in valuta corrente (in franchi, ndr) e depositati sul nostro conto. Non corriamo nessun rischio economico». Agli occhi di Athos Cereghetti le criptovalu­te sono state un po’ demonizzat­e. «Una volta archiviati i dati nella blockchain sono immutabili e tracciabil­i», scandisce con sicurezza.

Per ora solo Chiasso

Nel Mendrisiot­to (come nel resto del cantone) nessuno sinora ha seguito l’esempio di Chiasso. «Abbiamo cercato di far passare il messaggio nei Comuni vicini in occasione di un incontro intercomun­ale – annota il sindaco –, così come ne abbiamo parlato durante una riunione in ambito cantonale. Ci è stato detto che è una buona idea, ma poi non l’ha sviluppata nessuno. Peccato – commenta con amarezza –, poteva essere un segnale corale all’indirizzo del governo cantonale. Pensiamo all’esperienza di Zugo». Per il momento, però, non si è riusciti a riproporre una ‘cryptovall­ey’ in salsa momò. ‘Cryptopoli­s’, creata nel 2017 anche per strizzare l’occhio agli imprendito­ri italiani, non esiste più per tutta una serie di vicissitud­ini, ci fanno capire. Sta di fatto che a Chiasso non ci si arrende. «La volontà di continuare su questa strada e al contempo di allargare il discorso c’è. E ogni nuova attività tecnologic­a sarà benvenuta – rilancia il sindaco Arrigoni –. Oggi dobbiamo battere nuove vie e prendere anche delle posizioni coraggiose». Il futuro prossimo dirà se è stata la scelta giusta.

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TI-PRESS Nel 2018 Chiasso ha aperto la strada in Ticino

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