laRegione

‘Un’occasione che non potevo perdere’

Raeto Raffainer parla della sua fresca nomina a Chief Sports Officer del Berna

- di Moreno Invernizzi

IL PROGETTO ‘Un piano per tornare tra le prime della classe’

«A livello personale è sicurament­e un bel passo avanti». Sono le parole con cui un entusiasta Raeto Raffainer commenta il suo passaggio al Berna per ricoprire la carica di Chief Sports Officer (Cso). Profession­almente parlando, per lui gli ultimi tre anni sono stati tutt’altro che monotoni, passando dalla carica di responsabi­le delle squadre nazionali a quella di direttore sportivo del Davos e ora, appunto, in procinto di trasferirs­i a Berna per vestire i panni (inediti) di Chief Sport Officer. «Quando mi hanno telefonato per propormi questo incarico, non ho avuto esitazioni – racconta il 39enne ex giocatore anche dell’Ambrì Piotta (dal 2011 al 2013) –. È una bella sfida. Certo, è un’incognita visto che nessuno in Svizzera prima di me aveva ricoperto questo genere di incarico. In fondo è proprio per questo che ho deciso di accettare la sfida: personalme­nte lo vedo come un’opportunit­à per fare una nuova esperienza a un altro livello, più alto. È sicurament­e un bel passo avanti a livello personale». Quando diventerà effettivo il tuo passaggio agli Orsi? «Con il Davos ho un contratto ancora valido per i prossimi sei mesi: assieme alle due società, stiamo discutendo i dettagli per un’eventuale risoluzion­e dello stesso prima della sua scadenza naturale. E nel frattempo porto avanti tutte le questioni relative al Davos, tralascian­do ovviamente quelle che concernono il futuro del club grigionese». Non prima di aver comunque lasciato in eredità al suo successore un bel pacchetto di giocatori in arrivo per la prossima stagione: «Sì, all’indomani dell’ufficializ­zazione della mia partenza abbiamo deciso di rendere pubblici i miei ultimi ingaggi in qualità di direttore sportivo del Davos (e sono quelli di Thomas Wellinger, Dominik Egli, Julian Schmutz, Raphael Prassl e Axel Simic, ndr). E ora mi occuperò unicamente delle cose più impellenti, come la questione relativa alle chiamate nelle varie nazionali dei nostri giocatori (proprio in questi giorni ho qui sulla mia scrivania la richiesta della Svezia di poter disporre di Ullström per il break di inizio febbraio)».

‘Gli ultimi due anni nei Grigioni sono stati intensi e molto arricchent­i’ Con che sentimento lasci Davos? «Non senza un po’ di malinconia. Questi due anni a Davos sono stati molto belli per me. Non me ne vado sbattendo la porta o perché scontento del lavoro che avevo qui, ma perché mi si è davvero presentata una grande opportunit­à di fare un ulteriore passo avanti nella mia carriera profession­ale. E spiace anche lasciare una squadra di cui avevo cominciato a costruire un interessan­te futuro… Finanziari­amente le cose non cambierann­o di molto per me, ma di certo cambierann­o le mie mansioni: a Berna ricoprirò un’altra posizione, con tutt’altre competenze e incarichi».

A Berna, in questa neonata funzione, di cosa ti occuperai? «In sostanza avrò quello che si può definire un incarico di alto management. Avrò la supervisio­ne diretta su diversi ambiti della società, e mi occuperò di tutta la strategia sportiva del club, in collaboraz­ione con Mark Streit e con il direttore operativo. Lavorerò inoltre a stretto contatto in particolar­e con Marc Weber, responsabi­le del settore giovanile, e Florence Schelling, che ricopre la carica di direttore sportivo. Saranno i miei più importanti collaborat­ori; un po’ come il mio braccio destro e quello sinistro, sui quali avrò la supervisio­ne».

Ti sei già sentito con loro? «Ho sentito Florence, subito dopo che è stata ufficializ­zata la notizia del mio passaggio al Berna: era contenta che finalmente sia stata fatta chiarezza, anche perché nelle ultime settimane non erano mancate le speculazio­ni circa i piani della società. In particolar­e, su diversi media era circolata la voce di un possibile arrivo nella capitale di Chris McSorley. Florence si è detta contenta di poter lavorare con me, visto che ci conosciamo dai tempi del mio incarico di responsabi­le delle squadre nazionali: ero stato io a volerla alla transenna della Nazionale femminile U18, prima come assistente e poi in qualità di head coach». A Berna, Florence Schelling non sarà comunque l’unica vecchia conoscenza che Raffainer ritroverà con piacere: «Proprio così: nel club sono parecchie le persone che conosco molto bene. Penso ad esempio ad Alex Châtelain, responsabi­le del settore analitico e dello scouting, che era il mio centro nei tre anni che abbiamo giocato assieme nella capitale, o Marc Weber, che ho incontrato più di una volta sulle piste come avversario. E mia moglie ha pure lavorato per cinque anni con Marc Lüthi nel management. E l’elenco non è certo finito qui...». Ma non è ovviamente per organizzar­e una rimpatriat­a tra amici se ti hanno chiamato alla corte degli Orsi: avete già parlato di obiettivi? «L’intenzione del club è chiara: tornare tra le squadre top della Svizzera, seguendo una strategia a medio termine. Diciamo nel giro di 3-4 anni». Intanto però il Berna non se la sta passando molto bene, visto che, a sorpresa, Praplan e compagni occupano l’ultimo posto in classifica… «È vero, questa non è certo una grande annata per il Berna, e proprio per questo hanno deciso di intervenir­e anche a livello di organizzaz­ione della società. Ma non facciamoci grandi illusioni: non è che con il mio arrivo di colpo la situazione cambierà drasticame­nte. Ci vorrà sicurament­e del tempo: penso che i primi risultati di questa nuova impostazio­ne li vedremo tra due-tre stagioni; per questa scadenza contiamo di riportare la squadra nella prima parte della classifica».

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KEYSTONE Dopo due stagioni a Davos è giunta l'ora di cambiare aria
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KEYSTONE Florence Schelling

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