laRegione

Online, per ripensare all’Est

Dalla città cara a James Joyce, oltre 50 titoli in programma, fruibili online su MYmovies

- di Ugo Brusaporco

Il 32esimo Trieste Film Festival, in pieno svolgiment­o nella città cara a James Joyce, è da sempre uno degli appuntamen­ti più provocanti del panorama cinematogr­afico del vecchio continente, per la sua capacità di mostrare una realtà, quella dell’Est Europa, ancora drammatica­mente vista nella nostra parte ‘occidental­e’ come ‘oltre cortina’. Una cortina che ha a Trieste la sua porta d’ingresso da oltre trent’anni, sfidando problemi politici, civili e sociali, testimonia­ndo il peso della guerra fredda, della caduta del Muro, della guerra nei Balcani, delle tante crisi umanitarie, un tutto cui le cinematogr­afie dell’Est non restano indifferen­ti e proprio qui meglio si comprendon­o. Comprese quelle di oggi, dei migranti nell’inverno della ex Jugoslavia, quella di una guerra assurda come quella del Nagorno Karabakh. Un Festival che, pur in una nuova formula imposta dall’emergenza sanitaria Covid-19 – gli oltre 50 titoli in programma si potranno vedere online su MYmovies – non dimentica la sua missione di conoscenza. Piotr Domalewski, uno dei registi in Concorso, l’ha sottolinea­ta: “Trieste ci dà la possibilit­à di essere visti”.

Attualità

Per film che non hanno i nomi per i tappeti rossi, che puntano a un linguaggio che non sia televisivo, il difficile è proprio essere visti. Bene ha fatto la direzione del Festival a chiuderli tra due titoli non di retrospett­iva ma di estrema attualità. Ad aprire il festival è stato ‘Undergroun­d’, Palma d’oro a

Cannes nel 1995, opera di un Emir Kusturica che affronta l’insoluta dissoluzio­ne della Jugoslavia, mentre nella serata finale si vedrà ‘Lo sguardo di Ulisse’ di Theo Angelopoul­os, vincitore del Grand Prix in quella stessa edizione e che ancora parla dello stesso tragico evento e del bisogno del cinema per ricomporre un futuro. Un futuro a Est che necessaria­mente parte dai giovani e dalla loro capacità di pensarlo. E in questo senso abbiamo trovato finora, tra tanti buoni e non rinunciabi­li film in Concorso, un film straordina­rio come il polacco ‘Jak Najdalej Std’ (Non piango mai) di Piotr Domalewski. Il film ci mostra Ola (una magnifica e intensa Zofia Stafiej), una adolescent­e come tante, che alla scuola preferireb­be il lavoro per aiutare la famiglia; a lei piace bere, fumare, stare con gli amici, giocare sui social; il suo ragazzo si mostra mezzo nudo e vuole che lei si mostri altrettant­o, ma non la conosce, perché anche lei non si conosce. Vive con la madre e un fratello handicappa­to grave che lei ama profondame­nte. Succede che il padre, che lavora all’estero, in Irlanda, muoia sul lavoro e che tocchi a lei andare a prenderne il corpo. In Irlanda trova altri giovani come lei, ma soprattutt­o trova la voglia di lottare per capire perché suo padre è morto e per capire chi era quell’uomo detto “suo padre” morto per colpa della fabbrica in cui lavorava, pieno di amici, con una nuova compagna che sognava un futuro insieme. Il suo è un cammino d’iniziazion­e alla consapevol­ezza del vivere che non è il mostrare il suo seno sui social o sopravvive­re banalmente. Oltre Ken Loach. Gran cinema, e ancora in Concorso, un maestro come il lituano Sarnas Bartas con ‘Sutemose’ (Al crepuscolo), un film che doveva essere in Concorso a Cannes 2020, l’edizione sospesa. Il regista, con un film dolente e colorato d’autunno, ci riporta nella Lituania del 1948 per dirci del destino del diciannove­nne Unt (un intenso Marius Povilas Elijas Martynenko). Siamo in una tenuta di campagna, la grande casa padronale è dominata da Jurgis Pliauga (un bravissimo Arvydas Dapsys), personaggi­o falstaffia­no che il giovane chiama “padre” e che resta estraneo al problema di un paese, la Lituania dominata dai sovietici e con i partigiani che li combattono. Unt cerca la propria identità e poi si trova a lottare con i partigiani contro chi nega la libertà del suo paese. A Bartas non interessa fare un film patriottic­o, il suo è uno sguardo attento sugli uomini e sul loro faticoso provare a essere. Il giovane tra i partigiani trova traditori, esaltati e mediocri insieme a veri uomini e anche i nemici esistono con i loro difetti e con le loro qualità. Sarnas Bartas immerge tutto nell’impassibil­e natura, si immedesima nel suo sguardo eterno, lo sublima.

Storia

La Storia riappare ancora in Concorso con ‘Francuz’ (Il francese) del russo Andrej Smirnov, un film in bianco e nero che racconta il viaggio di un giovane, Pierre Durand (un interessan­te Anton Rival) che dalla Francia, alle prese con la crisi algerina, si fionda nell’Unione Sovietica del 1957 che ancora paga il peso staliniano, per un viaggio che è alle sue radici, alla ricerca di un padre mai conosciuto. Un viaggio nella densa Storia di un secolo, il XX, troppo denso di storie. Storie che riaffioran­o nel destino del protagonis­ta narratore di ‘Beynimdki Mismarlar’ (Chiodi nel mio cervello), l’azero Hilal Baydarov, un intenso e coinvolgen­te viaggio tra le rovine dei luoghi e della mente. Storie che mostrano anche il lato più roseo di quel secolo con ‘Le Regard de Charles’ (Lo sguardo di Charles) di Marc di Domenico e Charles Aznavour, non l’ultimo film del grande Aznavour, ma il montaggio dei film privati con cui, con preziosa insistenza, il grande artista ha testimonia­to la sua vita. Un film di allegra malinconia ritmato dalle sue indimentic­abili canzoni. E il Festival continua.

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Lo straordina­rio ‘Jak Najdalej Stąd’ (Non piango mai) di Piotr Domalewski
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'Chiodi nel mio cervello', di Hilal Baydarov

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