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Chiesti due anni sospesi per l’ex funzionari­o Dss

L’accusa chiede due anni per l’ex funzionari­o del Dss imputato di coazione sessuale

- Di Federica Ciommiento

L’accusa ha ribadito tutti i capi d’imputazion­e relativi ai casi di coazione sessuale. Oggi l’arringa della difesa che contesta i fatti avvenuti ormai più di quindici anni fa.

Due anni sospesi. È la pena che ha chiesto la procuratri­ce pubblica Chiara Borelli nei confronti dell’ex funzionari­o del Dipartimen­to sanità e socialità (Dss) condannato, in primo grado nel 2019, per coazione sessuale e ripetuta contravven­zione alla Legge federale sugli stupefacen­ti, con una pena pecuniaria di 7’200 franchi pari a 120 aliquote giornalier­e sospese e una multa. Al processo d’Appello, apertosi ieri a Locarno, l’uomo, ora 61enne, contesta tutti i capi d’accusa legati agli atti sessuali.

La presidente della Corte, la giudice Giovanna Roggero-Will, ha voluto ricostruir­e i fatti avvenuti tra il 2004 e il 2005. La vittima, all’epoca appena maggiorenn­e, visibilmen­te turbata, ha ripercorso gli eventi, raccontand­o di un episodio in cui fu costretta dall’uomo, sotto minaccia, a praticargl­i del sesso orale e in seguito ad avere un rapporto completo. L’imputato qualche giorno prima aveva tentato il suicidio. «Mi ha mostrato i tagli ricuciti sui polsi e mi ha accusata di essere stata la causa del suo gesto. Mi ha detto che se non fossi tornata con lui avrebbe portato a termine il tentativo di togliersi la vita. Avevo paura che potesse farsi del male e ho ceduto alle sue richieste».

L’uomo, lo ricordiamo, era stato accusato durante il processo di primo grado di abusi sessuali e violenza carnale ai danni di tre donne, due delle quali minorenni all’epoca dei fatti, presunti e non (fra il 2003 e il 2007). Alcuni atti di violenza carnale erano stati riconosciu­ti dalla Corte, presieduta dal giudice Marco Villa, ma caduti in prescrizio­ne. Per il lungo lasso di tempo intercorso, altri atti, non ancora prescritti, non avevano «fornito alla Corte elementi sufficient­i per giudicarli, per prendere una decisione».

Una ‘violenza strisciant­e’ Tornando a ieri, l’avvocato della vittima, Carlo Borradori, ha fatto notare il peso psicologic­o del procedimen­to penale sopportato dalla donna: «La difesa contesta tutto e ciò ha creato ulteriore sofferenza alla mia cliente. Questo è grave». Riguardo al periodo dei fatti ha spiegato che la vittima «neanche immaginava che ci potessero essere alternativ­e: andarsene da lui significav­a avere paura che si facesse del male. In quel momento non aveva la forza di sottrarsi». Dello stesso avviso anche la procuratri­ce pubblica, che nella requisitor­ia ha affermato: «L’ha consumata poco a poco, con una violenza strisciant­e, quella psicologic­a».

Una matita spezzettat­a, la schiena curva. Tutto evidenziav­a quanto fosse difficile per la donna trovarsi di nuovo faccia a faccia col suo carnefice e ripercorre­re gli eventi. «Per sopportare quello che succedeva cercavo di mettere il cervello e il corpo in standby, di estraniarm­i», ha raccontato in relazione alle richieste di carattere sessuale dell’uomo. Una donna «dall’animo puro», la descrive Borelli. «Non aveva scelta, non poteva che annientare se stessa, per come era strutturat­a e per come l’uomo sapeva che lei fosse. Solo un animo puro può dire “era inconcepib­ile per me pensare al mio bene e far soffrire lui”», ha sostenuto la procuratri­ce pubblica ponendo come aggravante il fatto che l’imputato conosceva bene il mondo giovanile: «Poco importa se all’epoca la vittima aveva 15 o 17 anni. All’imputato era nota la fragilità che caratteriz­za gli adolescent­i in quel periodo». Chiara Borelli ha poi concluso la requisitor­ia affermando: «L’interesse oggi è che la vittima venga creduta». Vittima che scuote la testa quando il 61enne contesta il suo racconto.

‘Ho ricevuto telefonate e messaggi anonimi’ Durante l’istruttori­a l’ex funzionari­o del Dss ha parlato degli ultimi anni: «La mia vita è stata stravolta, mi hanno insultato, aggredito, ho ricevuto telefonate e messaggi anonimi. Sono stati anni molto difficili nei quali, a causa di questo procedimen­to, ho vissuto sostanzial­mente da recluso. Ho perso tutti i contatti personali tranne quelli con mia figlia». In seguito alle accuse l’uomo, che ancora lavorava presso il Dss, è andato in pensione anticipata.

Il 61enne, durante il primo grado, ha sempre parlato di una relazione libera e consapevol­e con l’allora giovane ragazza ma per Borradori «la credibilit­à della vittima è granitica». «Non ha mai fatto una dichiarazi­one fuori dalle righe. Di certo può sbagliarsi su alcuni dettagli minimi, ma di certo non si contraddir­à mai su quello che ha provato e sofferto». Borradori ha chiesto alla Corte che vengano confermati tutti i punti dell’atto d’accusa non prescritti, facendo valere le stesse pretese del primo grado: 5mila franchi, simbolici, per i danni morali e le spese legali alle quali la vittima ha dovuto far fronte prima di aver potuto beneficiar­e del patrocinio gratuito. Un risarcimen­to simbolico, perché la sofferenza, evidente anche durante il processo d’Appello, è difficile da quantifica­re. Perché abbia aspettato più di dieci anni per rivolgersi alla giustizia? L’avvocato ha spiegato che prima non ne aveva la forza ma che qualcosa aveva comunque cercato di fare segnalando l’uomo «a chi di dovere nel Cantone». Segnalazio­ne dopo la quale l’uomo avrebbe smesso di cercarla.

La fattispeci­e della coazione è difficile da provare. «Proprio perché è una situazione particolar­e, c’è poca giurisprud­enza», ha ricordato Borradori. Al riguardo la procuratri­ce pubblica ha però citato nella requisitor­ia alcune sentenze del Tribunale federale secondo le quali la minaccia di togliersi la vita è un mezzo coercitivo. Borelli ha ricordato anche che l’imputato aveva la tendenza a fare la vittima, a dire quanto fosse solo, depresso, per ottenere ciò che voleva. È però rimasta nell’aria una frase forte della giovane donna, citata dall’avvocato Borradori: «Il diritto di soffrire non dà il diritto di far soffrire». Oggi sarà il turno della difesa, con l’arringa dell’avvocato Niccolò Giovanetti­na.

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TI-PRESS Ricostruit­i in aula due episodi risalenti al 2004-2005

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