Chiesti due anni sospesi per l’ex funzionario Dss
L’accusa chiede due anni per l’ex funzionario del Dss imputato di coazione sessuale
L’accusa ha ribadito tutti i capi d’imputazione relativi ai casi di coazione sessuale. Oggi l’arringa della difesa che contesta i fatti avvenuti ormai più di quindici anni fa.
Due anni sospesi. È la pena che ha chiesto la procuratrice pubblica Chiara Borelli nei confronti dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità (Dss) condannato, in primo grado nel 2019, per coazione sessuale e ripetuta contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti, con una pena pecuniaria di 7’200 franchi pari a 120 aliquote giornaliere sospese e una multa. Al processo d’Appello, apertosi ieri a Locarno, l’uomo, ora 61enne, contesta tutti i capi d’accusa legati agli atti sessuali.
La presidente della Corte, la giudice Giovanna Roggero-Will, ha voluto ricostruire i fatti avvenuti tra il 2004 e il 2005. La vittima, all’epoca appena maggiorenne, visibilmente turbata, ha ripercorso gli eventi, raccontando di un episodio in cui fu costretta dall’uomo, sotto minaccia, a praticargli del sesso orale e in seguito ad avere un rapporto completo. L’imputato qualche giorno prima aveva tentato il suicidio. «Mi ha mostrato i tagli ricuciti sui polsi e mi ha accusata di essere stata la causa del suo gesto. Mi ha detto che se non fossi tornata con lui avrebbe portato a termine il tentativo di togliersi la vita. Avevo paura che potesse farsi del male e ho ceduto alle sue richieste».
L’uomo, lo ricordiamo, era stato accusato durante il processo di primo grado di abusi sessuali e violenza carnale ai danni di tre donne, due delle quali minorenni all’epoca dei fatti, presunti e non (fra il 2003 e il 2007). Alcuni atti di violenza carnale erano stati riconosciuti dalla Corte, presieduta dal giudice Marco Villa, ma caduti in prescrizione. Per il lungo lasso di tempo intercorso, altri atti, non ancora prescritti, non avevano «fornito alla Corte elementi sufficienti per giudicarli, per prendere una decisione».
Una ‘violenza strisciante’ Tornando a ieri, l’avvocato della vittima, Carlo Borradori, ha fatto notare il peso psicologico del procedimento penale sopportato dalla donna: «La difesa contesta tutto e ciò ha creato ulteriore sofferenza alla mia cliente. Questo è grave». Riguardo al periodo dei fatti ha spiegato che la vittima «neanche immaginava che ci potessero essere alternative: andarsene da lui significava avere paura che si facesse del male. In quel momento non aveva la forza di sottrarsi». Dello stesso avviso anche la procuratrice pubblica, che nella requisitoria ha affermato: «L’ha consumata poco a poco, con una violenza strisciante, quella psicologica».
Una matita spezzettata, la schiena curva. Tutto evidenziava quanto fosse difficile per la donna trovarsi di nuovo faccia a faccia col suo carnefice e ripercorrere gli eventi. «Per sopportare quello che succedeva cercavo di mettere il cervello e il corpo in standby, di estraniarmi», ha raccontato in relazione alle richieste di carattere sessuale dell’uomo. Una donna «dall’animo puro», la descrive Borelli. «Non aveva scelta, non poteva che annientare se stessa, per come era strutturata e per come l’uomo sapeva che lei fosse. Solo un animo puro può dire “era inconcepibile per me pensare al mio bene e far soffrire lui”», ha sostenuto la procuratrice pubblica ponendo come aggravante il fatto che l’imputato conosceva bene il mondo giovanile: «Poco importa se all’epoca la vittima aveva 15 o 17 anni. All’imputato era nota la fragilità che caratterizza gli adolescenti in quel periodo». Chiara Borelli ha poi concluso la requisitoria affermando: «L’interesse oggi è che la vittima venga creduta». Vittima che scuote la testa quando il 61enne contesta il suo racconto.
‘Ho ricevuto telefonate e messaggi anonimi’ Durante l’istruttoria l’ex funzionario del Dss ha parlato degli ultimi anni: «La mia vita è stata stravolta, mi hanno insultato, aggredito, ho ricevuto telefonate e messaggi anonimi. Sono stati anni molto difficili nei quali, a causa di questo procedimento, ho vissuto sostanzialmente da recluso. Ho perso tutti i contatti personali tranne quelli con mia figlia». In seguito alle accuse l’uomo, che ancora lavorava presso il Dss, è andato in pensione anticipata.
Il 61enne, durante il primo grado, ha sempre parlato di una relazione libera e consapevole con l’allora giovane ragazza ma per Borradori «la credibilità della vittima è granitica». «Non ha mai fatto una dichiarazione fuori dalle righe. Di certo può sbagliarsi su alcuni dettagli minimi, ma di certo non si contraddirà mai su quello che ha provato e sofferto». Borradori ha chiesto alla Corte che vengano confermati tutti i punti dell’atto d’accusa non prescritti, facendo valere le stesse pretese del primo grado: 5mila franchi, simbolici, per i danni morali e le spese legali alle quali la vittima ha dovuto far fronte prima di aver potuto beneficiare del patrocinio gratuito. Un risarcimento simbolico, perché la sofferenza, evidente anche durante il processo d’Appello, è difficile da quantificare. Perché abbia aspettato più di dieci anni per rivolgersi alla giustizia? L’avvocato ha spiegato che prima non ne aveva la forza ma che qualcosa aveva comunque cercato di fare segnalando l’uomo «a chi di dovere nel Cantone». Segnalazione dopo la quale l’uomo avrebbe smesso di cercarla.
La fattispecie della coazione è difficile da provare. «Proprio perché è una situazione particolare, c’è poca giurisprudenza», ha ricordato Borradori. Al riguardo la procuratrice pubblica ha però citato nella requisitoria alcune sentenze del Tribunale federale secondo le quali la minaccia di togliersi la vita è un mezzo coercitivo. Borelli ha ricordato anche che l’imputato aveva la tendenza a fare la vittima, a dire quanto fosse solo, depresso, per ottenere ciò che voleva. È però rimasta nell’aria una frase forte della giovane donna, citata dall’avvocato Borradori: «Il diritto di soffrire non dà il diritto di far soffrire». Oggi sarà il turno della difesa, con l’arringa dell’avvocato Niccolò Giovanettina.