laRegione

‘Adesso basta, mobilitiam­oci’

Ghisletta (Vpod): ‘Le nostre rivendicaz­ioni non vanno avanti, la misura ora è colma’

- Di Jacopo Scarinci

“Ora basta, mobilitiam­oci!”. Il sindacato Vpod Ticino non le manda a dire e dà anche un appuntamen­to in piazza, se la situazione pandemica lo permetterà: sabato 29 maggio. “Le rivendicaz­ioni del personale sociosanit­ario non vanno avanti”, viene denunciato in una nota. E l’oggetto del contendere è “un inaccettab­ile schiaffo da parte del governo: la goccia che fa traboccare il vaso è la bocciatura della rivalutazi­one salariale del personale infermieri­stico dell’Organizzaz­ione sociopsich­iatrica cantonale (Osc), rivalutazi­one richiesta dalla Commission­e paritetica dello Stato”. Ma è arrivato uno stop, e non è il primo. «La misura non è colma, è più che colma. Siamo veramente arrabbiati» afferma a ‘laRegione’ il segretario di Vpod Ticino Raoul Ghisletta. Perché «non si muove nulla, è inutile. Sono anni che stiamo tentando di discutere le valutazion­i salariali col Cantone, coi Comuni, con le cliniche... ma è sempre tutto fermo, sempre tutto rimandato alle calende greche. Quest’ultima riguardo il personale dell’Osc è stata solo l’ultima delle brutte notizie».

La goccia che ha fatto traboccare il vaso Ghisletta ripercorre le tappe: «La Commission­e paritetica dello Stato ha accolto la proposta di aumentare di una classe salariale lo stipendio del personale sanitario attivo presso l’Organizzaz­ione sociopsich­iatrica. Dopo un grande lavoro, la valutazion­e analitica ha mostrato che la funzione era sottovalut­ata. Il Consiglio di Stato, davanti a questa analisi, ha detto che non si può procedere perché bisogna prima fare una discussion­e con tutto il settore sociosanit­ario. Questi sono motivi politici, non tecnici». Ma c’è di più, e non potrebbe essere altrimenti: il contesto della situazione pandemica non aiuta. Prosegue il segretario della Vpod: «L’arrabbiatu­ra è davvero alta anche perché ormai è quasi un anno che si parla giustament­e di queste donne e questi uomini sotto pressione, che vivono ogni giorno il rischio del contagio, che assicurano le loro prestazion­i. Il fatto che non venga riconosciu­to dal punto di vista salariale: è davvero il momento di cominciare a mostrare i denti, e di protestare».

Con l’appuntamen­to in piazza il 29 maggio, ma con un lavoro di preparazio­ne della manifestaz­ione che è già cominciato: «Abbiamo scritto a tutte le associazio­ni del settore per chiedere di fare una dimostrazi­one unitaria, da parte nostra cercheremo di svolgere delle riunioni web riguardo a tutti gli ambiti che riguardano il personale sociosanit­ario. L’obiettivo, ma è anche una necessità, è quello di canalizzar­e il movimento e la protesta in maniera costruttiv­a ma ferma. Se a fine maggio la situazione pandemica lo permetterà saremo in piazza, sennò rinvieremo a quando si potrà».

Le rivendicaz­ioni (già dal 2019)

Le rivendicaz­ioni della Vpod a livello cantonale sono state definite nel 2019: “Un contratto collettivo di lavoro unico per tutto il settore sociosanit­ario, l’aumento dei massimi salariali, una migliore conciliazi­one famiglia-lavoro, il pensioname­nto anticipato in tutto il settore, una migliore gestione dei problemi di esauriment­o, stress e burnout”. Ma non solo. La Vpod chiede anche “una migliore dotazione del personale curante e sociale, di garantire due giorni di libero consecutiv­i ogni settimana, che dovranno cadere di sabato e domenica almeno una volta ogni tre settimane, di eliminare la precarizza­zione economica dovuta al lavoro su chiamata, la messa al bando dello stile di gestione autoritari­o e verticisti­co, indagini indipenden­ti ed esaustive sul clima di lavoro con la pubblicazi­one dei risultati, indennizzi e ricollocam­enti del personale ingiustame­nte licenziato”. Infine, vengono richieste “protezioni più adeguate per il personale, in particolar­e in previsione di un’eventuale terza ondata pandemica”.

E sulle cliniche private...

Ma il problema, afferma dal canto suo con un comunicato il sindacalis­ta Vpod Stefano Testa, riguarda anche le cliniche private e le cose qui sembrano andare addirittur­a peggio: “Il contratto collettivo delle cliniche è fermo e immobile dal 2013. Purtroppo i datori di lavoro hanno sempre rifiutato ogni migliorame­nto e pertanto le condizioni di lavoro sono peggiorate rispetto al resto del personale impiegato nel settore sociosanit­ario ticinese (Case anziani ed Ente ospedalier­o cantonale in particolar­e). Una situazione sempre più inaccettab­ile”, denuncia il sindacato.

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TI-PRESS Il governo ha detto no all'aumento di una classe per il personale dell'Organizzaz­ione sociopsich­iatrica

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