La più grande performance inutile
Da oggi su www.masilugano.ch ‘Proiezioni inutili’, esposizione di Silvano Repetto
Pare una presa per i fondelli del mondo dell’arte e un po’, irresistibilmente, lo è. Ma mentre prende in giro l’arte contemporanea, Silvano Repetto allo stesso tempo la fa. Anche l’intervista rilasciataci per presentare le sue ‘Proiezioni inutili’, da sabato 30 gennaio in un Masi trasferitosi online, non è un’intervista, ma una performance artistica tout court, difficile da riportare senza rischiare di cadere – sebbene non sia di barzellette che si parla – nella spiegazione della barzelletta, una delle esperienze meno coinvolgenti prodotte dall’essere umano dopo il canto di Yoko Ono al MoMA di New York nell’estate del 2010. Ma faremo il possibile.
Garanzie
Nato nel 1968 a Mendrisio («Ma non sono da rinchiudere»), diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, Silvano Repetto è videoartista, pittore, fotografo, performer, produttore e regista – titolare di Ifduif Film, acronimo di Il Figlio Di Ubaldo Il Falegname – e art promoter. Ha portato, a ritroso dal 2020 al 2015, il suo ‘Respiro dell’arte’ a Genova, la videoinstallazione ‘L’ospite inatteso’ alla triennale di Milano, la performance ‘Io resto fuori’ alla ‘Documenta di Kassel’, quella intitolata ‘Esserci o non esserci’ all’Armony Show di New York, a Londra e al Museo d’arte di Mendrisio. Tutto ciò a garanzia di quanto si leggerà in seguito. Venendo a ‘Proiezioni inutili’, su visibili per la prima volta, sono in mostra le registrazioni video delle già note Performance inutili di Repetto, fruibili a oggi nella sola forma degli scatti fotografici (una trentina sono online) poi trasformati in serie di cartoline. Pensati per essere proiettati nelle sale del Masi e del Lac, i video sono accompagnati da testi informativi scaricabili. Fino al 28 febbraio 2021, data di chiusura della mostra, i canali social del Masi ospiteranno approfondimenti sull’artista e un dialogo online tra lo stesso e il critico d’arte Guglielmo Gigliotti.
Autoscatto
«Il giorno dopo la conferma della data d’inizio della mia mostra, Berset ha chiuso i musei. Il Masi mi ha chiamato rammaricandosi e io ho chiarito che per me era un favore: è una delle più grandi performance inutili di Silvano Repetto, forse la più grande, esporre in un museo senza che la gente possa entrare a vedere». Chi più di Repetto, d’altra parte, può dirsi calato nel contingente in un momento storico in cui la cultura pare inutile. Più ragionevolmente parlando, dietro la Performance inutile n. 1827 ‘Portare a cena un manichino a Tuttlingen’, per esempio, c’è del disagio umano almeno quanto esilarante solitudine esiste in ‘Giocare a nascondino da solo in un bosco della Svizzera centrale’, Performance inutile n. 4004 (in mostra in tutta la sua ecosostenibilità a pag. 20). «Mentre la realizzavo – spiega l’autore – un contadino mi segnalò alla polizia. Per fortuna intercedettero per me i curatori di un museo. Ma capisco la preoccupazione di un contadino che vede un tizio che resta mezz’ora dietro un albero, o nel bosco di notte a cercare funghi, con l’autoscatto».
Spaghetti
‘Cercare porcini di notte alle 3.40 del mattino, fuori stagione e completamente al buio’ è il titolo di uno dei dieci video che nessuno ha ancora visto e sui quali vi è embargo. I titoli si possono dire: ‘Cercare di alzare l’automobile con il Cric a un metro di distanza’, ‘Tagliare un enorme campo d’erba con il tagliaunghie’, ‘Forgiare il nulla’, ‘Fare il giro del mondo in 80 secondi (anche meno)’, ‘Tentare di svitare un bullone del 40 con la chiave del 13’, ‘Ascoltare il suono di un sasso’, ‘Bere la metà vuota del bicchiere’. E, naturalmente, ‘Andare ad allestire la propria mostra al Lac quando è chiuso per ordine del Governo Svizzero’. «È un gioco assolutamente non a scopo di lucro – spiega Repetto – perché la mia attività, da indipendente, è altra. È dal 1995 che produco Performance inutili e le ho mostrate soltanto negli ultimi anni». In mostra c'è anche «una delle mie performance più costose, raggiungere Ginevra con una padella con l’intenzione di riempirla sotto il Jet d’Eau per cucinare gli spaghetti. Ma c’era troppo vento e il getto d’acqua fu spento». Anche in questo caso si rese necessaria l’intercessione dell’incaricata di un museo di Ginevra per confermare l’affidabilità di Repetto. Extra mostra, ci sarebbe la copia di ‘Effetti collaterali’ di Woody Allen legata con l’elastico alle orecchie, in sostituzione della mascherina per entrare a Palazzo Ducale: «È successo a Genova. Avevo anche un libro di Fernando Pessoa, ma era troppo rigido. Perché il libro morbido si curva, mentre mattoni come quelli di Tolstoj cadono». Se la ride, Repetto, la cui inutilità è oggetto di pubblicazioni di storici dell’arte: «Mi dicono che sarò capito come minimo tra vent’anni e non mi dà fastidio, se non che potrei essere già morto. Al massimo ci vediamo dall’altra parte».
FRANCESCA BENINI Musei chiusi, valore simbolico
‘Proiezioni inutili’ è la prima mostra del Masi pensata interamente online. Francesca Benini, responsabile del progetto: «Un anno fa abbiamo studiato soluzioni per andare incontro alle sempre più crescenti limitazioni e le mostre pop up ci davano il vantaggio di essere più agili dal punto di vista dell’allestimento, a partire da quella del fotografo austriaco Lois Hechenblaikner». La scelta: «È molti anni che Silvano Repetto lavora con il tema dell’inutile, con questo progettare azioni che non potranno mai raggiungere l’obiettivo. La riflessione dell’utilità dell’inutilità esiste da tempo anche nell’arte e Silvano l’ha quasi esasperata». E aggiornata: «Sì, è la prima volta che filma le performance e, rispetto a quanto già si prova con le immagini, posso testimoniare che con l’aggiunta della ripresa in video quel misto di stupore e umorismo diventa quasi irritazione (sorride, ndr). Nulla si perde, ovviamente, della riflessione sull’iperproduttività cui siamo tutti un po’ sottoposti, io per prima».
A pochi giorni da una presa di posizione basilese di enti museali svizzeri, la richiesta di riaprire in nome della “salute mentale”, il pensiero di Benini: «Credo che il museo sia un luogo sicuro, e la riapertura è quel che ci auspichiamo tutti. È vero però che, essendo il museo un’istituzione, il rimanere chiusi ha anche un valore simbolico. Questa limitazione dei contatti è uno sforzo che si chiede all’individuo e non trovo del tutto sbagliato che noi si dia un segnale alla comunità».