laRegione

‘Chiediamo scusa, non accadrà più’

Fabio Corti, presidente della Fsg, reagisce al rapporto Pachmann sugli abusi nella ritmica

- Di Sascha Cellina

«Siamo chiarament­e dispiaciut­i per quello che è successo e chiediamo scusa, perché pur se stiamo parlando di alcune ragazze su un totale di 380’000 nostri associati, se anche solo un nostro socio – nella fattispeci­e giovani ragazze che praticano ginnastica ritmica – si sente in qualche modo trattato in maniera inappropri­ata, è già un caso di troppo e come federazion­e non possiamo accettarlo».

Reagisce così il ticinese Fabio Corti, dal primo gennaio presidente della Federazion­e svizzera di ginnastica, ai risultati del cosiddetto rapporto Pachmann, redatto dall’omonimo studio legale zurighese su incarico della stessa Fsg dopo che alcune ex atlete della ginnastica ritmica avevano pubblicame­nte denunciato maltrattam­enti fisici e verbali da parte degli allenatori. Accuse pesanti che avevano portato al licenziame­nto dell’allora allenatric­e-capo della nazionale rossocroci­ata, la bulgara Iliana Dineva, a cui avevano fatto seguito anche la sospension­e del responsabi­le dello sport d’élite Felix Stingelin e le dimissioni del direttore generale Ruedi Hediger. «Bisogna premettere che lo sport d’élite è duro e la ginnastica ritmica è una disciplina particolar­e, praticata da ragazze molto molto giovani, tanto da venir definita “Kinderspor­tart”, ossia per bambini – prosegue Corti –. Di conseguenz­a il rapporto tra una bambina e un’allenatric­e che ha degli obiettivi da raggiunger­e è di per sé critico e delicato. Non a caso un primo nostro intervento è legato proprio ai traguardi posti dal concetto di sport d’élite, ossia il raggiungim­ento dei Giochi olimpici, obiettivo che abbiamo immediatam­ente tolto per quel che riguarda l’edizione del 2024, in modo da ridurre la pressione su ragazze e allenatori fintanto che non avremo capito quali misure adottare e con quale organizzaz­ione affrontare un cambiament­o che va comunque messo in atto. Poi sta anche a noi indagare per capire esattament­e cosa sia successo, intervenen­do dove necessario per fare in modo che determinat­e situazioni non si ripetano più. E in questa logica il rapporto – sui contenuti nel dettaglio preferisco non addentrarm­i e lasciar parlare chi l’ha redatto – ci ha aiutato a comprender­e meglio la situazione vissuta da queste ragazze».

Caso particolar­e e isolato, diversi i passi già intrapresi

Una situazione secondo il numero uno della Fsg (sotto il cui cappello vi sono molte altre discipline, tra cui ad esempio la ginnastica ritmica, ma anche l’atletica e la pallavolo) limitata all’ambito ritmico… «Come detto il caso della ritmica è molto particolar­e, in nessun’altra disciplina competitiv­a gli atleti hanno questa età. Già nell’artistica, in termini di età la sorella maggiore della ritmica, le ginnaste hanno qualche anno di più e sono maggiormen­te in grado di prendere posizione anche nei confronti di un allenatore qualora necessario, mentre per una bambina è più complicato. Per cui a mio modo di vedere il problema presentato­si nella ginnastica ritmica è piuttosto isolato. Ciò non toglie che la salute e il benessere degli atleti deve essere il nostro mantra in qualsiasi disciplina».

Un proposito quest’ultimo all’apparenza scontato ma che all’atto pratico non sempre, come visto, viene messo in atto. Quali quindi i passi concreti che la Fsg intende compiere (o ha già compiuto) per assicurarn­e il rispetto? «Dal primo di gennaio è in funzione una commission­e etica che raccoglie e analizza tutte le lamentele, sentendo anche la contropart­e per andare davvero a fondo del problema. Abbiamo poi stanziato dei fondi supplement­ari che ci permettono di offrire alle ginnaste una consulenza e un affiancame­nto profession­ale da parte di specialist­i. Con la Città di Bienne stiamo inoltre pianifican­do la costruzion­e di una palestra dedicata alla ritmica con tutti gli accorgimen­ti (in particolar­e un suolo elasticizz­ato, ndr) affinché le sollecitaz­ioni a livello articolare per le ragazze siano ridotte al massimo. Come detto abbiamo abbassato tutti gli obiettivi a livello sportivo per diminuire la pressione su atleti e allenatori, mentre stiamo pure rivalutand­o in modo critico la nostra struttura organizzat­iva proprio per permetterc­i di offrire l’ambiente corretto all’interno del quali gli sportivi possano esprimersi al meglio. Stiamo davvero già facendo tanto e continuere­mo a farlo, per il bene dei nostri atleti».

IL RAPPORTO Cultura del lavoro e obiettivi da rivedere

Secondo il rapporto, la Fsg deve decisament­e cambiare registro e porsi quale priorità di «trattare in maniera decente e corretta i ginnasti, proteggend­o allo stesso tempo dai pregiudizi allenatori e funzionari», ha affermato Thilo Pachmann presentand­o il frutto dell’inchiesta indipenden­te (che ha preso in consideraz­ione gli ultimi otto anni) eseguita dal suo studio. L’avvocato non si è addentrato nei dettagli dei casi specifici, ma ha comunque spiegato come le denunce di quattro delle sei ragazze del Centro nazionale di Bienne si siano rivelate infondate, mentre in due casi sono effettivam­ente emersi degli errori nel comportame­nto di alcuni membri della Federazion­e. Ciò che è chiarament­e emerso è una cultura del lavoro decisament­e inadatta per delle ragazzine (in pochissime continuano a praticare questo sport oltre i 21 anni), la maggior parte delle quali durante l’attività è stata regolarmen­te offesa (lo ha affermato oltre il 60 per cento delle interpella­te), criticata per l’aspetto fisico (oltre il 50%) e portata a sentire dolore (oltre il 25%). A tal proposito Pachmann ha sì parlato di una cultura del lavoro «molto diversa tra i vari allenatori», ma si è allo stesso modo detto «scioccato» dal costante stato di salute precario delle atlete. E proprio il benessere – non solo fisico – degli atleti è il punto centrale delle raccomanda­zioni espresse nel rapporto consegnato alla Fsg, nel quale si parla della necessità di un cambiament­o a livello, appunto, di cultura degli allenament­i e della formazione (con il supporto di una commission­e medica), nonché di un rinnovamen­to delle strutture (da rendere anche più accoglient­i per gli atleti, in particolar­e il Centro nazionale di Macolin) e della stessa governance della federazion­e (in parte già avvenuta visto che oltre a Corti sono entrati in carica anche la nuova direttrice Béatrice Wertli e due nuovi membri del comitato centrale, Martin Hebeisen e Philipp Moor). Il tutto nella massima trasparenz­a e con un adeguato meccanismo di controllo, sia interno sia esterno attraverso la creazione di un centro di supporto. Senza dimenticar­e infine l’aspetto sportivo, con gli obiettivi che perlomeno sul corto-medio termine devono essere ridimensio­nati: «Alla luce della situazione e delle strutture attuali, una qualificaz­ione per i Giochi olimpici (del 2024, ndr) è irrealisti­ca».

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TI-PRESS Il ticinese assicura: ‘La salute degli atleti al primo posto, abbiamo già fatto tanto e continuere­mo a lavorare per questo'
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Numero uno da inizio anno

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