Una rete (d'acqua) per la vita
Numeri che invogliano a proseguire
I risultati sono molto incoraggianti. Nei cinque villaggi con accesso all’acqua potabile sono state 4 su 10 le famiglie che hanno presentato uno o più casi di diarrea, mentre nei quattro villaggi dove ancora l’acqua viene attinta dai pozzi sono state 7 su 10 ad averne sofferto. Ancora più marcato è l’effetto sui bambini al di sotto dei 5 anni, nei quali si è riscontrata una riduzione significativa dei casi di ben il 77,1%. “Questi benefici per la salute – commenta l’architetto Tritten – sono un primo indicatore della validità del progetto. Un altro vantaggio osservato è il fatto che i rubinetti installati presso i domicili sgravano dalla mansione del trasporto d’acqua dai pozzi affidata soprattutto a donne, ragazze e bambine. Viene risparmiato molto tempo per altre attività, e le allieve, ci dicono dal posto, sono più presenti a scuola. Alla luce di questi argomenti ci auguriamo di trovare i fondi per il previsto allacciamento degli altri quattro villaggi”.
Difficoltà e gioie di una piccola Ong
Il comune denominatore di tutti gli interventi della Ong luganese è il contributo allo sviluppo socio-economico dell’area con un particolare occhio di riguardo alla salute. I primi progetti della CEU sono stati proprio di tipo sanitario, poi col tempo le attività si sono espanse ad altri ambiti come quello agricolo, scolastico e idrico, sempre però seguendo richieste concrete da parte della popolazione locale, coinvolta attivamente in un’ottica di cooperazione e non assistenziale. “Fino a una decina d’anni fa – spiega Tritten – lavoravamo con un occidentale sul posto, poi abbiamo deciso di cambiare paradigma e far capo alle forze del luogo. Il progetto idrico è nato anche con questa componente di autonomizzazione del partner locale. In corso d’opera però ci siamo resi conto che non era possibile farlo al 100% e ora stiamo ripensando a come implementare questo aspetto. Il problema è che nell’équipe mancano persone con le necessarie competenze di tipo gestionale. Per noi è difficile trovarne perché i giovani laureati senegalesi vanno verso Ong più grandi o agenzie dell’Onu che hanno maggiore disponibilità economica. Bisogna tener conto che l’aiuto allo sviluppo è anche un business e le Ong possono entrare in competizione tra loro. Per noi che siamo una piccola realtà la difficoltà principale è proprio lavorare con le forze che abbiamo a disposizione. Ma andiamo avanti spinti dai risultati concreti e dall’accoglienza piena di gratitudine che ci riserva la gente sul posto, che sono certamente la soddisfazione più grande”.