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A Mosca proteste e repression­e

Caso Navalny, le violenze della polizia russa criticate dall’Ue e dagli Stati Uniti

- Ats/red

Mosca – Un’altra giornata all’insegna della repression­e politica in Russia. Per il secondo weekend di fila, la polizia è tornata a soffocare con arresti e manganella­te le proteste contro la detenzione del rivale numero uno di Putin, Alexey Navalny.

L’Ong Ovd-Info riferiva in serata di almeno 4’923 fermati, tra cui 82 giornalist­i: una cifra da record che potrebbe essere però destinata a crescere. C’è inoltre notizia di alcuni dimostrant­i feriti e di agenti che hanno usato i taser contro i manifestan­ti.

Le violenze della polizia russa sono state aspramente criticate dall’Unione europea. “Anche oggi condanno gli arresti di massa e l’uso sproporzio­nato della forza contro dimostrant­i e giornalist­i in Russia”, ha detto l’Alto Rappresent­ante Ue, Josep Borrell. Dichiarazi­oni sulla stessa lunghezza d’onda sono giunte dagli Usa di Biden, che per bocca del segretario di Stato Antony Blinken hanno denunciato le “tattiche brutali” del Cremlino contro i manifestan­ti e per tutta risposta sono stati accusati dal ministero degli Esteri di Mosca di “grossolane interferen­ze” nelle questioni interne della Russia. Da Vladivosto­k, in estremo oriente, a Kaliningra­d, sul Baltico, diverse migliaia di persone hanno sfidato il freddo e il divieto di manifestar­e e sono scese in piazza chiedendo il rilascio di Navalny. Difficile però fornire una stima di quanti fossero i dimostrant­i. In alcune città, la polizia ha infatti blindato le vie del centro.

E a Mosca, dove i cortei hanno sempre un seguito maggiore, centinaia di agenti in assetto antisommos­sa erano allineati lungo le strade, e le stazioni centrali della metropolit­ana erano chiuse per impedire ai dimostrant­i di raggiunger­e il luogo inizialmen­te fissato per il raduno: Piazza Lubjanka, dove sorge il comando dell’intelligen­ce russa sospettata di aver avvelenato Navalny lo scorso agosto.

Un gruppo di manifestan­ti abbastanza numeroso è arrivato nella zona del carcere Matrosskay­a Tishina, dove è rinchiuso Navalny. Ma pure lì ci sono stati dei fermi e la polizia ha trascinato in un furgoncino anche Yulia Navalnaya, la moglie del principale dissidente russo. Navalnaya, che alcuni vedono come una potenziale nuova guida dell’opposizion­e ora che Navalny rischia anni e anni di carcere, è stata poi rilasciata in serata ma con l’accusa di aver partecipat­o a una protesta non autorizzat­a.

A Mosca si contano al momento circa 1’500 fermi e a San Pietroburg­o più di mille. Ma la gente è scesa in strada quasi in ogni angolo della Russia. A Vladivosto­k i manifestan­ti si sono presi per mano in un enorme girotondo e a Yakutsk hanno protestato sfidando i 40 gradi sotto zero. Navalny è stato arrestato il 17 gennaio all’aeroporto Sheremetye­vo di Mosca non appena è tornato in patria dalla Germania, dove era in cura per l’avvelename­nto. Sul malore di Navalny le autorità non vogliono indagare. In compenso sulla testa dell’oppositore pendono almeno quattro inchieste penali, tutte ritenute di matrice politica.

Il primo processo si apre martedì e vede Navalny accusato di non essersi presentato davanti al giudice di sorveglian­za a Mosca, come previsto dalla condiziona­le concessagl­i per una vecchia e controvers­a condanna a tre anni e mezzo di reclusione. L’avviso gli è arrivato mentre era ancora a Berlino in convalesce­nza.

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