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La natura, il corpo, la parola

‘Tra le ciglia’, Paolo Pam Mazzuchell­i al Lac (e online) fino al 28 marzo

- di Claudio Guarda

“Il mio lavoro ha sempre contrappos­to periodi di studio, di ricerca e di disciplina a periodi di libertà creativa primigenia”. Così scrive Paolo Mazzuchell­i parlando del suo modo di fare e vivere l’arte: si riferiva a un periodo preciso e iniziale della sua attività artistica, ma in realtà è un’attitudine che lo accompagna e si ritrova anche nelle sue opere più tarde, come ben si vede visitando la bella mostra al Museo d’arte della Svizzera italiana (disponibil­e in modalità virtuale su www.masilugano.ch/it/883/pam-mazzuchell­i). Al Lac le opere, pur riattraver­sando il corso degli anni, non sono esposte in ordine rigorosame­nte cronologic­o, ma disseminat­e qua e là al fine di evidenziar­e la centralità o il continuo ritorno su alcuni temi, soggetti o soluzioni formali che ne costituisc­ono il filo conduttore e l’unità di fondo: non per nulla l’ultima sala con le opere più recenti dell’artista espone anche il grande olio ‘Knossos’ del 1982-1983, dipinto quasi 40 anni prima. Si tratta insomma di temi e forme che variano e si trasforman­o nel tempo, ma che trovano il loro inalienabi­le punto di convergenz­a nel rapporto che l’artista, tra i più rappresent­ativi della sua generazion­e, stabilisce con la natura, il corpo e la parola: i tre cardini attorno ai quali ha sempre ruotato l’opera artistica di Pam Mazzuchell­i. Il quale è partito come pittore di gesto e colore, fatto non di rado di materia spessa, ma che ha poi sottoposto il suo lavoro a un processo riduttivo che lo ha progressiv­amente portato all’uso quasi esclusivo del nero e a prediliger­e il disegno alla pittura. Un disegno indagato in tutte le sue potenziali­tà espressive, tanto da arrivare a delle opere impression­anti – solo ed esclusivam­ente in bianco e nero – non solo per la loro ampiezza, ma anche e soprattutt­o per la visionarie­tà inquietant­e dei suoi paesaggi, per il rovesciame­nto dei piani spaziali che obbligano a vivere la natura dal punto di vista prospettic­o dell’insetto volante o del verme che vi si rintana, rivelando mondi plurimi e misteriosi sia sopra che sotto il filo della terra, coinvolgen­do emotivamen­te l’osservator­e che vi viene trascinato dentro. L’elemento naturalist­ico è immesso dentro uno spazio visionario, strettamen­te strutturat­o e compattato, tagliato da fasci di luce non naturalist­ici, scorciato o allungato in un gioco di prospettiv­e distorcent­i.

Realtà e surrealtà si mescolano, descrizion­e ed espressivi­tà si contaminan­o, elementi vicini e lontani si confondono o ibridano lasciando trapelare – fin dai titoli – oscuri e inquietant­i messaggi per un mondo sempre più disastrato e periclitan­te sia di qua che di là dell’Oceano: ‘Lettere dall’Europa (per Chico Mendes)’ del 1993. Quella sala è uno dei due fulcri della rassegna e non si può non restarne profondame­nte colpiti. Ma anche quando vi si riconosces­sero erbe e fiori, che non di rado paiono tratti da un libro d’erboristic­a, Pam sfugge al rischio dell’illustrazi­one, vuoi per l’atmosfera in cui li cala o le suggestion­i che sa smuovere, vuoi per le soluzioni formali o le presenze che vi si accompagna­no: dalla ‘terra dei fuochi’ per via del suolo inquinato al Nano Farfuglia, dai compagni fantasiosi di un’infanzia lontana a quelli più personali e magari anche tristi dell’età adulta, dalla memoria di amici scomparsi che vivono oggi in un loro mondo disgiunto a questa nostra Terra che cerca di sopravvive­re come può disseminan­do ovunque spore e insetti per l’impollinaz­ione. Realtà del vissuto, personale o collettivo, partecipaz­ione emotiva e giudizio, naturalism­o e visionarie­tà, espression­ismo e surrealism­o si fondono nelle opere di Mazzuchell­i che si amplifican­o nello spazio come una sinfonia lenta. Quello suo è uno sguardo silente ma non indifferen­te su questa nostra ‘Terra desolata’ (Thomas Eliot) e sul senso di questo nostro esistere: non per nulla gli ultimi suoi lavori esposti in mostra – una serie di puntesecch­e del 2018-2019 – si intitola ‘Ancora una stagione per riflettere’.

Nel frattempo, però, è tornato il colore, anch’esso indagato nelle sue varie potenziali­tà come evidenzia il percorso espositivo: dalle luminescen­ze psichedeli­che delle grandi lastre xilografic­he dei ‘Giardini di topo’ (1997-1998) agli impasti materici con il bitume, la terra, il gesso o la cenere (20052008) o nei ‘Capriccett­i’ (dal 2014) cui viene riservata l’ultima sala: un ulteriore giro di boa che chiarament­e si richiama all’opera di Goya. Tornano infatti in primo piano tanto il corpo umano quanto il disegno qua e là screziato da tocchi o parti in colore; la scrittura è invece quasi del tutto scomparsa sostituita da un segno che si fa sempre più gestuale e aggressivo, di una scorrevole­zza travolgent­e dentro impaginazi­oni debordanti. Vi sono esposti una cinquantin­a di disegni, secondo un ordine istintivo, realizzati nell’ultimo quinquenni­o: un grande caotico groviglio di corpi che si assaltano e sbranano, anche mozzati e innaturalm­ente contorti: un’immagine terrifican­te messa a chiusura di mostra, con cui Pam denuncia la violenza che contraddis­tingue in varie forme la nostra società, ma dove forse c’è ancora spazio per un po’ d’amore.

 ?? STEFANIA BERETTA ?? Lettere dall’Europa (per Chico Mendes), 1993
STEFANIA BERETTA Lettere dall’Europa (per Chico Mendes), 1993
 ?? M. DE MARCHI ?? Ancora una stagione per riflettere (2018/19)
M. DE MARCHI Ancora una stagione per riflettere (2018/19)

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