Storia di un mancato dialogo
Storia di un mancato dialogo
Familiari curanti, educatori e operatori degli istituti hanno vissuto in questi mesi il disagio dei loro figli e utenti. Per questi ultimi la perdita di competenze e autonomie ha avuto ripercussioni sullo stato di salute sia fisica che mentale. Mia figlia Valeria, 28 anni, ha la sindrome di Down e importanti disturbi dello spettro autistico. Valeria non parla o forse sarebbe meglio dire che “non utilizza un linguaggio verbale per comunicare”. Valeria comunica i suoi stati d’animo, le sue voglie, le sue sofferenze, il suo benessere, attraverso il suo sorriso e l’espressione dei suoi occhi. Attraverso le azioni, le relazioni sociali, i contatti con le persone comunica quello cha ama fare. Cose semplici che le permettono di acquisire le competenze e l’autonomia necessaria per farla stare bene sia con sé stessa che con gli altri. Cose semplici, come andare a fare la spesa, prendere il bus sotto casa, attività di economia domestica, fare la raccolta differenziata… piccole autonomie e competenze acquisite in anni di costante lavoro da parte di operatori, educatori, genitori, familiari ed amici.
Un lavoro di rete, fondato sulle relazioni sociali e sui contatti quotidiani con le persone. Le restrizioni dovute al Covid hanno di fatto tolto a Valeria tutti gli strumenti e le azioni necessari al suo benessere. Una situazione “inspiegabile” per Valeria che da un momento all’altro si è vista negare azioni e situazioni proprio da coloro che in tutti questi anni l’hanno aiutata a raggiungere quei traguardi che fino a quel momento la facevano stare bene. Una situazione che già in marzo, dopo poche settimane dall’entrata in vigore delle restrizioni, ha fatto riemergere in Valeria stereotipi e comportamenti che tutti noi, genitori ed educatori, dopo anni di costante lavoro pensavamo sopiti e che mai avremmo immaginato potessero riapparire in un lasso di tempo così breve. Disturbi del comportamento, autolesionismo, disturbi importanti del sonno, disturbi alimentari, irrequietezza generale, apatia, urla e momenti di pianto durante la giornata sono riemersi generando ansie ed evidenti stati depressivi. Una situazione che nessun vaccino può curare né risolvere ma che sicuramente può almeno aiutarla a riprendere una vita sociale fatta di contatti, relazioni, mantenimento delle competenze; elementi di fondamentale importanza per la sua salute. Valeria gode di ottima salute, probabilmente non si ammalerà di Covid, ma non possiamo permettere che i mancati interventi socio-educativi a causa del Covid continuino a perdurare per un tempo indeterminato. La carenza dei vaccini è un dato di fatto, ma la cosa che più ci preoccupa è l’incertezza e l’indeterminatezza dei tempi di intervento, la mancanza di prospettive chiare per un settore già troppo toccato dalle restrizioni. L’aspetto che le autorità Federali prima e a seguire quelle Cantonali non hanno considerato nel definire le priorità è che le criticità nel settore dei disabili non sono da ricercare unicamente nella cronicità o meno della diagnosi di una malattia. Vi sono persone disabili con uno stato di salute che, in rapporto al Covid, sono più a rischio, ma per molte di loro stare in salute significa garantirgli aiuti socio-educativi, contatti umani e relazioni sociali. Anni di dialogo, condivisione, di patti educativi tra scuola, famiglia, istituzioni, autorità hanno tracciato la strada da percorrere per una società più inclusiva, una società in grado di garantire pari opportunità alle persone più fragili. L’aspetto che come cittadino e genitore non riesco a comprendere, è constatare come le autorità, proprio in una situazione così delicata, abbiano trascurato di interpellare chi da quasi un anno sta vivendo e affrontando da vicino le criticità, il forte disagio e i bisogni di queste persone. Voglio pensare che questa mancanza di dialogo e di condivisione sia frutto di un contesto complesso e non di una perdita di visione, di prospettive nei confronti di un mondo, quello dei diversamente abili, che tocca ognuno di noi. Siamo convinti che il Consiglio di Stato Ticinese abbia in realtà ulteriori margini per applicare in maniera meno dogmatica le indicazioni federali o perlomeno, come fatto più volte per altri temi in questi mesi, esprimere pubblicamente la propria richiesta alla Confederazione di adattare le indicazioni nazionali. Ci rendiamo conto di quanto sia complesso trovare soluzioni adeguate al contesto attuale, ed è per questo che auspico che le autorità Cantonali accolgano con favore il nostro invito, inoltrato a più riprese, a discutere in merito alle criticità che le restrizioni comportano e definire tempistiche e priorità di intervento per le persone disabili.