Il governo Draghi sempre più vicino
Dialogo con i partiti fino a domani. Il sostegno di Conte sta convincendo M5S.
Non è un coro di sì, ma poco ci manca, per Mario Draghi. I pesi piuma, incontrati nelle consultazioni di ieri, hanno tutti dato massimo sostegno a un governo capeggiato dall’ex presidente della Bce. Tra i pesi massimi a dire un secco “no” a Draghi non c’è ancora nessuno (c’è un peso medio, Fratelli d’Italia). Il Partito Democratico aveva anticipato i tempi mostrando entusiasmo fin dalla scelta del nome fatta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, più o meno lo stesso è avvenuto con Forza Italia.
In zona Cinquestelle siamo al “ni”, ma sempre più orientati verso il sì dopo il messaggio di grande apertura a Draghi fatto dal premier uscente Giuseppe Conte (“Io non sarò d’ostacolo. I sabotatori stanno altrove”). Anche l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, esponente di spicco di M5S, dice che è arrivato “il momento della responsabilità”. Nel movimento fanno eco in molti, tra questi il sindaco di Roma Virginia Raggi. Nella Capitale, ieri sera, è arrivato anche il fondatore Beppe Grillo. Insomma, tutto lascia intendere che l’appoggio ci sarà.
A creare scompiglio, come spesso accade, è il leader della Lega Matteo Salvini, che non si mette di traverso, ma manda un messaggio chiaro: “Draghi deve scegliere se governare con noi o con i Cinquestelle. Abbiamo programmi opposti”. I primi a rispondergli sono stati esponenti del Pd, che hanno chiuso la porta alla Lega. I conti si tireranno solo alla fine, ma Salvini potrebbe anche giocare a fare il finto responsabile, del tipo “io ci sto, ma solo alle mie condizioni”, sapendo che quelle condizioni difficilmente ci saranno. È un’ottima tattica per poi ricominciare a sbraitare con quella che sembra – o perlomeno si vuol far passare – per una buona scusa. A provare a mettere dei punti fermi sono comunque un po’ tutti, per i Cinquestelle la linea da non oltrepassare è il reddito di cittadinanza, fortemente voluto e difeso dal movimento. L’unico obiettivo comune dei partiti pare sia quello di ottenere da Draghi un governo politico, vale a dire un esecutivo formato da esponenti dei partiti e non i cosiddetti tecnici. Su questo ancora non è chiaro quanto sia intenzionato a concedere Draghi, che potrebbe adottare una formula mista, già usata in passato da Carlo Azeglio Ciampi, lasciando a uomini o donne di sua fiducia estranei alle dinamiche di partito solo alcuni ministeri chiave. E se non tutti i partiti si scaldano per la nomina di Draghi, a farlo sono state le istituzioni europee e i mercati, con l’endorsement del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il felice andamento dello spread – sceso di colpo di diversi punti – andati di pari passo.