I passaggi per avere un nuovo esecutivo
Le consultazioni non sono fissate nella Costituzione, ma sono ormai una consuetudine a cui pare impossibile rinunciare. Il primo giro lo tiene il presidente della Repubblica prima di nominare un presidente del Consiglio (particolarmente importanti sono quelle post-elezioni, in cui i partiti scoprono le carte), si annusa l’aria che tira in Parlamento e di conseguenza arriva il cosiddetto mandato esplorativo. Può essere dato direttamente al premier designato oppure – in situazioni particolarmente delicate – a un altro membro delle istituzioni, solitamente il presidente del Senato o della Camera: è accaduto negli ultimi giorni con Roberto Fico, che ha sondato i vari gruppi per capire se ci fosse ancora uno spazio per un terzo governo Conte.
Draghi ha iniziato il giro di consultazioni, come da copione, con i piccoli e piccolissimi partiti, tra cui quelli delle minoranze, con pochissimi parlamentari, in quanto espressioni di realtà regionali e locali (Val d’Aosta e Alto Adige in primis). Il coefficiente di difficoltà e i minuti o le ore passate a discutere solitamente si alzano con l’aumento del peso del partito. Non c’è una durata prefissata, possono bastare due-tre giorni, a volte sono stati di più. Se c’è coesione tra partiti, quelli della medesima area vengono convocati insieme, altrimenti, come accade questa volta con il centrodestra si va in ordine sparso.
Solo alla fine delle consultazioni il premier scioglie la riserva e decide se abbandonare il campo oppure presentare al capo dello Stato la propria lista di ministri. Nel primo caso il presidente della Repubblica ha tre strade: affidare il pre-incarico a un’altra persona, sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, oppure recuperare il governo dimissionario e mandarlo in Parlamento per affrontare la prova della fiducia.
In caso positivo, viene consegnata la lista dei ministri a cui il presidente può porre obiezioni (celebre fu il rifiuto al nome del poi pluricondannato Cesare Previti al ministero della Giustizia, proposto da Berlusconi e rimandato al mittente da Oscar Luigi Scalfaro). Dopo il via libera del presidente c’è il giuramento al Quirinale, il primo consiglio dei Ministri e il rito della campanella, consegnata dal premier uscente al suo successore. Ultimo passaggio resta quello della fiducia in aula, con voto palese e nominale. L’ideale è ottenere la maggioranza assoluta, ovvero metà più uno degli eletti, ma il governo nasce anche con la maggioranza semplice, ossia con la metà più uno dei votanti.