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‘Servono scenari per le riaperture’

Alessandro Speziali: ‘Superare i lockdown, non solo per l’economia ma per tutta la società’

- Di Jacopo Scarinci

«Dal Consiglio federale manca una strategia d’uscita. Non solo per l’economia, ma anche per la società. Servono scenari per le riaperture». È questo l’appello lanciato direzione Berna dal presidente del Partito liberale radicale Alessandro Speziali ieri sera, durante la riunione del Comitato cantonale via web. Una strategia d’uscita che è necessaria perché «abbiamo bisogno di prospettiv­e, che sono importanti per le aziende, ma anche per le persone in carne e ossa. La politica federale però – annota Speziali – non sa darci ancora un orizzonte temporale certo. E questa mancanza di prospettiv­e crea incertezze e paure». L’insofferen­za «diffusa a livello internazio­nale» per questi lockdown o semi-lockdown, per il presidente del Plr «non è presente solo tra negazionis­ti e complottis­ti, ma pervade sempre di più la società. L’insicurezz­a per il posto di lavoro mina la propria autonomia finanziari­a e quindi la fiducia nel futuro, e questo comporta pressione psicologic­a, ansie, paure. Aumentano le percentual­i di chi soffre di depression­e, una malattia che non si debella con una risata liberatori­a».

‘Finiamola con la caccia alle streghe’

Che fare, quindi? Speziali sposa la tesi del filosofo tedesco Markus Gabriel il quale «ha ammonito che la politica deve concentrar­si su come tornare il prima possibile alla vita sociale e alla sua normalizza­zione, dove alla salvaguard­ia della salute si legano le esigenze dello sviluppo individual­e, culturale e sociale. Dobbiamo liberarci dell’atmosfera accusatori­a e di caccia alle streghe». Gli scenari per una riapertura delle attività, non solo economiche ma anche culturali, devono insomma «essere pianificat­i». Perché, riprende il presidente liberale radicale, «la scienza non appartiene solo ad alcuni medici, occorre la cooperazio­ne di tutti i saperi e di tutte le scienze affinché si possa pianificar­e il futuro. Che non potrà di nuovo cadere come un castello di carte al prossimo aumento dei contagi. Ribadire il ruolo dell’economia non è avidità, ma avere consapevol­ezza».

‘Impensabil­i chiusure oltre febbraio’

Con questo, Speziali assicura e scandisce: «Relativizz­are l’assolutezz­a degli esperti della salute fisica non significa minimizzar­e la scienza, ma aumentare le scienze che ispirano la politica, con una pluralità di prospettiv­e, per convincere la gente che non servono solo i divieti e le ordinanze, o ancora le multe». Bensì, «servono regole ragionevol­i di convivenza con il virus, anche con le aperture. In questo senso, un lockdown di cui non si vede la fine non serve a nulla, è controprod­ucente. Questa è una politica rigida, paralizzat­a, sempre meno compresa dalla popolazion­e. E non possiamo permetterc­i che i cittadini non si identifich­ino con le proprie istituzion­i». E quindi arriva la staffilata al consiglier­e federale Alain Berset: «Se aprire prima della fine di febbraio non è realistico, non è nemmeno pensabile protrarre le chiusure in tanti settori dopo febbraio. Il rischio sarebbe di ammalare la società di mali altrettant­o pericolosi. O forse ancor più pericolosi».

I giovani particolar­mente colpiti

Perché per Speziali c’è «un allarme silenzioso, che segnala problemi sempre più evidenti tra i nostri giovani». Un allarme che riguarda «lacune scolastich­e e gli apprendist­ati che preoccupan­o», gli ospedali e le cliniche che «in tutta la Svizzera si stanno riempiendo di ragazze e ragazzi, perché la società chiusa e intermitte­nte ha l’insidia di acuire patologie fisiche e psichiche. Aumentano i tentativi di suicidio, aumenta anche l’abuso di psicomedic­inali, così come cresce la violenza da frustrazio­ne». I problemi si moltiplica­no, per il presidente del Plr. Perché «le denunce di abusi su minori raggiungon­o numeri mai registrati, durante i confinamen­ti le cifre sono salite a livelli record. Un giovane su tre che vive problemi gravi. Come detto e scritto più volte, a pagare di più l’onda lunga della pandemia sono i giovani». Ma non solo: «Il discorso tocca sempre più persone di varie età. Le statistich­e del virus non concernono solo le ospedalizz­azioni e i contagi, ma c’è molto altro». Infatti, rimarca Speziali, «l’Università di Losanna dallo scorso giugno sta analizzand­o le conseguenz­e di questo mondo disincarna­to, sempre più virtuale, dove distanziam­ento e mascherine sono fondamenta­li ma hanno conseguenz­e. La salute del corpo biologico è più visibile, la degradazio­ne della salute mentale, relazional­e e spirituale invece è meno appariscen­te. Ma non per questo le sofferenze sono minori». E a sostegno prende in prestito quanto dichiarato dal sociologo Sandro Cattacin: «È molto pertinente. Dice che per troppo tempo al centro del dibattito politico c’è stato un modello bio-medicale che esclude il vero concetto di salute pubblica, e che abbiamo parlato tanto della malattia e poco del malato».

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TI-PRESS Il presidente liberale radicale: ‘La mancanza di prospettiv­e crea paure’

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