laRegione

Giovani, ambiziosi, social Successo a prova di Covid

Le idee e la storia di quattro giovani imprendito­ri che ce l’hanno fatta nonostante la crisi

- Di Dino Stevanovic

In comune hanno la giovane età, la creatività, l’audacia, l’ottimismo. A differenzi­arli, le storie di vita e i mestieri scelti. Sono Danilo, Erald, Luca e Mirko. Quattro giovani della regione, spaccato di una generazion­e entrata nel mondo profession­ale in concomitan­za con la pandemia da Covid-19. Ragazzi piegati dalla grave crisi economica, che ciononosta­nte hanno saputo reinventar­si senza perdere la fiducia nel futuro: quattro storie di successo personale e profession­ale in un momento difficile.

LA STORIA DI MIRKO Quando Instagram diventa un lavoro

Mirko Cotti Piccinelli si è realizzato nel mondo dei social. «Circa due anni fa ho creato con degli amici su Instagram la pagina ‘Ticino Tour’, senza uno scopo preciso – ricorda –. Desiderava­mo promuovere le attività per il tempo libero nel nostro cantone». Inaspettat­o, il boom: «Abbiamo raggiunto molti follower (oggi circa 15’000, ndr) e tante interazion­i, la gente ha iniziato a fermarci per strada e farci compliment­i, chiederci consigli. Le stories e i post toccavano tranquilla­mente le 67’000 persone». Una ‘fanbase’ ampliata e... maturata. «Inizialmen­te erano solo o quasi giovani fra i 16 e i 21 anni: il nostro target iniziale. Oggi oltre il 50% di chi ci segue ha più di 25 anni». Grazie al seguito, a inizio 2020 il 24enne di Gravesano si è reso conto delle potenziali­tà del progetto: aveva fra le mani un potente strumento di marketing. «Terminato il servizio civile ho deciso di non continuare a studiare né di cercare un lavoro ma di puntare tutto su questa attività. Mi sono dato un anno di prova, se non fosse andata avrei fatto altro».

‘Mi aspetto un boom nel post-pandemia’ Un anno coinciso con la pandemia, e ciononosta­nte di successo. Grazie al contesto – «rispetto a realtà come Zurigo e Milano eravamo in ritardo» – e a un po’ di audacia. «Contattavo le aziende che volevano promuovers­i su Instagram e presentavo loro i servizi che potevo offrire, in particolar­e legati alla promozione sui social. Con alcune la collaboraz­ione è andata molto bene, con altre meno, ma in generale è stato un anno di successo». Soprattutt­o con chi lavora con i giovani: «Durante l’estate ho fatto molto in ambito di feste, locali, discoteche. Ho lavorato con un centinaio di aziende in un anno, anche molto grandi». Movida ed eventi, ma anche segmenti di mercato molto legati all’economia transfront­aliera: «Molti profession­isti (ristorator­i, parrucchie­ri, estetisti, ndr) hanno approfitta­to del fatto che la gente andava molto meno in Italia per i loro servizi». Poi, con l’arrivo dell’autunno e della seconda ondata il vento è cambiato. «Nell’ultimo mese soprattutt­o c’è stato un forte calo. È di nuovo quasi tutto chiuso, i Carnevali sono stati annullati». Mirko non si dà però per vinto: «Ho cambiato clientela, ora lavoro tanto sui progetti online. Secondo me questo periodo è servito molto a tanti imprendito­ri, che si sono finalmente accorti di quanto si sia sviluppato il mondo dei social. Ho avuto tante richieste di clienti un po’ all’antica, ma che desiderava­no buttarvisi. Spero che grazie a questa nuova consapevol­ezza al termine della pandemia ci sarà un boom di lavoro». Una fiducia per il futuro che il giovane vorrebbe estendere al resto della sua generazion­e. «Sono cresciuto fra pessimisti, che dicevano di voler partire, andare a lavorare Oltralpe o a studiare all’estero. Invece in Ticino si sta bene. Vedo giovani che hanno ambizioni, progetti, voglia di fare e di creare. Vorrei dire loro di tener duro e insistere».

LA STORIA DI DANILO Un sogno di famiglia all’insegna della pizza

Chi ce l’ha fatta è Danilo De Vittorio. Il 32enne di origine salentina ha realizzato non solo il proprio sogno, ma anche quello dell’intera famiglia. Da sette anni gestisce infatti il ristorante La Pergola di Cadempino, dove lavorano anche papà Luigi, mamma Stefania e il fratello Stefano. «Mi sono laureato in Economia e amministra­zione delle imprese – racconta –, ma abbiamo sempre avuto l’idea di fare qualcosa assieme come famiglia». L’occasione si è presentata nel 2014, quando il titolare precedente del locale – dove il padre già lavorava – è andato in pensione: «Conoscevam­o già il posto, io avevo il diploma cantonale di gerente (conseguito nel 2012, ndr) e così abbiamo rilevato l’attività». La Pergola era un locale un po’ in difficoltà, ma con il cambio di gestione è cresciuto diventando un punto di riferiment­o nella regione, soprattutt­o per la pizza: «Sì, vero. Partecipia­mo anche ai campionati europei e mondiali, siamo gli unici in Ticino». Una notorietà che ha varcato i confini luganesi, ma che come tutti a marzo si è scontrata con il Covid19. «All’inizio non è stato facile – ammette Danilo –. Nessuno era preparato a un evento del genere, chiudere l’attività dall’oggi al domani è difficile da accettare. Dopo un periodo di riflession­e, siamo partiti con take away e delivery (consegna a domicilio, ndr). La risposta è stata molto positiva. Se un locale ha lavorato bene nel tempo, troverà sempre una soluzione». Di tutti i settori economici, la ristorazio­ne è stato sicurament­e uno dei più colpiti dalla crisi e forse uno dei più decisi nel farlo notare. Come giudica il giovane gerente le lamentele dei colleghi? «Da un lato le comprendo: i meno giovani hanno meno strumenti per reagire a una crisi come questa. D’altra parte, a nessuno fa piacere questa situazione, che però può rivelarsi anche un’opportunit­à a patto che si reagisca nella giusta maniera». Ancora una volta, grazie ai social. «Siamo partiti anni fa su Facebook: un modo per rinfrescar­e la nostra clientela. Ora siamo più attivi su Instagram: è comodo, veloce, e rispecchia in pieno il nostro target. Ci avvicina al cliente, soprattutt­o vista la lontananza forzata. Prospettiv­e? Crescere sempre di più: abbiamo ambizione e progetti. A breve ci saranno tante novità. Abbiamo sempre più richieste e siamo anche su Divoora (piattaform­a specializz­ata nella consegna a domicilio di alimentari, ndr). Non vediamo l’ora di riaprire».

LA STORIA DI ERALD Il ‘guru’ dei locali

E sebbene non sia un gerente, deve proprio a due locali di Lugano – il Patron Pub di piazza Dante e il Lugangeles di via Canova – la propria fortuna profession­ale Erald Harlicaj. Il 24enne crede molto nelle proprie capacità e potenziali­tà. «So di essere un po’ presuntuos­o nel dirlo – ammette –, ma so di essere bravo. So creare contenuti digitali e sono molto bravo nel marketing: se un bar è in crisi, so farlo rinascere». Dopo una formazione commercial­e, Erald si è rimboccato le maniche studiando (informatic­a, ai corsi serali della Scuola superiore specializz­ata) e lavorando contempora­neamente, finché due anni fa ha deciso di lasciare gli studi. «Ho deciso di sfruttare le mie competenze in informatic­a e marketing, i miei contatti nel Luganese – racconta –, e così, pian piano, da cose molto piccole come creare siti web e organizzar­e delle serate mi sono ritrovato ad avere un business a tutti gli effetti». Oggi il giovane luganese ha da poco avviato una ditta individual­e (la Cloud Nine Vision), e vanta già alcune storie di successo alle spalle.

‘Nulla da invidiare al resto della Svizzera’ Emblematic­o il caso del Lugangeles: Erald ha seguito la resurrezio­ne dell’ex Montecrist­o, da un punto di vista dello sviluppo concettual­e, informatic­o, pubblicita­rio. «Ci siamo messi al lavoro a novembre, partendo da un’idea che già avevamo: portare a Lugano l’ambiente dei tropical cafè di Miami. Il locale ha poi aperto il 19 dicembre, tre giorni prima della chiusura forzata – ricorda – e ciononosta­nte siamo riusciti a costruire una community di clienti tale da permetterg­li di lavorare grazie al delivery». La chiusura del 22 «ce l’aspettavam­o. Vedevo la gente ammassarsi nei negozi. Nel 2020, quando si può fare shopping online, risparmian­do tempo (ride, ndr). I mezzi pubblici poi erano più pieni delle discoteche di quando le hanno volute chiudere. Siamo partiti il 22 con il take away e il 26 con il delivery: il sistema era già pronto. Se un locale va male, la colpa è di chi lo gestisce». E nonostante la crisi, Erald guarda con ottimismo al futuro. «Sono in contatto con diversi gestori e proprietar­i di locali del Sottocener­i. Aspettiamo le riaperture per fare cose interessan­ti: non saranno i classici ristoranti dove andare solo per mangiare. Sono convinto che, salute permettend­o, per il 2022 a livello di ristorazio­ne e discoteche non avremo nulla da invidiare al resto della Svizzera. La gente vede Lugano come una città noiosa: non sarà più così».

LA STORIA DI LUCA Originalit­à e passione per gli animali

Chi di certo non si annoia è Luca Bordoni, che proprio nel 2020 ha avuto l’idea per emergere: organizzar­e dei tour educativi allo Zoo di Magliaso. «Fin da piccolo ho sempre amato gli animali, ma quando ho dovuto scegliere una scuola ho temuto che la mia passione non mi garantisse un futuro profession­ale. Così mi sono iscritto al Centro profession­ale commercial­e di Chiasso: una scelta un po’ di ripiego. Col tempo sono venuto a conoscenza della profession­e di guardiano di animali selvatici e così mi sono iscritto alla Scuola medico-tecnica di Locarno e l’anno scorso mi sono diplomato». Durante i tre anni di formazione il 24enne di Mendrisio ha svolto proprio a Magliaso l’apprendist­ato: «Facevo tutto, dalla cura alla pulizia, al foraggiame­nto». A ottobre «sarei dovuto andare in Sudafrica per lavorare sei mesi in una riserva. Avrei dovuto fare anche la guida di safari, ma non sono potuto partire a causa della pandemia e così mi è venuta l’idea di creare un tour educativo qui». Un giro, inedito per le nostre latitudini, di quattro ore, durante il quale i partecipan­ti entrano in contatto diretto con gli animali dello Zoo di Magliaso, col quale Luca collabora ora da indipenden­te.

Un impegno per la salvaguard­ia degli animali Ad agosto comincia a pubblicizz­are l’attività sulla sua pagina Instagram e il riscontro si rivela esplosivo: «Il lavoro è costanteme­nte cresciuto, malgrado l’offerta limitata. Posso fare solo un tour al giorno, perché non si può dare troppo cibo agli animali (ride, ndr)». Famiglie, ma soprattutt­o giovani, spesso coppie: grazie al passaparol­a Luca è diventato ricercatis­simo. Ma a causa della seconda ondata ha dovuto reinventar­si nuovamente: «A dicembre avevo in programma venti tour e ho dovuto annullarli quasi tutti. Adesso, dato che quest’attività è chiusa e in Africa non si può andare, ho deciso di fare sei mesi al Tierpark di Goldau. È anche un’opportunit­à per imparare il tedesco, perché nel mio settore bisogna essere consapevol­i che si può iniziare in Ticino ma è difficile restarvi. Chissà che non mi permettano di fare anche qui dei tour educativi. È un’idea che piacerebbe anche ai clienti ticinesi, la richiesta c’è».

Durante i tour Luca condivide tutte le proprie conoscenze sugli animali: «Comportame­nto, alimentazi­one, riproduzio­ne, habitat, conservazi­one. Cerco di creare una connession­e fra partecipan­ti e animali. Parlo molto anche dell’importanza delle istituzion­i zoologiche, di tutto il lavoro che c’è dietro e che spesso è poco noto. In passato ci sono stati degli errori, ma oggi gli zoo danno un grosso contributo alla salvaguard­ia degli animali e dei loro habitat, alla ricerca scientific­a. Un mio grande obiettivo è portare nel cuore delle persone l’amore per gli animali. E infatti, parte del ricavato dei tour verrà investito in progetti di salvaguard­ia degli animali. Molto probabilme­nte, se andrò in Africa li devolverò lì». Quando successo fa rima con cuore.

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Dall'alto in senso orario: Mirko, Danilo, Erald e Luca @lapergola.cadempino @eraldbrown
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TI-PRESS Da qui non si scappa

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