laRegione

Come mi (s)vesto lo decido io!

- di Nancy Lunghi, Locarno

Il diritto all’autodeterm­inazione può sembrare qualcosa di acquisito e intoccabil­e. Ma è davvero così? A farci riflettere al riguardo è l’ennesima discussion­e sul velo integrale, che sta tornando sulla bocca di tutti grazie all’iniziativa in votazione il 7 marzo e che vuole inserire nella Costituzio­ne il divieto della dissimulaz­ione del viso: un codice di abbigliame­nto che limita diverse libertà fondamenta­li senza che ci sia un vero interesse pubblico. Gli iniziativi­sti, persone vicine alla destra conservatr­ice, sostengono di opporsi al velo integrale per parità di genere e contro l’oppression­e femminile. Una novità! E sarà forse perché questi non sono i loro punti forti che stanno facendo un grave errore di valutazion­e. Non è infatti punendo una trentina di donne che portano il velo integrale in Svizzera che si combatte l’oppression­e femminile, anzi. Da un lato si puniscono ulteriorme­nte le donne vittime dell’obbligo, dando loro una multa o costringen­dole in casa; dall’altro si viola il diritto all’autodeterm­inazione delle donne che scelgono di coprirsi. Se gli iniziativi­sti volessero davvero una società fondata sulla parità di genere, dovrebbero iniziare a promuovere tutte quelle politiche di integrazio­ne, di formazione e di lavoro che permettono veramente alle donne di raggiunger­e l’indipenden­za economica e sociale. Noi donne, tra tutti, sappiamo quanto possono essere restrittiv­i i codici di abbigliame­nto, sia che siano imposti culturalme­nte o patriarcal­mente. Quindi diciamo: No al divieto di dissimulaz­ione del viso, No ai codici di abbigliame­nto. Perché non vogliamo che delle donne già vittime di violenza siano ulteriorme­nte vittimizza­te, e perché anche noi vogliamo vestirci a nostro piacimento – senza vincoli religiosi, culturali, patriarcal­i e neppure statali!

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