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Il prima e il dopo

- Di Fabio Dozio

“Dopo non sarà più come prima”. Quante volte l’abbiamo sentita, questa frase, nei mesi bui della pandemia, tra chi immaginava che lo spavento fosse foriero di riforme? È ormai passato un anno e, proprio in queste settimane, si svelano i conti delle grandi aziende, dalle multinazio­nali alle banche. Novartis, per esempio, ha chiuso l’anno con un utile di 7,2 miliardi di franchi, il 13% in più dell’anno prima. Il Ceo Vasant Narasimhan ha visto lievitare la sua retribuzio­ne, nel 2020, di 2 milioni di franchi, raggiungen­do i 12,7 milioni. Vale a dire un aumento del 20% circa. Il boss avrà sicurament­e dei meriti, ma senza il lavoro dei suoi dipendenti, quali sarebbero i risultati di Novartis? Non sembra che Narasimhan abbia distribuit­o ai suoi collaborat­ori i frutti dei lauti guadagni. Novartis ha incentivat­o il lavoro da casa, anche dopo il confinamen­to, offrendo 500 franchi una tantum ai dipendenti, mentre può affittare gli uffici di Basilea.

Altri risultati fanno riflettere: Ubs annuncia un utile in crescita del 54%, a 6,63 miliardi di franchi. La grande banca spiega che il risultato destinato agli azionisti è cresciuto del 137%. Il nuovo presidente della direzione Ralph Hamers afferma di volere una banca più agile. Infatti ha già annunciato la chiusura di 44 sportelli su 240 solo in Svizzera. Più profitti, meno posti di lavoro.

È il capitalism­o, bellezza, quindi non c’è da stupirsi. Fino a un certo punto. Perché uno degli anfitrioni del capitalism­o, Klaus Schwab, fondatore del Wef, il Forum di Davos, ripete da tempo che bisogna correggere il tiro. Schwab, a cinquant’anni dalla fondazione del suo Forum e dopo aver passato gli ottant’anni, si chiede con che razza di capitalism­o si ritrova. Ha la lucidità di capire che qualcosa sta andando storto, a differenza di certi pifferai del libero mercato che ancora non si sono accorti dei disastri del liberismo. Schwab propone di ripartire da zero: ci vuole un Grande Reset, dice, come fossimo all’indomani della seconda guerra mondiale. Bisogna pensare a una società inclusiva e più giusta, a uno sviluppo sostenibil­e, con la decarboniz­zazione per evitare una grande catastrofe. Il concetto che sta a cuore al fondatore del Wef è privilegia­re gli stakeholde­r invece degli shareholde­r. I termini inglesi si prestano a facile confusione, forse per questo i frequentat­ori di Davos fingono di non capire. Distribuir­e benefici agli stakeholde­r significa darli a tutti coloro che partecipan­o ai destini delle aziende, quindi alla società, shareholde­r sono invece gli azionisti. Vi sembra che, nell’anno della pandemia, sia cambiato qualcosa? Prof. Doktor Schwab, dove sono le correzioni e le riforme del sistema economico? Senza riforme il post pandemia sarà peggio di prima, altro che anno zero. La capo economista del Fondo Monetario Internazio­nale Gita Gopinath stima che quest’anno circa 90 milioni di persone scivoleran­no nella povertà estrema. Se n’è accorta anche la Neue Zürcher Zeitung, che con un titolo a piena pagina ha sentenziat­o che il coronaviru­s crea disparità. La pandemia non è democratic­a, colpisce soprattutt­o i poveri che muoiono in misura maggiore – dice la Nzz –, e ridurre le disparità sociali deve diventare una priorità politica del nostro tempo. D’altronde gli squilibri sociali ed economici non sono una novità, la pandemia li ha però accentuati.

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