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I dubbi sull’origine del coronaviru­s

Tra ‘spillover’ e possibili fughe da laboratori, quel che sappiamo su SARS-CoV-2

- Di Ivo Silvestro

Il poco più di un anno, il coronaviru­s SARS-CoV-2 ha infettato oltre cento milioni di persone, mentre le morti confermate hanno superato i 2,8 milioni, secondo i dati raccolti dalla Johns Hopkins University. Una pandemia che ha avuto origine a Wuhan: al mercato all’aperto, dove la presenza di animali vivi avrebbe portato allo ‘spillover’, al salto dai pipistrell­i all’essere umano, forse attraverso un ospite intermedio, di un virus naturale. Questa è l’ipotesi che la maggior parte degli esperti considera più probabile, lasciando le ipotesi di armi biologiche create in laboratori­o a fake news e complottis­ti.

Il problema dell’origine del coronaviru­s è tuttavia più complesso e se alcune ipotesi di complotto le possiamo tranquilla­mente escludere – come quella di un virus dell’HIV modificato geneticame­nte –, vi sono aspetti non ancora chiariti. Le analisi genetiche hanno rintraccia­to, in alcuni pipistrell­i della Cina meridional­e (a un migliaio di chilometri da Wuhan), l’antenato di SARS-CoV-2, ma l’ospite intermedio non è mai stato trovato.

Il dibattito nella comunità scientific­a è così andato avanti tra le immaginabi­li pressioni geopolitic­he e le strumental­izzazioni dei cospirazio­nisti, e se come detto per molti lo spillover rimane lo scenario più verosimile, c’è chi preferisce non pronunciar­si in attesa di maggiori informazio­ni che permettano davvero di escludere una o più ipotesi. Tra questi ultimi troviamo la ricercatri­ce del Broad Institute Alina Chan, alla quale abbiamo posto alcune domande.

Alina Chan, quante opzioni possiamo legittimam­ente considerar­e sull’origine del virus?

Tante. Ho realizzato uno schema delle possibili origini di SARS-CoV-2 per mostrare quanto anche per gli stessi scienziati siano parziali e generiche espression­i come “creato in laboratori­o” o “creato dall’uomo” che sarebbero quindi da evitare (vedi schema nella foto principale, ndr).

Gli scenari in cui possiamo parlare di virus “creato in laboratori­o” o “creato dall’uomo” includono non solo D, con interventi di ingegneria genetica, ma anche C: molti virus vengono coltivati e studiati in laboratori­o, in cellule o animali. Ma alcuni potrebbero sostenere che quest’ultimo scenario non sia abbastanza artificial­e, come del resto non è artificial­e una banana pur essendo il risultato di un processo di coltivazio­ne.

Consiglio fortemente di usare l’espression­e “originato da un laboratori­o/attività di ricerca” invece di “creato in un laboratori­o”.

Nello scenario B il virus è di origine naturale.

Lo classifico come “scenario da laboratori­o” perché se fosse confermato che il virus, naturale, è fuoriuscit­o da un laboratori­o i provvedime­nti che dovremmo prendere avrebbero a che fare con delle limitazion­i delle attività di ricerca. Se SARS-CoV-2 si è diffuso perché il personale di laboratori­o campionava troppi pipistrell­i e persone malate, dobbiamo interrompe­re queste attività.

Questi gli scenari possibili. Per quello completame­nte naturale, quali prove abbiamo?

Nessuna. Non ci sono prove che questo virus debba essere del tutto naturale. È un mistero come SARS-CoV-2 sia passato dai pipistrell­i agli esseri umani.

Quello che sappiamo dalle interviste ai ricercator­i cinesi è che nessuno degli animali del mercato di Wuhan inizialmen­te sospettato e nessuno degli animali testati nella provincia di Hubei è stato trovato positivo al nuovo coronaviru­s.

Chi afferma che l’ipotesi più probabile sia lo spillover naturale si basa, da quel che ho potuto capire, su tre aspetti. 1. Finora nessuna epidemia importante è dovuta alla fuoriuscit­a da un laboratori­o (anche se una pandemia è stata probabilme­nte causata da un vaccino difettoso). 2. Non vi sono segni di manipolazi­one genetica. 3. La possibile pre-circolazio­ne del virus negli esseri umani.

Sul primo punto, credo che calcolare il rischio basandosi in maniera così importante sui precedenti non sia un approccio corretto: bisogna anche tenere conto di cosa è cambiato nelle attività umane. Sia il rischio di epidemie naturali sia quello di incidenti di laboratori­o sono in aumento.

L’assenza di tracce di manipolazi­one non è risolutiva?

Non possiamo escludere la manipolazi­one in laboratori­o solo guardando il genoma di un virus. A volte ci sono chiari segni di manipolazi­one, ma la tecnologia moderna permette di modificare il materiale genetico in maniera ‘seamless’, senza lasciare tracce.

E la pre-circolazio­ne del virus?

Si tratta dell’ipotesi secondo la quale, prima dello scoppio della pandemia alla fine del 2019, il virus avrebbe trascorso mesi o anni “pre-circolando” nella popolazion­e umana, adattandos­i all’ospite umano. Questo è il tipo di prova che prenderei più seriamente in consideraz­ione. Uno studio ha esaminato un piccolo numero di campioni conservati negli ospedali di Wuhan, ma ha rilevato la presenza di SARS-CoV-2 solo nei campioni raccolti nel gennaio del 2020. Tuttavia questa ricerca da sola non esclude la tesi della pre-circolazio­ne, perché il virus potrebbe essere circolato a un livello molto basso o anche al di fuori della provincia di Hubei.

Non è mai stato identifica­to l’ospite intermedio, quello che avrebbe portato il virus dai pipistrell­i all’essere umano. Un tempo si sospettava­no i pangolini, ma questa tesi è stata ormai superata. Il fatto che non si conosca l’ospite intermedio è insolito?

Non è così insolito ma va contestual­izzato. Io penso che la prima SARS consenta il paragone più accurato per vedere se vi sia qualcosa di insolito con il nuovo coronaviru­s. E in quel caso l’ospite intermedio è stato identifica­to: lo zibetto. Non farei invece paragoni tra SARS-CoV-2, che ha avuto un focolaio in un centro urbano, con la MERS i cui focolai furono in regioni poco popolate o in luoghi lontani dai centri urbani. Quando le persone che si infettano sono poche e lontane dalle città credo ci sia meno urgenza di identifica­re l’ospite intermedio.

Se ho capito bene, a sostegno dell’ipotesi di un virus completame­nte naturale non abbiamo prove decisive, ma solo indizi. E per ipotizzare uno “scenario da laboratori­o” che tipo di elementi abbiamo?

Anche per questo scenario ci sono molti indizi.

Innanzitut­to l’ubicazione: Wuhan non è una zona di spillover di SARS, che sono molto rari, ma è sede di almeno due laboratori che fanno ricerca sui virus dei pipistrell­i raccoglien­do campioni e riportando­li in città per studiarli. Abbiamo poi le anomalie negli articoli scientific­i sui virus simili a SARS-CoV-2 scritti da ricercator­i cinesi, compresi quelli del Wuhan Institute of Virology, che suggerisco­no una mancanza di trasparenz­a.

Lei ha detto che è difficile stimare le probabilit­à dei vari scenari: questo è vero anche per l’alternativ­a tra rilascio intenziona­le e fuga accidental­e?

Non ho motivo di credere che vi sia stato un rilascio intenziona­le: all’inizio questo virus ha ucciso molte persone in Cina. Sempliceme­nte, non mi piace stimare le probabilit­à quando ci sono così tante incognite.

Un aspetto cruciale è il comportame­nto delle autorità cinesi. Pensa che sia solo una mancanza di trasparenz­a o che ci sia la volontà di coprire qualcosa?

Forse in Cina è normale sorvegliar­e i giornalist­i ovunque vadano e impedire loro di visitare le grotte di pipistrell­i o di parlare con le persone che lavoravano al mercato di Wuhan. Si notano certamente mancanza di trasparenz­a e lentezza nel rilasciare informazio­ni.

L’accesso alle informazio­ni sui virus studiati nel laboratori­o di Wuhan potrebbe escludere lo scenario basato sul laboratori­o?

Sì: se queste sono complete e autentiche allora potrebbero escludere lo scenario di un virus fuoriuscit­o da un laboratori­o. Quanto sia probabile che qualcuno al di fuori della Cina possa ottenere informazio­ni così complete e accurate dai laboratori, non sono in grado di dirlo.

Conoscere l’origine del virus cambierebb­e il modo di affrontare l’attuale pandemia?

Conoscere l’origine di SARS-CoV-2 ci fornirebbe informazio­ni utili per prendere misure molto concrete per prevenire il ripetersi di una simile tragedia. Se la causa è stata davvero il commercio di fauna selvatica provenient­e dal sud-est asiatico, allora questo commercio dovrebbe essere interrotto completame­nte e senza esitazioni. Se invece il virus proviene da un laboratori­o, allora dobbiamo avviare un dibattito internazio­nale molto serio su come regolare questo tipo di ricerche, stabilendo ad esempio come e dove possano venire effettuate. Potremmo anche stabilire migliori strategie di sorveglian­za. Per esempio, se sapessimo che il virus proviene da un laboratori­o dovremmo pensare a controlli rigorosi delle acque reflue, delle superfici e delle strutture vicine, e anche gli aeroporti delle città dove si trovano questi laboratori dovrebbero essere tenuti sotto osservazio­ne consideran­do il rischio di pandemia.

L’Organizzaz­ione mondiale della sanità è finalmente riuscita a inviare un gruppo di esperti a Wuhan. Che cosa si aspetta dall’indagine?

Sospendo il giudizio fino al ritorno dalla Cina: non possiamo fare nulla circa la composizio­ne del team o su quello che sta facendo a Wuhan, quindi non ci resta che aspettare che gli ispettori tornino e riferiscan­o cosa hanno fatto, chi hanno incontrato, quali domande hanno fatto, quali risposte hanno ricevuto (o non hanno ricevuto).

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KEYSTONE Un agente mentre allontana i giornalist­i dal Wuhan Institute of Virology
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Alina Chan

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