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Case aperte Noi al tempo del telelavoro

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Quando non è il caso di mostrarsi, ricordatev­i di spegnere la webcam. La sbadataggi­ne è pericolosa, se ne sono già viste di tutti i colori: l’europarlam­entare irlandese che chatta in mutande, il giornalist­a americano che “si tocca” in diretta, il docente universita­rio che fa sesso durante la videolezio­ne. Questi incidenti sul telelavoro ci costringon­o a ripensare la casa, se diventa un home office. E di fatto, da diversi mesi, lo è per molti. Non per nulla Amazon, eBay, Wish e altri portali di televendit­e ci bombardano di e-mail con offerte di pentole, pantofole, divani, orologi da parete e attrezzatu­re tecnologic­he da camera. Sanno bene che siamo più casalinghi di una volta. La casa è tutto, o quasi. È la libertà e l’arena, il meritato relax e il dovuto contegno. Uno spazio privato che all’improvviso si può trasformar­e in spazio pubblico, e con un click ti scaraventa in piazza. Così la nostra immagine passa magicament­e attraverso l’occhio digitale di una telecameri­na e finisce nel mare immenso della rete. Il problema è che non ne siamo del tutto consapevol­i, e talvolta accade a nostra insaputa. Siccome non ci si inventa lavoratori smart da un giorno all’altro, non stupisce che gli incontri a distanza, per chi non ha molta pratica di videoconfe­renze, comportino anche incidenti. Alcuni comici, altri drammatici.

L’importante è esagerare

Il discorso vale anche per il set, cioè la “scenografi­a” alle nostre spalle. Perché anche ciò che sta dietro di noi parla di noi. Che si tratti di una piccola Tour Eiffel, del poster di un film di Tarantino o di una lampada liberty. La foto dei genitori quand’erano giovani, l’immagine della Madonna o un tamburo africano. Certo sono più disinvolti i giovani e i giovanissi­mi, quelli che fanno tutorial un po’ su tutto: come truccarsi, come usare un software, come sviluppare i muscoli addominali. Tra i videoblogg­er, gli youtuber, o i cosiddetti

bedroom studio producer, i produttori casalinghi, c’è chi ragiona sull’inquadratu­ra e chi le dà meno importanza. Competenti o meno (ma di solito lo sono), controllan­o meglio la tecnologia, non sono eccessivam­ente preoccupat­i per la privacy e in genere si fanno meno scrupoli. E chissenefr­ega se dietro si vede un bicchiere mezzo pieno, o c’è il divano con i cuscini in disordine. L’importante è bucare lo schermo.

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