laRegione

Rete Due, il silenzio della politica

- di Graziano Terrani

Sono passati due mesi dal lancio della petizione “Salviamo la Rete Due della Rsi” e in difesa della radio culturale lineare – la Rete Due, appunto – sono scesi in campo molte/i intellettu­ali scrivendo articoli di denuncia, di critica sullo scellerato, a dir poco, Progetto Lyra e di analisi sul valore delle reti lineari culturali svizzere di servizio pubblico. Purtroppo Espace 2 della Rts è già diventato un contenitor­e musicale, mentre nella Svizzera tedesca (Srf) e in quella italiana (Rsi) ci si muove a passi da gigante per realizzare i juke box della musica, tanto per scimmiotta­re Swiss classic, pop, jazz. Forse non vi ricordate che il direttore Canetta aveva detto che sul Progetto Lyra si sarebbero organizzat­i dei gruppi di lavoro aperti agli esterni! Nella Svizzera italiana, non so se ci avete fatto caso, non per colpa della pandemia che ha svuotato le strade, e non solo quelle, si sente un fragoroso silenzio sulla sorte di Rete Due della Rsi. È il silenzio della politica, non con la P maiuscola. In tanti ci chiediamo come mai il tema dello svuotament­o culturale (...)

(...) della Rete Due non abbia ancora spinto nessun partito politico a farsi sentire (a parte l’interpella­nza di Marina Carobbio al Consiglio Federale). È vero che in Ticino la maggioranz­a della popolazion­e condivide le idee sovraniste e populiste della Lega dei Ticinesi (basterebbe sfogliare il Mattino della domenica per capirne il livello) e dell’Udc che della cultura, nel significat­o più ampio del termine, se ne fanno un baffo. Oltre tutto continuano a sostenere, e non sono gli unici, che la Rsi sia ‘rossa’, in mano alla sinistra, ma di rosso alla Rsi c’è solo lo sfondo del logo.

Il partito liberale (non aggiungo radicale, perché non lo è più da tempo) dorme beatamente sugli allori di un tempo in attesa che al suo interno le bocce si fermino da qualche parte. Non parliamo del Ppd, presenzial­ista, spesso a sproposito, solo per rivendicar­e le stesse misure prese a suo tempo nei confronti del suo presidente. Se una commission­e d’inchiesta è necessaria la si attivi, ma non si deve passare sotto silenzio le altrettant­o gravi e inopportun­e decisioni sul futuro prossimo della cultura alla Rsi, i licenziame­nti o gli spostament­i inadeguati (mobbing?) di giornalist­e e giornalist­i, e non solo, di grande esperienza e profession­alità a vantaggio di giovani laureati in comunicazi­one, che non comunicano. Sta già succedendo nella Svizzera tedesca. Anche il Partito socialista ticinese non brilla per presenza nel dibattito sulla sorte della Rete Due (è comunque l’unico partito ad aver fatto un atto politico importante, di cui però non si hanno ancora i risultati).

Non voglio lasciare fuori nessun partito, perché il silenzio è sempre più ‘fragoroso’. Se pensiamo che la Svizzera italiana è stata culla, rifugio, casa, e per fortuna lo è ancora, di scrittori, poeti, compositor­i, musicisti, registi e attori di teatro e di cinema, senza tralasciar­e le sedi di scuole prestigios­e (Usi, Conservato­rio ecc.) – non dimentichi­amoci che un’ottantina di anni fa il Ticino era un cantone povero e i ticinesi dovevano emigrare a cercare lavoro (adesso si grida “prima i nostri”) –, è grazie anche a Radio Montecener­i, che è stata il motore che ha favorito l’arricchime­nto culturale della popolazion­e svizzeroit­aliana. La radio ha portato in casa nostra informazio­ni, cultura, intratteni­mento e formazione (c’era anche la radio-scuola).

La memoria è corta e per allungarla, da più parti ci vengono proposti gli Archivi della memoria – ben vengano! – perché ci si accorge continuame­nte che del nostro passato prossimo i più giovani non sanno nulla. Ma anche la cultura del presente è orfana di gran parte della gioventù svizzero-italiana e se non si procederà in senso contrario al palinsesto del Progetto Lyra credo proprio che l’appartenen­za a una minoranza linguistic­a, lo spirito comunitari­o, l’approfondi­mento culturale – fondamento di una società sana – finiranno sullo schermo di un telefonino: “Lockdown”, scusate! Volevo scrivere: “Confinamen­to.”.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland