laRegione

L’imputato Agente Arancio

In tribunale 14 multinazio­nali: producevan­o il veleno usato dagli americani in Vietnam

- Di Roberto Scarcella

Tran To Nga è la nuova Erin Brockovich. Anche se di nuovo c’è ben poco in questa storia che va avanti da più di mezzo secolo, figlia di una guerra finita, ma mai davvero conclusa, quella del Vietnam. Una storia iniziata nel 1966, quando l’attivista americana famosa per aver costretto a un maxi-risarcimen­to per danni ambientali la Pacific Gas & Electric (colosso apparentem­ente intoccabil­e dell’energia Usa), era appena nata. Tran To Nga, oggi 78enne, ma all’epoca giovane donna franco-vietnamita arruolata nella Resistenza, fu sorpresa da una pioggia appiccicos­a mentre percorreva il sentiero di Ho Chi Minh verso Nord. Quella pioggia era un potentissi­mo defoliante alla diossina, nome in codice Agente Arancio, l’arma americana che continua a uccidere in Vietnam a quasi 50 anni dalla fine della guerra.

Tran To Nga, è finalmente riuscita a portare nell’aula di un tribunale coloro che – secondo lei – sono i responsabi­li di un disastro umano, sociale ed ecologico dalle dimensioni che a volte solo numeri troppo grandi per capire possono spiegare: 76 milioni di tonnellate di erbicida lanciate dagli statuniten­si tra il 1961 e il 1971 a distrugger­e il 20 per cento delle foreste al confine tra Vietnam, Laos e Cambogia, un grado di tossicità 13 volte superiore a un erbicida comune al limite della soglia di tolleranza, tre milioni di persone esposte all’Agente Arancio che hanno sviluppato malattie gravi o gravissime, 6mila bambini nati ogni anno con malformazi­oni congenite, livelli di diossina tossici nel latte materno. E la certezza, ormai, che non solo molti figli di quella guerra sono nati già malati, ma anche molti nipoti. Dopo l’incontro ravvicinat­o con l’Agente Arancio, Tran To Nga ha sviluppato due diversi tipi di diabete, un’allergia rara, il cancro e – per due volte – la tubercolos­i. Una delle sue figlie è morta a soli 17 mesi per una malformazi­one al cuore, le altre due hanno problemi cardiaci e alle ossa. Eppure lei, testarda fino ad arrivare in tribunale a quasi 80 anni per un fatto di quando ne aveva 20, ripete che è una battaglia che non fa per se stessa “ma per i miei figli, per milioni di persone innocenti e per il concetto di giustizia”.

Per questo la donna ha finalmente trovato ascolto dai giudici di Evry, in Francia, per una sentenza che avrebbe una portata storica. Al banco degli imputati ci sono 14 multinazio­nali, tra cui Monsanto-Bayer, Uniroyal e Dow Chemical. Produttori di un’arma e di un veleno assieme, per conto dello Zio Sam. Finora sono state due le linee di difesa: “Erano ordini dello Stato americano, poi erano loro a farne quell’uso”, “Un tribunale francese non può giudicare su questi fatti”. Tant’è che – probabilme­nte – lo farà.

Le omissioni di Washington

Gli Stati Uniti hanno sempre negato una corrispond­enza tra il defoliante tossico e l’alto livello di malattie in Vietnam e non hanno mai pagato, se non attraverso operazioni umanitarie che però nulla hanno a che vedere con l’ammissione dei danni di guerra. D’altra parte, sin dagli anni Novanta, l’amministra­zione americana ha iniziato a indennizza­re i propri soldati malati che durante la guerra del Vietnam erano stati a contatto con l’Agente Arancio. Stesse diagnosi, comportame­nti molto differenti. Da una parte si nega il rapporto causa-effetto, dall’altra si mettono firme per comprovarl­o. Proprio poche settimane fa, altre tre nuove malattie riscontrat­e sui veterani sono rientrate nel programma di aiuti: ipotiroidi­smo, cancro alla prostata e morbo di Parkinson. Un doppio binario che verrà usato dall’accusa per dimostrare come quei risarcimen­ti debbano essere considerat­i validi per tutti. Proprio Tran To Nga, nel suo libro “Ma terre empoisonné­e” racconta “I miei figli e io stessa siamo avvelenate. L’esame della famosa lista delle malattie stabilita dagli americani mi permette di dire che soffro di cinque delle 17 patologie collegate all’Agente Arancio”.

L’obiettivo è duplice, e anche per questo la donna vietnamita sta ottenendo l’appoggio di diverse Ong in tutto il mondo: assicurare al Vietnam risarcimen­ti di portata storica e portare un tribunale a riconoscer­e una volta per tutte il reato di ecocidio, un concetto giuridico di cui si discute da tempo, ma che l’Onu non ha mai voluto prendere in consideraz­ione.

Un precedente che aprirebbe la porta – innanzitut­to in Francia – a decine e decine di cause di stampo ecologico e sociale, per danni intenziona­lmente creati contro l’ambiente e contro le specie che lo abitano. Stiamo parlando, di fatto, di crimini contro la Terra e di conseguenz­a contro gli esseri umani. Un dossier apparentem­ente sterminato, legato a conflitti e scempi ambientali da prima pagina che tutti conoscono (dai test su agenti chimici e nucleari, raid di guerra, deforestaz­ione a tappeto) fino a danni invisibili quanto incalcolab­ili fatti a piccole comunità sperdute, vuoi per profitto, per negligenza o per ragion di Stato, bypassando e contestand­o – per quanto possibile – formule come quella usate dalla Bayer per scagionars­i, per cui l’Agente Arancio veniva prodotto “sotto la sola gestione del governo degli Stati Uniti per scopi esclusivam­ente militari”.

Una svolta, epocale ripetono in coro avvocati di mezzo mondo, una porta verso il futuro paradossal­mente aperta da una donna di ormai quasi 80 anni, con su scritto la parola Vietnam non solo sui documenti, ma sulla sua stessa pelle, un nome fortemente ancorato ai disastri del secolo scorso, monito perfetto per quelli del secolo in cui viviamo.

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KEYSTONE Gli aerei Usa in volo sul Vietnam
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KEYSTONE Tran To Nga, 78 anni

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