‘La priorità è il lavoro, ma anche la salute’
Unia: ‘Non si allenti ora’. Cc-Ti: ‘A marzo si riapra’
«‘Sul posto di lavoro non ci si ammala di Covid’. È stato il mantra da parte imprenditoriale per tutto l’autunno, ma sapevamo che non era così». Il segretario cantonale di Unia, Giangiorgio Gargantini, torna sulla polemica che ha preceduto il parziale lockdown in cui ci troviamo tutt’ora. L’occasione è la tradizionale conferenza stampa d’inizio anno dell’attività sindacale. «La Svizzera è stato l’unico paese in Europa a non segnalare i focolai sui luoghi di lavoro. Noi sappiamo invece che questi focolai ci sono stati, ma la narrazione istituzionale voleva far credere che era la famiglia il luogo pericoloso», continua Gargantini che contesta a Norman Gobbi, presidente del consiglio di Stato, la ‘retorica del passo del montanaro’. «Se in questi giorni i casi di contagio stanno visibilmente diminuendo, lo dobbiamo alle misure restrittive che ha preso il Consiglio federale. Arrogarsi questo merito è scorretto», aggiunge Gargantini che precisa: «Se avessimo mantenuto le regole ticinesi, oggi conteremmo decine di morti in più e centinaia di casi d’infezione in più». Da qui la richiesta sindacale, alle autorità federali, di non allentare troppo in fretta le misure di contenimento della pandemia di coronavirus. «C’è una altra narrazione, che si sta imponendo in queste settimane che afferma che ‘siccome i casi di contagio stanno calando, allora bisogna riaprire le attività chiuse’. Secondo noi non deve essere così. Questo non è il momento di allentare le misure anche perché, come dimostrano altri paesi (Portogallo, Gran Bretagna e Francia), i casi di variante del virus sono in aumento», continua Gargantini. «I soldi sono stati messi a disposizione e dovranno permettere di risarcire chi ha dovuto chiudere le attività. La nostra priorità sindacale è quella di difendere, oltre al lavoro, anche il diritto alla salute dei lavoratori», conclude. Il dibattito su riaperture subito, da inizio marzo, o ritardare ancora per qualche tempo il ritorno alla normalità è ormai partito. L’Usam, l’Unione svizzera arti e mestieri, presieduta dal ticinese Fabio Regazzi, ha presentato una strategia e una chiara richiesta di riapertura delle attività economiche. Anche la Camera di commercio del Canton Ticino, associazione mantello dell’economia ticinese e al contempo sezione dell’Usam, sostiene tale richiesta. “Il rispetto delle misure di protezione (distanza, mascherina, igiene delle mani), sommato al contact tracing, ai test a tappeto e alle vaccinazioni, dovrebbe permettere di porre fine alle limitazioni attuali”, si legge in una nota firmata dal direttore della Camera di commercio Luca Albertoni. “È fondamentale che il Consiglio federale presenti una chiara visione per la ripartenza, nella quale l’attività economica non sia relegata in secondo piano, ma sia una componente essenziale, parallelamente alle puntuali valutazioni sanitarie, anche per le implicazioni sociali delle unità lavorative”. “Ulteriori chiusure non suffragate da fatti chiari – si conclude – non sono pertanto né accettabili né sostenibili. Attenzione a voler allungare la strada delle limitazioni, stiamo marciando con scarpe che già evidenziano segni di usura”.
Cassa disoccupazione ipersollecitata
L’anno scorso, anche dal profilo sindacale, è stato condizionato dall’emergenza sanitaria che si è trasformata anche in emergenza economica. La cassa disoccupazione di Unia è stata particolarmente sollecitata dalle persone alla ricerca di lavoro. Un dato su tutti: dal mese di aprile il numero degli assicurati è cresciuto del 25% rispetto all’anno precedente, con una media di poco inferiore a 3’800 beneficiari indennizzati ogni mese. Inoltre, sempre nel mese di aprile, sono state 2’600 le aziende che si sono rivolte alla cassa disoccupazione di Unia per le prestazioni di lavoro ridotto che hanno consentito di salvare molti posti di lavoro. Il timore del sindacato è che senza maggiori aiuti finanziari pubblici, molte imprese ridurranno i livelli occupazionali ricorrendo ai licenziamenti.