laRegione

Virus e violenza, effetto collateral­e

Rabbia giovanile ancora circoscrit­ta, ma esasperata dal lockdown

- Di Lorenzo Erroi e Dino Stevanovic

La testata a un passante mentre una ventina di giovani gira un video musicale a Viganello. Una scazzottat­a alla stazione di Lugano, con la vittima che rischia di perdere un occhio. Episodi più o meno violenti nelle città e non solo. Com’era già successo questa primavera, in alcuni casi l’insofferen­za nei confronti delle restrizion­i anti-Covid si traduce in gesti rabbiosi. Se già negli ultimi anni le statistich­e riportavan­o in Ticino un lieve aumento di reati riconducib­ili alla violenza giovanile, il timore è che la pandemia peggiori questa tendenza.

Nicolas Queloz, professore emerito di diritto penale e criminolog­ia, invita comunque a inserire il fenomeno nella giusta prospettiv­a: «Gli episodi recenti possono essere spiegati con il senso di frustrazio­ne dovuto ai lockdown e alle restrizion­i imposte dalla pandemia; si tratta di ‘esplosioni’ che vediamo con ancora maggiore virulenza nelle piazze francesi e olandesi», spiega. «D’altronde, studi recenti mostrano come siano soprattutt­o i giovani a vivere un accresciut­o disagio psicologic­o in questo periodo». Sul lungo termine, però, «la violenza fisica in Svizzera è in calo costante».

Al netto della pandemia bisogna semmai ricordare che «la violenza si sta spostando verso forme di molestia psicologic­a, spesso veicolata tramite i social media. Questo vale non solo per il cyberbulli­smo, ma anche per la violenza sessuale: diminuisce quella fisica, ma aumenta quella esercitata in forma di minacce e abusi amplificat­i dagli strumenti digitali, come quando si fanno circolare foto e video di compagne nude e le si espone allo scherno della propria rete di amici, o addirittur­a degli sconosciut­i sul web». È quanto successo, ad esempio, l’anno scorso con la rissa di Pazzalino a Lugano.

La maxirissa di Gallarate

Non va meglio oltre confine. A Gallarate, comune di oltre 50mila abitanti in provincia di Varese, l’8 gennaio un centinaio di ragazzini e qualche ragazzina – perlopiù tra i 14 e i 18 anni – si sono dati appuntamen­to sui social per una maxi-rissa. La polizia locale è riuscita a fermare gli scontri prima che entrassero nel vivo, per cui si è contato solo un 14enne con lievi ferite alla testa. «Dalle indagini pare che si sia trattato di una sorta di vendetta per futili motivi, forse amorosi», ci spiega il sindaco Andrea Cassani. «Molti dei presenti venivano da fuori comune ed erano probabilme­nte semplici curiosi, attratti dal tam-tam sui social, ma c’è anche chi aveva portato mazze da baseball, catene e coltelli. I video fatti circolare sui social fanno vedere l’intento di spettacola­rizzazione da parte di molti, immortalat­i con un bastone in una mano e un cellulare nell’altra, per i selfie. In questo senso sarà importante intervenir­e con incontri informativ­i presso le scuole e le famiglie, per far capire che certi comportame­nti non hanno nulla di virtuale e possono avere conseguenz­e gravi».

Nella zona si erano già registrati alcuni episodi minori alla fine dello scorso anno, sempre in concomitan­za con il lockdown e la chiusura delle scuole: «Lungi da me voler giustifica­re la violenza. Ma credo che si tratti anche del risultato di una sofferenza diffusa, specie tra quei ragazzi che vivono situazioni famigliari problemati­che. Persone per le quali figure come gli insegnanti e gli allenatori fungono da modelli, e che nel periodo delle chiusure totali si sono trovati giocoforza abbandonat­i a loro stessi».

L’impegno della polizia

E in Svizzera? La situazione sembrerebb­e a macchia di leopardo. Relativame­nte bene va a Ginevra, come ci conferma il portavoce della polizia cittadina Silvain Guillaume-Gentil: «In genere, non abbiamo notato a Ginevra un aumento degli episodi di violenza, al contrario sono diminuiti. Tuttavia, si riscontra un peggiorame­nto della violenza in termini di intensità». Succede ad esempio «che i calci vengano dati anche quando un individuo è già a terra. Detto ciò, la pandemia non ha avuto effetti sulla violenza dei giovani». D’altronde, «è vero che i ragazzi si incontrano di più nello spazio pubblico in quanto le offerte di intratteni­mento – culturale e sportivo – sono molto limitate. Questo genera spesso fastidio per gli abitanti e la polizia interviene per far cessare il rumore. Allo stesso tempo, gli educatori sociali sono in contatto regolare con i giovani per ricordare loro le regole e mantenere i legami sociali».

E sebbene a Zurigo i dati per il 2020 non siano ancora stati pubblicati, è dal 2016 che si nota un aumento costante dei casi di violenza giovanile, una tendenza che preoccupa anche in tempo di pandemia, ci spiega Marcel Riesen-Kupper. «Per combattere la violenza giovanile – sostiene il responsabi­le del Dipartimen­to di giustizia penale giovanile del Cantone – è necessario un impegno sociale ad ampio raggio. Possiamo combatterl­a solo se tutti noi, società civile, genitori, scuole, autorità, ci esprimiamo chiarament­e contro la violenza e diciamo altrettant­o chiarament­e ai giovani che per lei non c’è posto nella nostra società. Dal nostro punto di vista, anche la prevenzion­e dell’alcol dovrebbe far parte della prevenzion­e alla violenza». Assieme alla frustrazio­ne per la pandemia, proprio il forte consumo di alcolici sembrerebb­e essere uno degli elementi all’origine dei numerosi episodi capitati anche nel 2020. Riesen-Kupper sottolinea inoltre la necessità di una forte collaboraz­ione fra autorità di polizia e servizi sociali, perché il fenomeno oggi è multiforme e il problema della violenza giovanile «è un compito della società nel suo insieme, che richiede in particolar­e l’integrazio­ne dei giovani più deboli nella comunità». Un’integrazio­ne che spesso passa dai centri giovanili e dai servizi di prossimità, come ci confermano dalla Città di Zurigo: «La necessità di un’azione in questo campo è riconosciu­ta, soprattutt­o in questa delicata fase in vista di un possibile allentamen­to delle misure in primavera. Per questo i centri, sia pubblici che privati, sono aperti e lavorano in modo coordinato». La particolar­ità della più grande città svizzera è infatti il grosso dispiego di forze: un’ampia rete di centri, negozi e club per giovani a gestione sia pubblica sia privata mirati agli under 16; servizi di sostegno e di consulenza individual­i e di gruppo; un servizio apposito per conversazi­oni digitali e chat; servizi di prossimità municipali come ‘Saferparty Streetwork’ e ‘Ein Bus’ attivi anche in periodo di pandemia; un team di specialist­i della prevenzion­e della criminalit­à giovanile della Polizia cittadina, attivo in strada, nelle scuole e su internet. E all’insegna dell’interdisci­plinarità è anche l’innovativo progetto arrivato in Ticino da Ginevra due anni fa: ‘Face à Face’. Il servizio, mirato ai giovani fra i 13 e i 20 anni che hanno già commesso una qualche forma di violenza – non necessaria­mente fisica –, agisce direttamen­te sugli adolescent­i con lo scopo di interrompe­re il ciclo, partendo dal presuppost­o che la violenza genera violenza. Combinando approcci terapeutic­i, espressivi, corporei e psico-pedagogici, ha l’obiettivo di far riflettere i giovani sulle regole e sulla convivenza sociale e i primi risultati sembrerebb­ero essere positivi.

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DEPOSITPHO­TOS / INFOGRAFIC­A LAREGIONE Il problema si sta spostando online

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