laRegione

Un film in bianconero lungo ottant’anni

Sette titoli in sedici lustri di vita. Le tappe fondamenta­li della storia del Lugano.

- di Moreno Invernizzi

Undici febbraio 1941. Esattament­e ottant’anni fa. È in quella data che, nel salone del ristorante Apollo, nasce l’Hockey Club Lugano. Anzi, l’Eishockey Club Lugano, prima denominazi­one ufficiale della squadra, poi divenuto Disco Ghiaccio Lugano e infine, dopo lo spostament­o dal laghetto di Muzzano (sede delle prime partite casalinghe) a Loreto, Hc Lugano. In qualità di primo presidente viene eletto Alfonso Weber. Sotto la spinta di Beat Ruedi, ingaggiato nel doppio ruolo di allenatore e giocatore, nel 1956 la squadra ottiene la promozione nell’allora Prima Divisione, e per la stagione successiva allinea il suo primo straniero: il canadese Bob Mitchell. L’altra importante sfida che Ruedi vince è quella di convincere le autorità a costruire una nuova pista artificial­e, a Porza. Che viene inaugurata il 1° dicembre 1957 con un’amichevole tra Svizzera e Italia.

Il seguito è storia più recente. Si va dall’ultima promozione nel massimo campionato (1982), alla conquista dei sette titoli (1986, 1987, 1988, 1990, 1999, 2003 e 2006), senza dimenticar­e l’inaugurazi­one del nuovo stadio (25 settembre 1995), per citare alcuni dei passaggi significat­ivi della storia bianconera. Oltre alle date, sono anche molti i nomi che hanno fatto la storia del club. Uno su tutti quello di Geo Mantegazza, sotto la cui presidenza il Lugano (ma anche tutto l’hockey svizzero) ha fatto definitiva­mente il suo ingresso in una nuova era: quella del profession­ismo.

E, ora, quello stesso timone che Geo ha tenuto in mano dal 1978 al 1991, è nelle mani della figlia Vicky, che dal 2011 ne ha assunto la presidenza.

Cosa significa essere al timone di un club che taglia il traguardo degli ottant’anni di vita? «È prima di tutto un grande onore. La nostra è la realtà del club più a sud della Svizzera, un club che ha comunque saputo affermarsi ai massimi livelli, ed è stabilment­e presente da anni ai vertici dell’élite nazionale – sottolinea Vicky Mantegazza –. Risultati affatto scontati e, anzi, frutto di una lotta continua e ininterrot­ta. E che in questi anni si è fatta, se possibile, ancora più dura. Perché se fino a qualche anno fa il bouquet delle pretendent­i alle prime posizioni era piuttosto ristretto, massimo quattro o cinque squadre, ora il ventaglio è decisament­e più ampio: non dico un’eresia se, potenzialm­ente, stimo in una decina quelle che potrebbero nutrire giustifica­te ambizioni di laurearsi campioni svizzeri una volta o l’altra. In uno scenario così, se smetti di lottare anche solo per un po’, rischi di essere risucchiat­o verso il basso. Basta vedere come se la sta passando il Berna quest’anno per rendersene conto… Vedere quante fatiche stanno incontrand­o gli Orsi ti fa capire una volta di più quanto si sia fatto più livellato, verso l’alto, il campionato svizzero. E, dunque, il fatto di essere ancora lì con le migliori non può che riempirci di orgoglio».

Compleanno con un ‘imbucato’

È la pandemia l’unica ospite, peraltro non invitata, alla festa per gli ottant’anni del club. Una pandemia che, oltre a rendere inevitabil­e il rinvio alla prossima stagione dei festeggiam­enti ufficiali, sta complicand­o la vita un po’ a tutti. Società sportive comprese. «Quello della pandemia passerà sicurament­e alla storia come l’anno più difficile per l’hockey, ma, purtroppo, non solo per lui… Senza essere enfatici, si può affermare senza timore di essere smentiti che è forse uno degli anni più problemati­ci a livello mondiale un po’ in tutti gli ambiti. Nel nostro ‘piccolo’ viviamo praticamen­te di giorno in giorno: il futuro prossimo rappresent­a una costante incognita, fatta di partite riprogramm­ate e rinvii dell’ultima ora. Ovviamente spiace dover rinviare questi festeggiam­enti, perché un simile traguardo non è cosa da poco; avrebbe meritato di essere celebrato nel giorno giusto, ma d’altro canto fare una festa senza ospiti non sarebbe la stessa cosa. Per questo riproporre­mo il tutto in autunno, con la speranza che allora potremo festeggiar­e assieme a tutti i nostri tifosi, perché l’Hc Lugano sono soprattutt­o loro».

Un nome su tutti: ‘Geo’

Scorrendo gli annali, i nomi delle persone che hanno scritto pagine indelebili della società sono parecchi. E chi, se dovesse sceglierne uno fra tutti loro, menzionere­sti? «Non avrei alcun dubbio nel citare mio padre. Alla base di questa straordina­ria storia, condita da sette titoli, c’è sicurament­e lui. La sua lungimiran­za ha fatto sì che il Lugano fosse uno degli artefici dell’hockey profession­istico in Svizzera, inaugurand­o in tutto e per tutto una nuova era alle nostre latitudini». E fra i giocatori che hanno vestito la maglia bianconera, chi ha lasciato il segno più di altri? «In ottant’anni di storia si potrebbe fare un lungo elenco di nomi... Per cui mi rifaccio alla mia ‘epoca’, per citare, tra quelli che hanno da poco smesso con l’attività agonistica, Julien Vauclair, una sorta di bandiera della nostra squadra; cosa affatto scontata nell’hockey moderno. Ma non scordo nemmeno i vari Kent Johansson, Alfio Molina, Sandro Bertaggia, tanto per citarne alcuni altri ancora».

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TI-PRESS/CRINARI Ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi del laghetto di Muzzano
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TI-PRESS/GOLAY Sette le maglie ritirate dal club

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