Canio Loguercio, prepararsi al meglio
Tra amore e integrazione, ricordi e auspici, il nuovo lavoro del già vincitore di Targa Tenco
“Io ho imparato ormai come ci si prende cura del dolore e come si fa a custodire lacrime e paure. Siamo a buon punto, ci stiamo preparando al meglio, pronti all’assalto di un cielo grigio che si schiarirà”. Al pessimista cosmico, il titolo di questa canzone e del relativo album potrebbe suonare come uno sfottò; l’ottimista, al contrario, potrebbe individuarci il buon auspicio. Comunque la si pensi, ‘Ci stiamo preparando al meglio’ (Squilibri Editore) è il nuovo album di Canio Loguercio, cantautore, musicista, poeta e performer.
“Napo-lucano”, come lo chiama qualcuno, o «lucano-partenopeo», come preferisce lui che dalla Basilicata si è spostato a Napoli e poi a Roma, Loguercio ha sei album all’attivo e una Targa Tenco (con Alessandro D’Alessandro, anno 2017) per ‘Canti, ballate e ipocondrie d’ammore’, miglior album in dialetto, ‘Ci stiamo preparando al meglio’ è una sorta di album autobiografico, anche laddove le canzoni sono di altri. È il caso di ‘Incontro’ di Francesco Guccini, bolognese che convive con i classici napoletani ‘Core ‘ngrato’ e ‘Lacreme napulitane’ (riadattata in ‘Mia cara madre’), e le sue – di Loguercio – ‘Luntano ammore’ e ‘Core ‘e plastica’, più altri inediti e altre rivisitazioni.
‘C’aimma fa’ ’
‘Ci stiamo preparando al meglio’ non nasce durante la pandemia ma, come spesso accade, vi s’incastra come l’ultimo tassello del puzzle, il cacio sui maccheroni o altra proverbiale affinità. «È un titolo, una dichiarazione, un punto interrogativo, è la speranza che ognuno di noi possa avere qualcosa di meglio domani, oggi stesso, tra un minuto. Mi sono immaginato un dialogo tra due vecchietti in un ospedale che si guardano e sorridono, proiettandosi in una dimensione spazio-temporale diversa da quella in cui stanno vivendo, magari portatrice di cose belle».
Visto con gli occhi di Renato Carosone, una specie di “C’aimma fa’”, il partenopeo e un po’ fatalistico “E che dobbiamo farci”: «Sì, ma anche qualcosa di popolare come “il meglio deve ancora venire”». Vista con gli occhi del musicista, invece, «l’uscita da questa accettazione quasi moralmente impegnativa perché è giusto che ognuno di noi faccia il proprio dovere, ma è dura vedere le persone che non ce la fanno, che sopravvivono a stento. Non parliamo poi del mondo della cultura, un falcidiare di persone che sopravvivono con questo che è un lavoro e non un divertimento come alcuni pensano. E quando gli spazi per suonare sono chiusi la gente non riesce davvero a campare».
‘Mia cara madre’
Sara Jane Ceccarelli, Monica Demuru, Giovanna Famulari, Brunella Selo (e la figlia Carolina Franco), Flo, Barbara Eramo, Laura Cuomo. Sono le donne che accompagnano Loguercio lungo tutto l’album, «contraltare luminoso, radioso alla mia voce pesante», dice il solista. C’è anche la tunisina M’Barka Ben Taleb, e con lei un gruppo di migranti che da qualche anno lavorano a Napoli e che trasformano ‘Lacreme napulitane’ – riadattata in ‘Mia cara madre’ – in un canto sulla lontananza che non è solo (tradotto dal testo napoletano) “quanto ci costa quest’America a noi napoletani, che rimpiangiamo il cielo di Napoli”, ma il rimpianto di ogni terra d’origine: «Questo struggente e meraviglioso canto di distanza, di nostalgia, amore, sofferenza – scritto da Libero Bovio nel ’25, strappato finalmente alla sceneggiata, genere con il quale viene erroneamente identificato, ndr – mi ha sempre colpito. Ho voluto condividere la prima parte, la lettera alla madre, con chi vive e ha vissuto la lontananza. Ho chiesto loro di scrivere una lettera alla propria madre che contenesse la condizione in cui si sono trovati». Le lettere, senza timbro postale, vengono da Senegal, Ecuador, Sri Lanka, Costa D’Avorio e altri mondi più o meno lontani.
‘Oggetti d’affezione’
Detto del Guccini rivisitato – «‘Incontro’ è entrata qui dentro da sé, registrata così come la vivo dentro, tentativo forse ardito ma l’omaggio a questa grandissima canzone era più forte» (e l’ardire non è affatto ardito) – Loguercio pesca dal canzoniere italiano meno noto ‘Quando vedrete il mio caro amore’: «È un brano del ’63 di Donatella Moretti, scritto da Loredana Ognibene, che in quell’anno compose un concept album (‘Diario di una sedicenne’, ndr) in cui raccontava gli amori di un’adolescente dell’epoca. Arrangiava Morricone, che al tempo rendeva immortale la canzone italiana». Anche ‘Quando vedrete il mio caro amore’ sta tra gli “oggetti d’affezione”, come chiama Loguercio le canzoni e i dischi: «Pubblicare un album fisico è un atto d’amore, ritrovarselo tra le mani e sfogliare i testi sembrano riti antichi, ma è il modo giusto per avvicinarsi alle canzoni». Oggetti che attendono di tornare suonabili: «Abbiamo atteso la sentenza Sanremo, chiamiamola così», conclude l’artista. «Se avessero acconsentito all’entrata all’Ariston di un po’ di pubblico, gli altri teatri si sarebbero potuti uniformare. Spero comunque che si riprenda a suonare quanto prima». Nel frattempo, salvo prepararci per il meglio, altro non si può fare.