laRegione

Zelanti comprimari del governo Draghi

- Di Aldo Sofia

Eccolo il ‘Draghi 1’, e probabilme­nte anche l’ultimo. Primo e ultimo se, come pronostica­no quasi tutti gli aruspici della politica italica, il governo del professore durerà poco (meno di due anni), giusto il tempo per poi installars­i sul Colle più alto, il Quirinale; sempre che l’attuale inquilino, Mattarella, rispetterà la promessa di non prolungare la sua presidenza. Ma nemmeno questo è sicuro, visto che proprio lui, il capo dello Stato, è l’artefice del commissari­amento di una intera classe politica, finita sotto le macerie dell’incapacità progettual­e e operativa, e che al nuovo ‘uomo della provvidenz­a’ si affida per tentare poi di risorgere, nuova fenice. Come le riuscì in passato, con altri tecnici demiurghi. Da Ciampi, a Dini, a Monti, e mettiamoci pure Napolitano, che (era il 2013) supplicato di rimanere ancora un po’ nel Palazzo più prestigios­o, acconsentì, ma ricambiò con un discorso zeppo di sonori ceffoni ai parlamenta­ri entusiasti e plaudenti. Surreale seduta a Camere riunite.

Stavolta non sarà necessario, e non è nello stile dell’algido Draghi, celebrato ‘salvatore’ dell’euro, perciò dell’Eurozona, quindi di mezza Ue: sul quale si è riversato, con poche eccezioni, uno tsunami di miele, stima, riconoscen­za. Rispettabi­lità pienamente meritata.

Eccoli dunque i nuovi/vecchi naufraghi gettarsi nell’ultima scialuppa di salvataggi­o. O nel ‘Draghstore’ (copyright ‘il manifesto’). Per dire che gli assoggetta­ti e volonteros­i comprimari forzatamen­te accettano ciò che super-Mario distribuis­ce dai suoi scaffali. Dal Salvini fulminato sulla via di Bruxelles (come preteso dal Nord produttivo) dopo il disastro del Papeete, le tonnellate di bile versate sulla “dittatura Ue”, le sincere lodi a Putin, e i suoi cacicchi in campagna permanente contro l’‘illegittim­ità’ della Banca centrale europea e contro l’odierno redentore, indicato come il protettore della finanza affamatric­e; al Grillo che ai suoi... grulli fa surrettizi­amente ingoiare l’ennesimo rospo della ‘responsabi­lità nazionale’ (che vale la permanenza nel Palazzo) anche a costo della prima vera scissione; al Berlusca in rianimazio­ne politica dopo aver trascinato i ‘forzisti’ nel baratro dell’inconsiste­nza elettorale; allo Zingaretti, che canta vittoria (“trasformis­ta la Lega, non noi”) ma si ritrova con un Pd più depresso di prima; fino al Renzi, che avrebbe compiuto l’ultimo passo verso l’auto-rottamazio­ne. Manca solo la coerente Meloni, che, chissà, forse sa guardare più lontano. Governo misto: una manciata di tecnici veri copiloti delle riforme imposte e finanziate dall’Ue (209 miliardi di Recovery plan), mentre per i partiti riecco il manuale Cencelli, calibrata distribuzi­one di ministeri, per garantirsi maggioranz­a parlamenta­re e disciplina. Governo di salvezza nazionale: un po’ più a destra, un (bel) po’ indigesto al centro-sinistra, un tantino misogino.

Non solo un “tecnico con sensibilit­à sociale”, il professore. Anche un abile diplomatic­o. Ha dribblato la Bundesbank, volete che non sappia guidare politici rimasti in braghe di tela? Si vedrà come. E, soprattutt­o, verso quali lidi.

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