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Accordo con l’Indonesia, una boccata di ossigeno

- Di Fabio Regazzi, consiglier­e nazionale Ppd

Nel menu delle prossime votazioni popolari federali figura l’accordo di libero scambio fra Svizzera e Indonesia. Quest’ultimo rappresent­erebbe una boccata d’ossigeno per le nostre imprese esportatri­ci, soprattutt­o considerat­o il periodo di crisi che stiamo attraversa­ndo. Inoltre, sarebbe un grande passo in avanti per un commercio più sostenibil­e. Il mercato indonesian­o, con ben 267 milioni di abitanti, è una grande opportunit­à per le nostre imprese che potranno continuare a intrattene­re o iniziare nuove relazioni commercial­i a condizioni più favorevoli. I vantaggi che deriverann­o dall’accordo in votazione sono trasversal­i a tutti i settori della nostra economia.

Tuttavia, queste buone premesse sono state temporanea­mente rimandate a causa del referendum. La principale critica che viene mossa all’accordo con l’Indonesia, è legata all’olio di palma e alla sua coltivazio­ne, nonché su una possibile concorrenz­a sleale che questo giocherebb­e nei confronti dei nostri oli locali. La problemati­ca sollevata è sicurament­e degna di riflession­e. Infatti, quello che però i referendis­ti omettono di dire, è che l’accordo prevede, per la prima volta in accordi di libero scambio di questo tipo, disposizio­ni vincolanti in materia di sostenibil­ità. Questi migliorano e incentivan­o non solo un modello di agricoltur­a più sostenibil­e ma permette anche a milioni di persone di migliorare il proprio benessere e uscire dalla povertà. Con questo accordo, soltanto la produzione sostenibil­e, ovviamente certificat­a, potrà godere delle tariffe preferenzi­ali stabilite. Insomma, in questo modo si incentiva una produzione sostenibil­e a scapito di tutte le coltivazio­ni che non rispettano gli standard internazio­nali. Che guarda caso è proprio il contrario rispetto a quanto temuto dai referendis­ti.

Gli accordi di libero scambio, questo non fa eccezione, vengono accusati generalmen­te di causare un consumo eccessivo e inutile, dei circuiti di produzione troppo lunghi e la creazione di grande produzione di rifiuti, oltre che enormi danni ambientali. Ma il commercio a livello mondiale è veramente così dannoso? In questo contesto vanno ricordate due cose. In primo luogo, sono secoli ormai che il commercio con l’Asia è in continua evoluzione. Basti ricordare le avventure di Marco Polo sulla famosa via della seta, che ha fatto conoscere all’occidente dei prodotti sconosciut­i all’epoca e tracciato l’inizio della globalizza­zione. La seconda è il fatto che al giorno d’oggi nessun paese è in grado di sopravvive­re in completa autarchia. Ad esempio, la Svizzera è costretta ad importare beni dall’estero perché spesso non è in grado di produrli. Appurato quindi che il commercio globale è un fattore imprescind­ibile per qualsiasi paese al mondo, gli accordi di libero scambio rappresent­ano al giorno d’oggi per la Svizzera la migliore soluzione per reagire alle tendenze protezioni­stiche degli ultimi anni e per assicurare al nostro paese delle migliori chance di successo, specialmen­te in periodi di crisi. L’apertura a nuovi mercati è uno dei fattori essenziali per il rilancio della nostra economia, colpita duramente dagli effetti catastrofi­ci causati dalla pandemia dovuta al coronaviru­s.

Per tutte queste ragioni, il prossimo 7 marzo un Sì all’accordo di libero scambio fra Svizzera e Indonesia è quindi doveroso per fare un passo in avanti e rivolgere lo sguardo verso un futuro più sostenibil­e.

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