Punto per punto ciò che lo stronca
Nel motivare la propria decisione, il governo a fine 2017 sottolineava che i due alberghi di Faido “sono, dal profilo edile-architettonico, molto critici e pertanto non idonei, perché penalizzati da superfici rigide, con poca libertà compositiva nell’articolare nuovi spazi, e poco conformi o flessibili alle esigenze della moderna museografia”. L’inserimento del programma spazi in strutture alberghiere “è di difficile realizzazione e tipica di un adattamento del programma spazi alla struttura e non viceversa (esigenza di un nuovo concetto museologico)”. La superficie a disposizione “è sufficiente ma non permette ulteriori sviluppi se non piccoli ampliamenti”. E ancora: “Il bacino di utenza limitato dalla posizione geografica, i collegamenti con le reti di trasporto pubblico più difficoltosi, la distanza da un centro paese o città, le ridotte possibilità di collaborazioni con istituzioni scientifiche, culturali e turistiche, sono ulteriori elementi penalizzanti per la sede di Faido, soprattutto se confrontati con le altre offerte”. La scelta di trasferire il Museo a Faido, proseguiva il governo, “potrebbe dunque essere dettata unicamente dall’intento, per altro legittimo, di favorire una regione decentrata, ma non garantirebbe la funzionalità dell’istituto né molto probabilmente il suo successo sul lungo termine”. Il CdS aggiungeva in tal senso che “tutti i musei di storia naturale in Svizzera (ma anche all’estero) sono ubicati nei maggiori centri dei rispettivi Cantoni, se non nelle capitali stesse, poiché nei grossi centri le possibilità di collaborazioni con altre istituzioni e quindi le possibilità di fare sistema sono indiscutibilmente superiori ai centri minori. Ciò è molto importante per garantire il successo dell’istituzione sul lungo termine, e garantirle anche una parziale autonomia anche dal profilo finanziario”.