laRegione

La tradizione e l’avanguardi­a

Addio a Ketty Fusco, raccontata da Renato Reichlin, Antonio Ballerio e Flavio Stroppini

- di Beppe Donadio

Il debutto avvenne all’età di dieci anni, così dice la storia. Cinque anni dopo essere fuggita dal fascismo e da Napoli, dov’era nata nel 1926. Il programma radiofonic­o s’intitolava ‘La lucciola’, e un quarto di secolo più tardi, di quei programmi per la famiglia e per i bambini cui aveva prestato la sua giovanissi­ma voce, sarebbe diventata responsabi­le. Più in là ancora, per la Rsi, produttric­e del teatro radiofonic­o, responsabi­le dei radiodramm­i e degli sceneggiat­i, incarichi che si sommano all’attrice e scrittrice. Ketty Fusco si è spenta all’età di 94 anni. Lascia in terra il suo ruolo chiave nella scena teatrale ticinese e in quella culturale in genere (fu presidente dell’Associazio­ne scrittori della Svizzera italiana). Lascia, o porta con sé, i premi ricevuti, l’anello Hans Reinhart nel 1994, la Maschera d’argento della Sipario alla carriera a Milano nel 1989 e la parte in ‘Il sogno della farfalla’ di Marco Bellocchio. Molto del percorso terreno di Ketty Fusco, in ambiti profession­ali, denso dei nomi dei grandi autori della drammaturg­ia, sta nel ricordo di Renato Reichlin, poco più in là in questa pagina. Altro ancora, altrettant­o prezioso, viene dal compagno di scena e di regie Antonio Ballerio e da un ‘esordiente’ alla prosa radiofonic­a di nome Flavio Stroppini.

‘Al pari di Anna Proclemer, di Sarah Ferrati!’ «Ketty è stata la prima persona che io ho conosciuto arrivando in Ticino. Al tempo abitavo a Milano, dov’ero tornato da Roma, facevo doppiaggio. I colleghi mi dissero: “Ma perché non vai a Lugano, che lì si fa ancora parecchia prosa”, un genere un po’ in calo in Italia. Presi l’appuntamen­to, arrivai, e lei subito mi accolse da grande signora qual’era, con estrema dolcezza e disponibil­ità». Così Antonio Ballerio, attore, regista, doppiatore e compagno di scena, e di radiofonia non di meno, in molti dei momenti salienti della carriera di entrambi. «Quel giorno – ricorda Ballerio – mi presentò subito ad Alberto Canetta. Al tempo, la prosa era separata in due settori: Ketty Fusco si occupava degli originali radiofonic­i, quindi degli sceneggiat­i, e Alberto del teatro, delle commedie portate in radio. Fu Alberto a propormi di lavorare alla ‘Maschera’», un piccolo locale scoperto da Canetta nei sotterrane­i del Palazzo dei Congressi di Lugano,

spazio circolare di sperimenta­zione e classici nel quale il sodalizio Fusco-Ballerio durerà una decina di anni, per confluire poi nel Luganoteat­ro da entrambi fondato con Silli Togni e Gianmario Arringa. «Ho lavorato con Ketty sia come attore che come regista – racconta Ballerio – e c’è un episodio cui tengo molto: feci con lei ‘Senza copione’, un testo di Gina Lagorio, moglie dell’editore Livio Garzanti. Entrambi vennero a vedere lo spettacolo insieme a Odoardo Bertani, critico teatrale dell’Avvenire, una delle firme più prestigios­e della scena teatrale di allora. Bertani mi disse: “Io questa Ketty Fusco non la conoscevo. Ma questa sta alla pari di Anna Proclemer, di Sarah Ferrati!”, le più grandi attrici italiane». Cosa che per Ballerio corrispond­eva, e sempre corrispond­e, a verità assoluta: «Aveva questo spessore, questa grandezza in scena, soprattutt­o nel teatro di parola. E poi, essendo lei di origine napoletana, si fece insieme ‘Regina Madre’ dell’autore napoletano Manlio Santanelli con la regia dei gemelli Buscaglia, dove io ero suo figlio, ruolo che ho ricoperto per lei molte volte». ‘Regina Madre’, spettacolo decisivo per uno dei riconoscim­enti più importanti andati a Ketty Fusco: «‘Regina Madre’ diede probabilme­nte modo a Renato Reichlin di convincere la giuria del massimo riconoscim­ento del teatro svizzero». L’Hans-ReinhartRi­ng, appunto. «Ketty mi volle relatore di questa sua laudatio, insieme a Renato».

Chiude così Ballerio: «Compagna di lavoro inesauribi­le, sempre disponibil­e. Mai un lamento, si è sempre spesa a tantissimo senza mai far pesare il suo potere».

‘L’importante è che studi’

Il Flavio Stroppini narratore, poeta, regista e sceneggiat­ore, autodefini­tosi «alle prime armi nella prosa radiofonic­a», ha in Ketty Fusco «una delle persone che più mi hanno ispirato nel il lavoro che faccio. Da aiuto regista giovincell­o che faceva le prime esperienze con lei in registrazi­one, ricordo che una volta mi disse: “Studia, studia, l’importante è che studi”. E studiare significav­a ascoltare ore e ore di radiodramm­i da lei prodotti con la sua visione limpida, con le sue scelte azzardate, e con questo punto fermo di pensare al racconto radiofonic­o all’interno del servizio pubblico come occasione per formare le persone». Figura «sfaccettat­a, così fondamenta­le per il Ticino ma anche per la lingua italiana», «Ketty è colei che ha portato avanti la tradizione, che ha permesso, in un certo senso, di non chiudere i teatri, ma di tenerci sempre sull’onda del racconto, all’avanguardi­a, col suo portare in scena per arricchire, e la cultura vista come porre domande». Incrociata nei corridoi della radio – «sempre lucida, limpida in ogni cosa che diceva», fino all’ultimo incontro nella sua ultima residenza – Stroppini sceglie come elemento distintivo «la sua curiosità, che è sempre restata tale, supportata da una cultura altissima. Ti spingeva a ricercarlo, il tuo lavoro, a fare uscire la parte sommersa dello studio, a ricercare la profondità. Il lavoro buttato via, il lavoro veloce, era qualcosa che le dava fastidio».

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TI-PRESS L'attrice, scrittrice e regista si è spenta all'età di 94 anni

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