Non è fantasia
Tampone positivo, vabbè staremo dieci giorni in casa. Peccato, si avvicina il Natale, sarà la solita esagerazione. Dopo alcuni giorni la situazione peggiora, la saturazione è a livelli minimi, il respiro affannoso. È necessario il ricovero, la maschera di ossigeno. Una notte mi sveglio, lo stomaco bloccato dall’ansia. L’ossigeno non basta più. Chiamo, arriva l’infermiera e poco dopo alcuni medici delle cure intense. Sono le quattro del mattino, la situazione è grave, la via d’uscita, non la panacea, è una sola. Telefono a casa, un nodo sempre più forte in gola, mi mostro tranquillo ma non lo sono affatto. Riempio gli occhi di volti, macchinari e mi addormento, chissà per quanto o magari... Il calvario ora passa in mano ai familiari. Passano una ventina di giorni, apro gli occhi, tutto è confuso. Un suono, volti conosciuti: è una videochiamata di mia moglie e dei figli. Non ricordo però molto, solo confusione: non so dove sono e cosa faccio. Ancora alcuni giorni, sono completamente dipendente, ritrovo però la consapevolezza e la voglia di rimettermi. Il fisico mi ha aiutato, ho però perso 23 chili, ne ho ancora, mi ha aiutato anche il fattore C. Sono pronto per la riabilitazione. Voglio tornare alla normalità a casa, autonomo anche se debole. La prima passeggiata in golena: al ritorno sembra che mi abbiano bastonato su tutto il corpo, ma domani andrà meglio. Fisicamente sono debilitato, il recupero si annuncia lungo, diversi mesi. Tornare al lavoro: impossibile e non so per quanto tempo. Questa è la realtà, dura ma realtà. L’alternativa: coscienza, rispetto delle regole sociali e la consapevolezza che “Paris vaut bien une Messe”. Ma fa paura una nuova pandemia, quella del dopo Covid per tutti: bambini, economia, società. E non siamo pronti!