Le leggi esistono e pure le responsabilità!
Il Coordinamento donne della sinistra segue con apprensione i casi di violazione dell’integrità della persona, in particolare per molestie sessuali, che in questi anni stanno toccando le più grandi aziende del Cantone.
Ci sono Leggi che decretano il divieto di molestie sessuali, e c’è un obbligo per le aziende private e pubbliche di proteggere l’integrità personale delle proprie collaboratrici e collaboratori. Che lo si faccia con una procedura chiara, indipendente, credendo alle vittime e senza che queste, alla fine, siano costrette a lasciare il lavoro.
Esageriamo? Non proprio, anzi. Il rapporto del 2015 del Consiglio federale che valuta l’efficacia della LPar, per quanto riguarda l’analisi dei casi giudiziari presi in esame afferma: “Denunciare le molestie sessuali equivale in genere a perdere il lavoro” è un fatto per il 90% delle vittime che ha denunciato. Il rapporto mette in luce come
“[…]sovente insorgono gravi disturbi fisici o psichici, ma anche che molte donne non denunciano le molestie perché temono di perdere il posto di lavoro”.
Perché non garantire una procedura esterna alle aziende, siano esse pubbliche o private, affinché si evitino di acuire la sofferenza fisica e psichica delle vittime, al punto da mettere a repentaglio la loro possibilità di continuare a lavorare? Perché non utilizzare appieno le opportunità della Legge aiuto alle vittime di reato per evitare che le vittime siano ulteriormente vittimizzate nelle procedure penali?
Quindi è un bene che il presidente Corsi (vedi risposta di Luigi Pedrazzini “Molestie all’Rsi, non mescoliamo le carte” su laRegione Ticino a F. Dadò del 9.2.2021) informi dell’avvio di “un’indagine a tappeto su tutta l’azienda per individuare lacune nel sistema che possono aver permesso il diffondersi di comportamenti inaccettabili”, ma per questo dovrà garantire che cambi quella cultura aziendale che ancora oggi accetta dibattiti di interesse pubblico in versione #tuttimaschi, trasmissioni elettorali presentate da soli uomini, ragazzine appena maggiorenni oggettificate tra le risa del conduttore e dell’autore, tweet inopportuni e sessisti ecc. tutto humus fertile per quei “comportamenti inaccettabili”.