Pigioni, sul formulario decideranno le urne
Il parlamento elegge Vanoni pretore di Vallemaggia e stringe su cittadinanza e aiuti sociali
Il popolo ticinese andrà al voto sul formulario obbligatorio per i nuovi contratti di affitto. Bocciata dal Gran Consiglio, che ha seguito l’indicazione della commissione parlamentare ‘Costituzione e leggi’ votando il rapporto di Fabio Käppeli (Plr), l’iniziativa popolare generica (depositata il 12 aprile 2018 con 7’606 firme valide) andrà quindi in votazione popolare. Alle ticinesi e ai ticinesi sarà così chiesto se sono d’accordo con l’introduzione dell’obbligo, in caso di penuria di abitazioni, del modulo che attesti quanto pagava di pigione l’inquilino precedente. La penuria è data, si legge nel testo che andrà in votazione, “con un tasso di abitazioni vacanti nel Cantone o nel distretto inferiore all’1,5% per almeno 2 anni, e che i successivi adeguamenti si effettuano trascorso il medesimo lasso di tempo”.
Käppeli e la maggioranza del parlamento sono però scettici. «Il diritto di locazione è già sufficientemente delicato, ulteriori proposte che vanno a rendere più complesso il meccanismo sono da valutare attentamente e attuate se portano benefici: qui non riteniamo sia il caso», afferma il deputato del Plr. Che aggiunge: «Il calo delle pigioni è in corso, anche in Ticino, da diversi anni. Nella città di Lugano sono scese addirittura del 10%. Inoltre, il Codice delle obbligazioni permette già oggi al conduttore di chiedere la comunicazione della pigione precedente». Infine, per il relatore commissionale, «con un obbligo tramite formulario si vanno a creare oneri amministrativi non indifferenti, limitando la libertà contrattuale delle parti e quindi aumentando la conflittualità tra le parti».
Di tutt’altro avviso il capogruppo del Ps Ivo Durisch: «Davanti a una società dove aumentano le persone in difficoltà, è indispensabile avere una politica redistributiva efficace anche con una politica dell’alloggio degna». Sulle barricate e pronto al voto popolare anche il relatore del rapporto di minoranza, il socialista Carlo Lepori: «Un nuovo contratto è un’occasione per un locatore di alzare la pigione. A causa di rinnovi o migliorie, o per il desiderio di adattarla al valore di mercato. Questo formulario può assicurare che un eventuale aumento non superi l’adattamento al valore di mercato, che di per sé è legittimo e non abusivo. È utile conoscere questi dati, in questo modo si metterebbe un freno agli aumenti di affitto praticati senza nessuna giustificazione».
Pretura Vallemaggia, eletta Vanoni
Per certi aspetti è un colpo di scena. Il nuovo pretore di Vallemaggia è Petra Vanoni, al momento vicecancelliera della Pretura penale, di area Plr: l’ha eletta ieri il Gran Consiglio con 44 voti (86 le schede distribuite, tre quelle bianche). Un colpo di scena perché la maggioranza della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ aveva proposto al plenum la nomina di Manuel Bergamelli, attuale pretore aggiunto alla Pretura di Locarno Città, presentatosi come candidato indipendente, al quale di voti ne sono andati 39. Contro la maggioranza della commissione si era schierato il Plr. Ieri pomeriggio in Gran Consiglio la proposta della ‘Giustizia e diritti’ è stata dunque ribaltata. Vanoni subentra a Siro Quadri, divenuto nel frattempo giudice del Tribunale penale cantonale. Sia Vanoni che Bergamelli erano stati ritenuti dalla Commissione di esperti idonei a ricoprire la carica.
Cittadinanza con dieci anni senza aiuti sociali o dopo averli rimborsati
Nessuna sorpresa invece per quanto riguarda la modifica della Legge sulla cittadinanza ticinese e sull’attinenza comunale. Con 49 sì (28 i contrari), il parlamento aderisce al rapporto del liberale radicale Giorgio Galusero e quindi al messaggio con cui il Consiglio di Stato ha dato seguito all’iniziativa parlamentare presentata dalla Lega e approvata nel febbraio dello scorso anno dal Gran Consiglio. Viene così data base legale in Ticino all’estensione da tre a dieci anni del periodo, immediatamente precedente l’istanza, nel quale lo straniero che chiede il passaporto rossocrociato non deve aver beneficiato di aiuti sociali, a meno che non li rimborsi. «Quello di diventare svizzero – evidenzia Galusero – è un atto di responsabilità e la norma che introduciamo è già stata adottata da altri Cantoni», Cantoni che hanno la possibilità di inasprire le disposizioni stabilite in materia dalla legislazione federale. In questa direzione si sono mossi «Berna, Argovia, Turgovia e Grigioni», osserva la democentrista Roberta Soldati, ricordando che la partecipazione del cittadino straniero «alla vita economica del nostro Paese è uno dei requisiti per ottenere la nazionalità». E comunque, rileva Omar Balli (Lega), si tratta appunto di un criterio, non l’unico, per conseguire la cittadinanza e anche con l’estensione a dieci anni «sono previste delle possibilità di deroga, come in caso di disabilità, malattia grave o cronica o se si è un lavoratore povero». Un periodo di tre anni, secondo Soldati, «è troppo breve per vedere se una persona è in grado di provvedere in modo duraturo al proprio sostentamento e a quello della sua famiglia». Con il rapporto di Galusero anche la maggioranza del Ppd, fa sapere Sabrina Gendotti.
Dai favorevoli ai contrari al giro di vite. «La povertà non è un reato», afferma il socialista Carlo Lepori, relatore di minoranza. C’è ancora chi considera gli stranieri «come degli approfittatori dei nostri servizi sociali, misconoscendo il loro grosso contributo alla nostra realtà economica». Per Marco Noi dei Verdi, il termine di dieci anni «è manifestamente sproporzionato». Il tema dei furbetti? «Ci sta stretto, sospettare tutti indistintamente lo riteniamo pericoloso, questo velo di sospetto è qualcosa che la nostra sensibilità ci impedisce di accettare». Rammenta il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi: «L’indipendenza dall’aiuto sociale non è criterio assoluto per ottenere la nazionalità. Verranno valutate anche le circostanze personali».
Filtro alle interpellanze
È una stretta a metà quella che il Gran Consiglio decide sull’istituto dell’interpellanza. Resta il concetto d’urgenza: l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio deciderà sulla richiesta, appunto, di urgenza che accompagnerà le interpellanze. Quelle che non verranno giudicate urgenti saranno trasformate automaticamente in interrogazioni, con risposta scritta. Alle interpellanze che per contro l’Up definirà urgenti sarà data risposta orale dal Consiglio di Stato davanti al plenum del Gran Consiglio. E se resta dopo il voto anche l’obbligo di presentare l’atto parlamentare attraverso un formulario sulla scorta di quanto avviene alle Camere federali, cade invece una delle pietre della discordia che hanno acceso non poco gli animi durante il dibattito: la possibilità da parte di ogni parlamentare di presentare non più di un’interpellanza a sessione. Cade perché a schiacciante maggioranza il Gran Consiglio accoglie un emendamento del Pc che chiedeva di togliere questo stretto vincolo, andando incontro a richieste analoghe portate dal Ppd e da Più donne e appoggiate dal Ps. Niente da fare invece per la richiesta popolare democratica sul tema dell’urgenza: non una scelta a maggioranza dell’Ufficio presidenziale, ma il Consiglio di Stato che chiede di non ritenere urgente un’interpellanza e l’Up che all’unanimità deve ratificare. Emendamento bocciato e, appunto, niente da fare. Dopo due ore e venti minuti di dibattito con 42 favorevoli e 37 contrari le proposte emendate ricevono luce verde.