Quegli ‘inspiegabili’ 684 franchi in meno
Donne viepiù discriminate. Sindacati costernati
Dodici anni fa in Svizzera l’Equal Pay Day cadeva il 15 marzo, quest’anno già il 20 febbraio: significa che, rispetto al 2009, le donne oggi lavorano gratis tre settimane in meno per guadagnare il salario che gli uomini hanno già ricevuto il 1° gennaio. Una magra consolazione: mezzo secolo dopo la tardiva concessione della piena cittadinanza alle donne, 40 anni dopo l’iscrizione nella Costituzione del principio della parità tra uomo e donna, 30 dopo il primo sciopero nazionale e 25 dopo la legge sulla parità dei sessi, l’uguaglianza in ambito salariale resta una chimera. Le disparità sono addirittura in aumento, evidenziano i dati pubblicati ieri dall’Ufficio federale di statistica (Ust). E quasi la metà di questa differenza è “inspiegabile”. In altre parole: frutto di una discriminazione bell’e buona.
Le cifre si riferiscono al 2018. Le donne guadagnavano mediamente il 19% in meno (privato: 19,6%; pubblico: 18,1%) rispetto ai loro colleghi uomini. Un dato in crescita: la differenza era del 18,3% nel 2016 e del 18,1% nel 2014. La si può ricondurre in parte a differenze strutturali a livello di formazione, numero di anni di servizio e posizione gerarchica occupata.
Indietro anziché avanti
Una parte non indifferente di questa disparità salariale rimane però inspiegabile. Nel 2018 ammontava al 45,4%, contro il 44,1% nel 2016 e il 42,4% nel 2014. In soldoni, parliamo nel settore privato di 684 franchi lordi al mese (2016: 657). Notevoli le differenze tra un ramo economico e l’altro: se nel settore alberghiero e della ristorazione la discriminazione costava 196 franchi al mese alle donne, nel commercio al dettaglio la fattura saliva a 624 franchi e nel ramo finanziario/assicurativo addirittura a 1’324 franchi. Nel settore pubblico, dove il divario inspiegabile era del 37,2% (2016: 34,8%; 2014: 41,7%), la differenza salariale inspiegabile ammontava a 602 franchi al mese.
Travail.Suisse ha definito “scioccanti” le cifre dell’Ust. L’organizzazione sindacale chiede al Parlamento di darsi da fare per mettere in cantiere “una revisione credibile” della Legge sulla parità dei sessi (Lpar) e porre così fine a “uno scandalo che dura da troppo tempo”. Anche l’Unione sindacale svizzera (Uss) pretende che questa tendenza sia “fermata e invertita con urgenza”. La nuova Lpar deve pertanto venire attuata in modo più proattivo e sistematico. L’Uss esige inoltre provvedimenti studiati per far sì che le donne non siano esposte a perdite salariali perché si occupano dei bambini o dei familiari.
Legge senza mordente
A partire dal 1° luglio 2020, le aziende con 100 o più dipendenti sono obbligate a eseguire un’analisi della parità salariale, a farla verificare da un organo indipendente e a informare dei risultati le lavoratrici e i lavoratori. Non è però prevista alcuna sanzione per le aziende inadempienti. E le piccole e medie imprese – dove la discriminazione salariale è più marcata: 57,5% in quelle con meno di 20 collaboratori, contro un 31,5% in quelle che ne contavano almeno 1’000 – non saranno tenute ad effettuare la verifica voluta dal Parlamento nel quadro della Lpar.
I dati dell’Ust indicano pure che le donne rappresentano il 60,9% delle persone che guadagnano meno di 4mila franchi al mese (per un posto equivalente a tempo pieno). Il vertice della piramide salariale è invece occupato principalmente da uomini, che sono l’81,2% di coloro che hanno una busta paga superiore ai 16mila franchi.