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Tutte le facce dei Mondiali di Cortina

L’analisi di Mauro Pini della rassegna iridata che ha regalato alla Svizzera ben nove medaglie

- a cura di Sabrina Melchionda e Sascha Cellina

Dal punto di vista tecnico, che tipo di prestazion­i hai visto?

Direi di aver visto cose molto belle: un superG maschile di alto livello, un ottimo gigante femminile, un fantastico gigante uomini, un buon superG donne. In queste gare gli sciatori si sono potuti esprimere al meglio, anche grazie a bellissime piste. Ma aggiungere­i di aver visto poco altro: la discesa maschile è stata povera di contenuti tecnici, a causa soprattutt­o del tracciato che non ha esaltato gli specialist­i.

Cos’aveva di sbagliato il tracciato della discesa maschile?

Quando si costruisce ex novo una pista per un Mondiale, bisogna inserire elementi che esaltino le capacità dei discesisti, ad esempio un salto da cinquanta metri ben calcolato in altezza e lunghezza; e poi va il tracciato deve seguirne le caratteris­tiche. Aggiungere­i che pure le piste di slalom si sono rivelate meno intriganti di com’erano state presentate. Ma sulle gare tra le porte strette, hanno pesato anche i tatticismi di chi le ha disegnate.

Entrambe le prime manche degli slalom sono state ‘picchettat­e’ dagli allenatori svizzeri. Come leggi le loro scelte?

La prima prova delle donne è stata disegnata da Alois Prenn chiarament­e non per valorizzar­e le carte rossocroci­ate da medaglia, Michelle Gisin e Wendy Holdener, bensì contro Mikaela Shiffrin. Per quanto riguarda gli uomini, il tecnico della squadra svizzera Matteo Joris non sembra avere piazzato un percorso contro un atleta in particolar­e, anche perché sono tanti coloro che possono ambire alla vittoria, ma ha messo in pista un tracciato che non ha esaltato le capacità dei nostri. Personalme­nte non sono mai stato per fare qualcosa contro qualcuno, bensì ho sempre cercato di mettere in condizione i miei atleti di fare leva sui loro punti forti. L’esaltazion­e massima del gesto tecnico avviene quando c’è il giusto mix tra tracciato e pista, un percorso che legga il terreno per tirar fuori dalla pista tutto quanto può dare. È in questa condizione, con spazi e passaggi chiave giusti, che lo sciatore riesce a esprimersi al meglio. A Cortina l’ho visto nei superG e nei giganti; non in discesa né in slalom.

In che modo spieghi le contropres­tazioni svizzere in slalom?

Le donne sono arrivate stanche. Ho trovato Gisin anche un po’ distratta dalla conquista del bronzo in gigante del suo fidanzato Luca De Aliprandin­i; mentre Holdener ha più che altro tirato fuori l’orgoglio. Wendy non è arrivata ai Mondiali nelle migliori condizioni: un infortunio in autunno, un rientro già a Sölden forse un po’ precipitos­o, cambi di allenatori; oltre a qualche difficoltà nel gestire l’esuberanza di Michelle e il ritorno di Lara Gut-Behrami.

Per gli uomini l’esito mondiale è una brusca frenata. L’auspicio è che il team ne tragga i giusti insegnamen­ti e tutti si rimbocchin­o le maniche con umiltà, mantenendo i piedi ben piantati a terra; perché l’impression­e è che negli ultimi anni si sia preso un po’ troppo il volo. Mi auguro che la crescita della squadra di slalom non abbia già raggiunto l’apice e che al suo interno ci sia ancora la giusta energia. All’orizzonte c’è un’Olimpiade e sarebbe complicato avvicinars­i a un appuntamen­to del genere, dovendo mettere mano alla conduzione tecnica.

Tornando alle piste, è stato deludente ciò che ha presentato Cortina?

Completame­nte mancati sono stati i tracciati della discesa maschile e del parallelo. Sebbene ci sia un’attenuante: l’anno scorso, a causa del coronaviru­s, non si erano potute disputare le finali di Coppa del Mondo, sorta di prova generale del Campionato mondiale. È dunque mancata la connession­e tra l’organizzat­ore locale e chi poi traccia, cioè i rappresent­anti della Federazion­e internazio­nale di sci. Per quanto riguarda la discesa, l’errore è stato chiarament­e di chi ha piazzato le porte; mentre per il parallelo è stato assurdo proporre una pista che gira e dunque, contrariam­ente al nome della competizio­ne stessa, è tutt’altro che parallela. È stato dunque un approccio sbagliatis­simo e proponendo una gara di quel genere, c’è il forte rischio che un numero sempre maggiore di big in futuro snobbi questa disciplina. Ciò che a mio avviso è comprensib­ile. Quanto visto a Cortina è un chiaro esempio della scarsa attenzione della Fis, che ha voluto proporre una gara senza curarne affatto i dettagli. Decisament­e una brutta figura.

Parecchi sciatori hanno definito il parallelo una gara scorretta; ma gli stessi atleti non sembrano avere molta voce in capitolo.

È un problema che si trascina da decenni. Nella storia dello sci, uno solo ha fatto sentire la propria voce: Alberto Tomba, che nel 1998 non partì nella seconda manche di uno slalom a Kraniska Gora. Pioveva, lui aveva chiesto l’inversione dei primi quindici invece dei trenta affermando che la pista non avrebbe retto: la Fis gli rispose picche, lui non si presentò al via. A Cortina una coraggiosi­ssima Federica Brignone ha detto ciò che andava detto, tirandosi però addosso le ire della Federazion­e italiana di sci e delle colleghe. D’ora in poi rischia di essere un’atleta separata in casa; poiché il sistema, invece di unire le forze, mette in un angolo chi osa esprimersi. A prevalere sono sempre gli interessi, che una volta sono dell’uno e una volta dell’altro.

Adesso si torna in Coppa del Mondo: se in campo maschile i giochi sembrano fatti, chi vincerà tra le donne il cristallo più prestigios­o?

Ora come ora tra Petra Vlhova e Lara GutBehrami è un 50-50. Restano 1’100 punti in palio: 500 in velocità (tre discese, due superG), 600 nelle prove tecniche (quattro slalom, due giganti). Se nelle due discese e nel superG in Val di Fassa la slovacca riuscirà a tenere il ritmo di Lara, sarà difficile scalzarla dal primo posto attuale; se invece la ticinese uscirà dal prossimo weekend con 150-180 punti di vantaggio, la pressione sarà tutta nel campo di Vlhova. Per la slovacca credo che saranno decisivi i due slalom di Åre: se dovesse salire entrambe le volte sul podio, ne uscirebbe rinfrancat­a; dovesse per contro bucare le gare, potrà succedere di tutto, poiché il punto debole del suo team è la gestione della pressione. Se Lara, in questo periodo, della pressione si fa un baffo, Petra per certi versi mi ricorda la Tina Maze degli ultimi anni, che aveva bisogno di ‘essere arrabbiata’ con qualcuno. Fino a quando c’era stata Lindsey Vonn, se la prendeva con lei; poi con ‘chiunque’ le passasse a tiro.

Tra gli uomini non vedo come Alexis Pinturault possa non conquistar­e la generale, nonostante la scoppola che si è preso nel gigante mondiale in cui, prima di uscire, era a dir poco spaziale.

L’onda di un Campionato del Mondo è abbastanza lunga da arrivare fino all’importante appuntamen­to dell’anno prossimo, le Olimpiadi di Pechino in programma a febbraio 2022?

Stando alle mie esperienze sul circuito, ritengo che per i più forti il Mondiale sia una sorta di prova generale dei Giochi Olimpici. Spero che gli svizzeri sappiano far tesoro di quanto vissuto, chi in bene e chi in male, a Cortina.

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Lara Gut-Behrami regina sulle Dolomiti
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