Pandemia: qualche riflessione sulle scelte strategiche della Svizzera
Tempi e modalità di acquisizione dei vaccini, priorità nella somministrazione, divieti e permessi non sempre comprensibili. Il nostro Paese ha fatto scelte che sollevano molte domande. E perché non produrre autonomamente i vaccini?
La situazione pandemica e di vaccinazione in Svizzera suggerisce alcune rif lessioni, soprattutto se facciamo il confronto con quello che avviene negli altri Paesi. La nostra è sicuramente una delle nazioni più ricche al mondo, ma nella acquisizione dei vaccini purtroppo forse non si è comportata come tale. Infatti se guardiamo le nazioni che hanno vaccinato di più la popolazione possiamo osservare come gli USA, UK ed Israele si sono comportati in maniera differente. In particolare la Svizzera ha una popolazione quasi uguale ad Israele, ma il governo israeliano ha acquistato in anticipo un numero importante di vaccini e tra poco riuscirà ad immunizzare l’intera popolazione.
Inoltre fornirà in maniera anonima i dati post vaccinazione, che da un punto di vista scientifico avranno un valore rilevante per il mondo intero. Questo tipo di vantaggio poteva essere sfruttato anche dalla nostra Confederazione, in quanto non legata a vincoli quali ad esempio quelli della UE (situazione che ha sfruttato la Gran Bretagna).
Per contro il quantitativo di vaccini acquisito è stato simile a quello della Unione europea e quindi si è proceduto sicuramente molto più a rilento ad una vaccinazione di massa. Un’altra rif lessione va fatta sulla strategia che è stata utilizzata nella scelta di chi vaccinare. In quasi tutti i Paesi del mondo, se non nella totalità, i primi ad essere vaccinati sono stati il personale medico e paramedico, soprattutto quelli che si erano trovati in prima linea nella battaglia contro la COVID. Da noi invece la strategia è stata differente e sono state vaccinate dapprima le persone più anziane ed il personale medico esclusivamente delle case anziani. Una scelta che può essere comprensibile. Resta il fatto che essa non è stata applicata in quasi nessun altro Paese. Basta fare il confronto con la strategia adottata dalla vicina Italia e la differenza balza all’occhio immediatamente. In Italia infatti è stato vaccinato dapprima tutto il personale medico e paramedico e solo successivamente è toccato alle persone anziane, sicuramente deboli ed esposte, ma anche facilmente isolabili. In questa strategia forse bastava isolare momentaneamente le case anziani e vaccinare esclusivamente il personale che poteva essere la fonte di trasmissione del virus, utilizzando il grosso dei vaccini per il personale ospedaliero, soprattutto quello in prima linea. Gli infermieri ed i medici dei centri COVID invece non sono stati vaccinati. E neppure lo sono stati i medici di famiglia, che devono curare i pazienti affetti dal virus a domicilio o il personale delle ambulanze, che pure trasporta i pazienti da casa ai centri COVID. Un’altra considerazione merita l’economia ed in particolar modo l’economia turistica dei centri invernali. Siamo stati l’unica nazione a tenere aperti gli impianti sciistici, a differenza di quanto è avvenuto in Italia, in Francia, in Germania e soprattutto in Austria. Questa scelta è stata fondamentalmente di tipo economico. Ma anche in questo caso non si è provveduto a vaccinare. Se si pensa al personale che sta quotidianamente per tutta la giornata su una funivia, è stata una vera fortuna se non si è verificata una maggior diffusione dei casi (considerato anche che il personale delle stazioni sciistiche ha effettuato, come in Engadina, un solo tampone di controllo alla settimana). Tenere aperte le stazioni sciistiche senza aver fatto una vaccinazione di massa ha voluto dire assumersi un rischio grave. La fortuna ci ha aiutati e le ricadute sono state minime (vedi il caso di Wengen). Ma allora bisogna anche osservare che un ristorante, con le dovute misure, è sicuramente a rischio minore rispetto alla cabina di una funivia. Ma questo non è stato considerato, quando si è trattato di adottare le restrizioni.
La speranza è che la Confederazione possa acquisire sul mercato un numero di vaccini tale da poter creare una immunizzazione di massa, in particolare acquistando a breve anche altri vaccini, che al momento attuale diversi Paesi hanno approvato e noi no. Questa è la strada per ritornare tutti ad una vita normale e alla ripresa economica del Paese. Un’indicazione in proposito ci viene dalla vicina penisola, dove è stato calcolato che da una spesa di 1 miliardo e 200 milioni di euro per vaccinare la popolazione si potranno ricavare 100 miliardi esclusivamente con il ripristino delle attività turistiche. Una cosa è certa: dovremo imparare a convivere in futuro con questo virus così come abbiamo imparato a convivere con quello del morbillo. E dovremo probabilmente prepararci a effettuare richiami magari annuali, così come facciamo con il vaccino antinf luenzale. Ciò implica però essere pronti come nazione ad una acquisizione sistematica o, meglio ancora, ad una produzione indipendente di vaccini. Con una strategia quindi assai differente da quella attuale. Il che permetterebbe anche di fornire vaccini ad altri Paesi che ne hanno bisogno (magari anche donandoli).
* dott. med.