laRegione

In Svizzera ci si guarda in faccia

di Marco Romano, consiglier­e nazionale, capogruppo del Centro in Consiglio nazionale

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Il dibattito sull’iniziativa popolare ‘Sì al divieto di dissimular­e il proprio viso’ viene portato dai contrari su piani di discussion­e poco attinenti alla realtà. Tanto gli obiettivi quanto le conseguenz­e dell’iniziativa sono evidenti e rispecchia­no un’esigenza fortemente sentita nella popolazion­e. In Svizzera – un Paese aperto, tollerante, eterogeneo e democratic­o (da qui questa iniziativa popolare) – nelle relazioni interperso­nali e nei contatti con le autorità si mostra il proprio viso senza portare mascherame­nti. Non si dissimula il viso né autonomame­nte, salvo eccezioni giustifica­te dalla legge e da tradizioni, né tantomeno si può accettare che qualcuno sia costretto a coprirsi il viso in pubblico.

È evidente che l’adozione dell’iniziativa genera un divieto generale di porto – sia volontario sia forzato – di burqa e niqab in tutto il Paese. Il fenomeno, è vero, oggi non è diffuso, ma si tratta di un’affermazio­ne positiva delle regole primordial­i del vivere collettivo in Svizzera. Questi mascherame­nti non sono prescrizio­ni religiose, ma imperativi politici islamistic­i, propri di Paesi teocratici profondame­nte antidemocr­atici e inegualita­ri. A conferma di ciò in molti Paesi mussulmani si stanno affermando movimenti volti a vietare questi simboli umilianti di sottomissi­one e discrimina­zione. Numerosi Paesi europei – tra cui Austria, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca – conoscono un tale divieto. Il Ticino l’ha approvato nel settembre del 2013 con un netto risultato, 65,4% di sì; San Gallo anche, mentre altri Cantoni si sono espressi negativame­nte auspicando una soluzione omogenea a livello nazionale.

Non si tratta di un divieto di carattere religioso o di una regola generale di abbigliame­nto. Combattere questa iniziativa appellando­si alla libertà individual­e o religiosa è fuorviante; direi quasi offensivo verso chi subisce violenza e danni da parte di persone mascherate o vive obbligato a portare un mascherame­nto. Peggio ancora è parlare di xenofobia da parte dei promotori e sostenitor­i. A riguardo sono emblematic­he le conclusion­i di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che statuendo sulle norme francesi ha affermato che tale divieto è proporzion­ato e non viola la libertà di religione o di opinione. Non si va a ledere la libertà di vivere ed esprimere il proprio credo, ma si statuisce che in Svizzera certe pratiche non sono tollerate e tollerabil­i. L’hooliganis­mo mascherato va bandito. I simboli politici di oppression­e e sottomissi­one non fanno parte della pluralità elvetica fondata sulla libertà, la responsabi­lità, il rispetto e l’autodeterm­inazione di tutte le componenti del tessuto sociale. Tutto questo deve valere oggi ed essere guida per lo sviluppo futuro della nostra comunità. Di conseguenz­a, raccomando caldamente di votare Sì all’iniziativa.

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