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Mendrisio cambia, Chiasso un po’ meno

La Città ha vissuto un cambiament­o politico, generazion­ale e al femminile al tavolo del Municipio. Le sfide, però, sono ancora tante.

- di Daniela Carugati

Per il capoluogo questi ultimi cinque anni sono trascorsi sotto il segno del mutamento, per la cittadina di confine nel solco della stabilità. Ma quanto a sfide ce n’è per tutti.

Solo qualche legislatur­a fa nessuno ci avrebbe scommesso. Non a Mendrisio, almeno. Nessuno avrebbe mai immaginato che nel giro di quattro anni o giù di lì – a fronte di un mandato durato un quinquenni­o causa Covid – la Città non solo avrebbe visto cambiare volto ai quattro settimi del Municipio (tre dei quali in casa Ppd), ma persino il partito del sindacato, passato nelle mani del Plr dopo decenni di ‘dominazion­e’ Ppd. Invece, è successo. Il rimpasto c’è stato, eccome; tant’è che nella stanza che conta sono entrate non una ma persino due donne (dopo una lunga assenza). Non è detto, però, che l’era del cambiament­o nella quale si è ritrovato catapultat­o il capoluogo sia proprio finita. Stando alle ambizioni dichiarate dalle forze politiche in lizza per le prossime elezioni del 18 aprile, le sorprese potrebbero non essere finite al tavolo dell’esecutivo e persino sulla poltrona del sindaco. Si vedrà. Facendo più di un passo indietro, e tornando al 2016, una elezione fa, quel rinnovo dei poteri comunali sembrava aver lasciato tutto come prima (o quasi). Eppure nello spazio di un paio di anni i primi segni del mutamento si erano già palesati. Sono bastati, in effetti, due referendum (e non se ne vedevano da un po’ da quelle parti) per sparigliar­e le carte. Né di fronte al progetto di riqualific­a di piazza del Ponte (o meglio alla variante di Piano regolatore) nel settembre del 2016, né davanti alla privatizza­zione delle Aim, le Aziende industrial­i della Città, nel marzo del 2017, la popolazion­e l’ha pensata come il Municipio. Uno scollament­o tra istituzion­i e cittadinan­za che ha finito per convincere il già sindaco Carlo Croci ad abbandonar­e il campo e la politica; e la cui onda lunga ha dato vita, nel 2020, a una lista civica, una assoluta novità. È stata, del resto, un’uscita di scena inaspettat­a quella di Croci, che ha fatto capire in modo chiaro e inequivoca­bile che a Mendrisio era finita un’epoca. Da quel momento Palazzo civico ha aperto le porte a un profondo cambiament­o politico e generazion­ale che, anno dopo anno, si è potuto misurare pure nel dibattito consiliare. Uno scossone che ha aggiunto vivacità e mutato, a tratti, pure il linguaggio (non sempre in modo positivo). Ma lì a rompere gli schemi, in passato, ci aveva già pensato la Lega.

Grandi opere, scontri accesi

Va detto, però, che questa ultima legislatur­a, sconvolta dalla crisi sanitaria, è stata quanto mai intensa. E lo è stata non solo perché ha visto portare a compimento alcune grandi opere: il riferiment­o naturale è al Centro di pronto intervento e al Centro culturale La Filanda, al campus Supsi e al nodo intermodal­e del trasporto pubblico (entrambi nel comparto stazione, in piena trasformaz­ione). All’elenco in effetti vanno aggiunti la concretizz­azione dell’Ente case anziani del Mendrisiot­to (una prima) e il bilancio di genere. Una scelta di sicuro all’avanguardi­a, quest’ultima, che ha già ispirato la titolazion­e di vie e piazze al femminile: un esempio da seguire. Il mandato 2016/2020-21 ha mostrato, però, anche confronti-scontri accesi, che in questa campagna vissuta pur a distanza per il coronaviru­s si stanno infuocando. A cominciare a scaldare gli animi nella prima parte del quadrienni­o canonico era stato il destino del Centro giovani, rimasto al suo posto (nonostante gli strali di una parte dell’arco consiliare), e che si è rivelato un punto di riferiment­o importante per i ragazzi soprattutt­o di questi tempi. A far rumoreggia­re (e non poco) sono, però, stati pure dei dossier rimasti incompiuti, come i documenti pianificat­ori e le piazze da riqualific­are (anche in altri Quartieri, ad esempio a Genestreri­o). I battibecch­i non sono mancati neppure, come detto, sulla strategia dei Piani regolatori o sulle finanze. Con il primo incarti, sul tavolo la sfida del Piano direttore comunale, si giocherà lo sviluppo futuro del Comune, tra zone edificabil­i in sovrabbond­anza, nodo del comparto di Valera (legato a un Piano di utilizzazi­one cantonale) e Parco di Villa Argentina, che per dirsi tutto intero resta in attesa di risolvere la pendenza ferma davanti al Tribunale di espropriaz­ione. Con il secondo faldone, quello finanziari­o, si rischia per contro di litigare sul moltiplica­tore – ora al 75 per cento, ma tira aria di aumento –; d’altro canto la Città dovrà letteralme­nte fare i conti con la sua disponibil­ità di cassa, che si è ridimensio­nata e che il Covid sta mettendo e metterà a dura prova con le crescenti necessità e difficoltà di cittadini e, soprattutt­o, piccole e medie imprese. In ogni caso, i 6 milioni e mezzo di disavanzo annunciati dai Preventivi 2021 pesano come un macigno. Esaurite le schermagli­e elettorali, ai partiti toccherà quindi trovare forzatamen­te dei punti di contatto per aiutare il Comune a uscire dalle secche finanziari­e senza dover rinunciare, più che alla attrattivi­tà della Città sul ‘mercato’ fiscale, a servizi sociali cruciali, ma che andranno rimodulati (volenti o nolenti). Nella ricetta, insomma, una buona dose di rigore non la toglierà nessuno.

Tra patti e ruoli da riconquist­are

Per il momento ogni gruppo, tra alleanze consolidat­e e nuovi soggetti politici, sta tirando la coperta dalla sua parte, a suon di rivendicaz­ioni. Ci sono gli impegni presi – per la tutela del territorio e dell’ambiente (con tanto di risoluzion­e consiliare) – e i progetti ancorati all’aggregazio­ne ancora da realizzare e che i Quartieri reclamano, anche a distan

za di anni dall’unione dei dieci ex Comuni. E poi c’è un altro nodo dolente: i rapporti con il Cantone. E qui se si parla di contributi dovuti, la Città si sente penalizzat­a. Tant’è che in più di un’occasione dai banchi del Consiglio comunale (in particolar­e da taluni, anche di recente) si sono levate non poche lamentele, oltre all’invocazion­e di rivedere i patti; perché adesso è il momento di farlo. A Mendrisio si sente, poi, prepotente l’esigenza di riconquist­are un ruolo centrale sulle questioni che vanno al di là dei confini comunali. L’essere diventati (con Chiasso) un’appendice di Lugano non va giù a molti (si legga i mancati collegamen­ti dei treni a lunga percorrenz­a con il resto della Svizzera). Allora bisognerà saper far sentire la propria voce, prima a Palazzo delle Orsoline, quindi (va da sé) a Berna. Tenendo altresì le antenne alzate: mancare l’appuntamen­to con certi documenti federali (e certe consultazi­oni) può costare caro. La Città non potrà tirarsi indietro neppure sulle tematiche regionali; e di questioni aperte ce ne sono, eccome, una su tutte il traffico che attanaglia il Mendrisiot­to. Mendrisio e Chiasso riuscirann­o, però, a evitare il braccio di ferro sulle fermate degli Intercity? E quanto all’Acquedotto regionale, i Comuni ce la faranno a risolvere i problemi legati alle sostanze inquinanti affiorate, qua e là, in taluni pozzi del Distretto? Qui gli interrogat­ivi (per ora) restano aperti.

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Una legislatur­a sotto il segno del cambiament­o
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Uno dei nodi in sospeso
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