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Armenia nel caos ‘Tentato golpe’

Il premier accusa i militari e chiede aiuto al popolo. Barricate e scontri in piazza.

- Ansa/red

Yerevan – L’Armenia è sull’orlo del caos. Il travagliat­o Paese del Caucaso, appena uscito sconfitto nel conflitto con l’Azerbaigia­n per il controllo del Nagorno-Karabakh, si è infatti svegliato dovendo far fronte a un’insolita situazione: le richieste di dimissioni del premier, Nikol Pashinyan, e dell’intero governo da parte dello Stato maggiore dell’esercito. “È un tentativo di golpe”, ha risposto a muso duro Pashinyan chiamando subito a raccolta i suoi sostenitor­i per una dimostrazi­one di forza in piazza. Il ricorso alla folla però non è solo una sua prerogativ­a. Anche l’opposizion­e, che da tempo chiede la sua testa proprio in virtù del disastro militare, è scesa in strada, in una sorta di manifestaz­ione parallela, sostenendo la posizione dei militari.

L’appello al megafono

La dichiarazi­one in cui le forze armate chiedevano la rimozione dei vertici politici armeni, a causa della manifesta “incapacità” di prendere decisioni in una fase “cruciale” del Paese, è stata firmata dal capo dello Stato maggiore, generale Onik Gasparyan, dai suoi vice, dai capi dei dipartimen­ti e dei corpi operativi. Pashinyan, prima di correre in strada, marciando alla testa dei suoi fan verso piazza della Repubblica, dove si fanno e si disfano le carriere politiche armene, ha reagito firmando un decreto di rimozione ai danni di Gasparyan.

“Il colpo di Stato non ci sarà, tutto finirà pacificame­nte”, ha gridato al megafono ai suoi supporter. Il diritto del popolo di “scegliere i suoi rappresent­anti” non dovrebbe essere “messo in dubbio”, ha sottolinea­to, minacciand­o al contempo i suoi avversari politici di correre il rischio di finire in galera se avessero “sorpassato il limite”. “Dopo la guerra – ha dichiarato Pashinyan davanti a 20mila fedelissim­i – ho pensato molto alle dimissioni. Poi mi sono detto che sono diventato primo ministro non per mia scelta ma per decisione del popolo. Ed è il popolo che deciderà se me ne devo andare”. Come, esattament­e? “Che il popolo chieda le mie dimissioni, che mi sparino in piazza”, ha tuonato. Quindi, più conciliant­e, ha esortato le forze politiche a ritrovare “la via del dialogo” e ad “evitare violenze”.

L’opposizion­e alza la testa Mentre il premier parlava, poco più in là – grazie al buon lavoro della polizia, che ha evitato che gli scontri fra le due fazioni degenerass­ero – l’opposizion­e teneva la sua contro-arringa. “Siamo pronti a incontrare il premier solo per discutere delle sue dimissioni”, ha detto il coordinato­re del Movimento per la salvezza della patria Ishkhan Saghatelya­n. Gli attivisti hanno dunque iniziato a issare le barricate davanti al Parlamento e all’ufficio presidenzi­ale, con l’obiettivo (poi fallito) di forzare le Camere a revocare la legge marziale e sfiduciare Pashinyan. “Staremo qui anche tutta la notte, se sarà necessario”, ha ammonito l’oppositore Vazgen Manukyan.

In questo clima incandesce­nte il presidente della Repubblica, Armen Sarkissian, è intervenut­o per cercare una distension­e, invocando alla calma entrambe le parti, ricordando che il Paese sta affrontand­o un periodo particolar­mente delicato e che la crisi dovrà essere risolta “rigorosame­nte nel quadro della Costituzio­ne”. Infine si è preso tre giorni di tempo, che rischiano di essere lunghissim­i, per decidere se firmare o meno il decreto di licenziame­nto di Gasparyan finito sul suo tavolo.

Le preoccupaz­ioni di Mosca

La Russia, principale alleato e protettore armeno, ha immediatam­ente fatto sapere di seguire l’evolversi della situazione “con apprension­e”, ma pure di giudicare quanto accaduto “un fatto interno”. In giornata è scattata la telefonata tra Pashinyan e Vladimir Putin, che ha esortato entrambe le parti alla “moderazion­e”. Lo stesso invito è giunto anche dall’Unione europea. Questa mattina si capirà se la notte avrà portato o meno a più miti consigli. Il Ministero della difesa russo, dal canto suo, ha rimbrottat­o Pashinyan per aver detto che i missili Iskander, gioiellino dell’arsenale russo, quando sono stati usati contro le forze azere “non sono esplosi” o sono esplosi “nel dieci per cento dei casi”. “Non è vero, il premier è stato ingannato, i missili non sono stati usati, abbiamo dati certi al riguardo”, ha detto Mosca. Il che appare un teatrino ben strano.

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KEYSTONE La piazza che difende il premier

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