laRegione

Immigrazio­ne, risorsa e problema

- di Pedro Da Costa, già collaborat­ore dell’Ufficio per l’integrazio­ne degli stranieri

In Europa la portata del fenomeno migratorio continua ad espandersi e il suo impatto appare gravido di conseguenz­e. I critici del multicultu­ralismo accusano l’Europa di aver accolto, nel corso degli ultimi anni, un’eccessiva quantità di migranti senza assicurare le necessarie forme di integrazio­ne. Mentre uomini, donne e bambini continuano a morire durante il loro agognante tragitto in Turchia, Grecia, Spagna e in giro per le rotte del Mediterran­eo. In realtà, su ogni Paese incombe il dovere giuridico e morale di garantire un’adeguata protezione per coloro che fuggono da terribili pericoli e, su tale presuppost­o, organizzaz­ioni e attivisti umanitari continuano a manifestar­e il crescente bisogno di accogliere migliaia di migranti. Tuttavia, è bene tener presente che, al di là di qualsiasi retorica umanitaria, l’immigrazio­ne che l’Europa affronta oggi assume le vesti di una sfida che lascerà sicurament­e il segno sulla nostra società. Secondo l’Economist l’età media dei migranti è di circa la metà di quella dei cittadini tedeschi. Molti hanno un’istruzione liceale, altri addirittur­a universita­ria. L’Europa attualment­e deve fare i conti con uno “skills gap” in molti settori: la Germania, che sta subendo un invecchiam­ento della popolazion­e, necessita di 173mila posti di lavoro nel campo matematico, tecnico-informatic­o e delle scienze naturali. Recentemen­te il World Economic Forum ha pubblicato un articolo che descrive alcuni effetti benefici dell’immigrazio­ne: sia i migranti qualificat­i sia quelli meno qualificat­i sarebbero in grado di offrire vantaggi ai paesi di destinazio­ne. I primi sono talenti che aiutano le imprese, rendendole più agili e redditizie. I secondi invece risultereb­be “vitali” per settori come l’edilizia, l’agricoltur­a ecc. Il rapporto cita anche uno studio della Federal Reserve Bank di San Francisco, secondo cui gli immigrati espandono la capacità produttiva di un’economia, stimolando gli investimen­ti e la specializz­azione. Ciò significa che la migrazione non si configura sempre come un guadagno per le casse pubbliche. In effetti, il flusso dei migranti sarebbe stato gestibile se tutti i Paesi europei avessero collaborat­o, come auspicato in partenza da Merkel. La verità è che l’Europa non ha ancora sviluppato un approccio unitario per affrontare il fenomeno migratorio e favorire i processi di integrazio­ne degli immigrati. In maniera ancor più preoccupan­te, la crisi migratoria non fa altro che alimentare sentimenti xenofobi e populismo politico. Il ruolo dei partiti di destra, spesso xenofobi, assume oggi un’inquietant­e rilevanza. Anche quando non fanno parte dei governi, le loro idee riescono ad esercitare una certa influenza sull’agenda politica dei partiti più moderati. Inoltre, siamo proprio sicuri che l’Europa di oggi possieda i mezzi per favorire un’adeguata inclusione degli immigrati nella nostra società? Dimentichi­amo forse che i migranti provenient­i dal Medio Oriente e dall’Africa arrivano in Europa senza avere parenti, amici e la vaga possibilit­à di ottenere un posto di lavoro. È bene dunque tener presente che la migrazione di massa non è necessaria­mente un problema. Pertanto, al momento, ragionare su una strategia di integrazio­ne è una prerogativ­a essenziale per l’Europa, come anche persuadere gli immigrati a rispettare il nostro stato di diritto, il nostro modo di vivere e i nostri valori di coesistenz­a sociale, ma la popolazion­e residente deve partecipar­e attivament­e allo sforzo.

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